4|Il Campo dei guardiani

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...Fatum

Mi risvegliai senza le coperte, tremando come una foglia.
Me le ero tolta durante un sogno agitato di cui purtroppo non riuscivo a ricordarmi.
Mi capitava spesso di fare degli incubi ma quello... quello era diverso.

Andai in bagno a sciacquarmi la faccia.
L'acqua gelida aiutò a svegliarmi meglio di quanto avrebbe mai potuto fare quell'assordante sirena.

Guardai di sfuggita lo specchio ed eccola là, ancora quella spada alata.
Già... mi stava perseguitando.

Come se fosse la cosa più normale del mondo fissai attentamente quel simbolo, poi feci spallucce e misi a posto l'asciugamano.
Ero impazzita. Non c'era altra spiegazione. 

Ma proprio quando stavo per andarmene sentii il mio avambraccio bruciare. Non fraintendetemi, non intendo i tipici bruciori interni che si hanno quando ci si fa male, intendo proprio quando la pelle brucia a contatto col fuoco vero o di qualcosa di ardente.
Ebbene, proprio su quel punto, nel bel mezzo del mio avambraccio, era apparso un marchio.

E indovinate un po'? Era sempre lei, quella dannata spada con le ali.

Sì. Ero pazza. Decisamente pazza.

Il marchio era rosso, leggermente in rilievo, ma soprattutto abbastanza visibile.
Temendo le reazioni negative dei miei compagni e dello staff dell'Accademia, lo fasciai con delle bende trovate nel mobiletto nascosto dietro lo specchio e coprii la mia finta ferita con la manica della divisa.

Fuori pioveva ancora, si sentiva l'odore dell'erba bagnata provenire dalle uniche aperture della stanza.

Trovai Eleonora con i piedi sopra la scrivania, intenta a vedere fuori dalle finestrelle sottili.

«Buongiorno» la salutai porgendole una mano per aiutarla a scendere.

«Ciao. Sto cercando di vedere la pioggia»

«La vedrai dalle finestre quando andremo in classe»

La ragazza sbuffò e saltò giù rifiutando il mio aiuto. «Va bene» Poi notò un pezzetto della benda che stava penzolando dalla mia manica. Non l'avevo fissata bene. «E quella cos'è?»

Con nonchalance rimisi dentro il pezzetto di benda. «Mi sono fatta male l'altro giorno. Una bruciatura, niente di che, l'ho medicata»

«È per questo che tenevi la felpa agli allenamenti?» mi chiese avvicinandosi, come a voler controllare lei stessa la mia finta ferita.

Provai a ricordarmi del nostro allenamento di qualche giorno prima. I ricordi erano incompleti. Li avevo rimossi, come rimuovevo spesso molte cose.
Se erano inutili le cancellavo, ero fatta così.
Motivo per cui dopo una verifica mi dimenticavo ogni cosa.
Per non entrare nei dettagli della questione, diedi per scontato che avessi tenuto su la felpa, proprio come aveva detto lei e annuii per rassicurarla.

E per non far mancare nulla a quella bizzarra mattinata la sirena suonò.
Il volume sembrava persino più alto dell'altra volta.

Dopo qualche secondo cessò di torturare le mie povere orecchie e mi abbandonai sulla sedia della mia scrivania.
Ricontrollai i compiti svolti il giorno prima mentre Eleonora andava a cambiarsi, infine, quando tornò, raggiungemmo il nostro gruppo per la colazione.

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