16|Giustizia

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Il sabato era il giorno più tranquillo, così aveva sempre creduto Eleonora.
Per lei, anche se non era ebrea, il sabato era il giorno del riposo da tutti i doveri. Durante quel giorno si dedicava alla cura di se stessa concedendosi un bel bagno caldo in inverno o una doccia ghiacciata durante l'estate. Non faceva i compiti di sabato, anzi, non ci voleva pensare nemmeno. Ignorava i messaggi di tutti coloro che le chiedevano i compiti, tranne i miei, e poi se ne stava in camera a guardarsi serie tv oppure usciva assieme a degli amici se il tempo glielo permetteva. 

Quel sabato invece era il più triste di tutti. Camminava da sola per il corridoio principale, quello pieno di caloriferi, tenendo lo sguardo basso. Era l'ora della pausa dopo mangiato e voleva tornarsene nella sua stanza per rilassarsi un po'. Magari avrebbe recuperato tutto il sonno che aveva perso a causa dello studio e dell'ansia. Quel posto metteva più pressione di una scuola normale e non ne era affatto stupita. 

I suoi occhi si imbatterono in un paio di scarpe davanti a lei. Non fece in tempo a realizzarlo che andò a sbattere contro una persona.

«Guarda dove vai» la spintonò Shirley, lanciandole uno sguardo affilato.

«Sì, scusami, ero distratta» 

Ma un ragazzo del gruppo 1 sembrò non accettare le scuse che stava porgendo alla sua capogruppo. Afferrò Eleonora per la coda e la tirò giù, facendola sbattere a terra. «Cerchi rogne, eh? Voi del gruppo 7 siete così disperati da voler affrontare il nostro capo? Ora io ti-»

«Igor» lo interruppe Shirley, alzando una mano. «Basta così»

«Ma lei è una del gruppo 7»

«E allora?»

Igor sembrò a corto di parole. Si ammutolì e si fece da parte. O almeno così fece per i primi secondi. Un sorriso sadico si fece strada sul suo volto quando trovò il punto debole di Shirley. «È amica di quella ragazza che odi, la nuova Élite. Come si chiamava? Ah sì, Giulia»

Sentire il mio nome fece scattare qualcosa in lei. Il suo cuore si riempì di rabbia, gli occhi le si iniettarono di sangue e l'odio prese il sopravvento. 

«Ne sei sicuro?» 

«Certamente, regina dei ghiacci»

Shirley diede una rapida occhiata ad Eleonora. Così indifesa, così ingenua, così... terribilmente odiosa. Vedere lei era come vedere me. Decise in quel momento che l'avrebbe distrutta, che l'avrebbe fatto per farmi soffrire.

Iniziò pestandole le dita e le urla di Eleonora raggiunsero le orecchie di altri studenti che corsero a vedere.
La suola degli stivali era rinforzata con del ferro per evitare che gli studenti si facessero male, quindi era dieci volte più pesante e dolorosa. Tolto lo stivale, Shirley osservò il danno che aveva fatto. Le dita della ragazza erano completamente rosse, ma non era presente alcuna frattura, non ancora.

La folla si addensò intorno a loro. La regina che schiacciava una plebea, quello sì che era uno spettacolo da non perdersi.

Nel frattempo, Marta, che stava parlando con un'amica del gruppo 5 che si era fatta chiacchierando molto, aveva sentito che qualcosa non andava e si era diretta da sola verso il corridoio.

Provò a farsi strada tra la folla, spintonando un po' di persone e quando raggiunse la fine del cerchio vide di Eleonora stesa a terra.
Sentì la terra sprofondare sotto i suoi piedi. 
Anche se non si conoscevano bene, Marta sentiva di avere un profondo legame con quella ragazza. Era stata gentile con lei sin dal suo primo giorno. L'aveva consolata e curata, le aveva insegnato come comportarsi per non finire nei guai. 
Ma ora la sua amica era stesa a terra, con il volto rosso dalla vergogna, gli occhi spalancati e le dita che le pulsavano dal dolore. 

Marta prese un grosso respiro e si lanciò contro Shirley.
Si accostò a lei, la afferrò per le braccia, mise una gamba tra le sue e con una spinta la buttò a terra di fronte a tutti. 

L'undicenne indifesa aveva appena battuto la regina. 

Calò il silenzio. 

L'unica cosa che si sentì fu il ringhio furioso di Shirley che venne respinta di nuovo da Marta con un'abile mossa di judo. 

«Pensi che fare la bulla ti faccia apparire migliore?» la provocò Marta, rossa in faccia. «Lei non ti ha fatto niente e tu non hai il diritto di trattarla in quel modo. Se te la prendi con la mia amica, te la prendi anche con me»

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