È un'altra umida giornata di novembre, il mese che anticipa la mia stagione preferita: l'inverno. Sento il vento tiepido accarezzarmi la pelle, decido di affacciarmi alla finestra, e come sempre vedo i bambini della villetta a fianco alla mia dirigersi sorridenti verso la scuola. C'è il sole fuori, e i suoi raggi deboli illuminano le pozzanghere sulla strada, create dalla piccola tempesta che c'era stata qualche giorno fa. Strinsi gli occhi e poi li aprii piano. Fuori la finestra c'è il sole, ma dentro di me, il buio. La tempesta.
Mi chiamo Megan Tomlinson, ho sedici anni e vivo nella cupa città di Londra. Su di me ci sarebbero tante cose da dire, forse troppe,eppure, me ne vengono in mente così poche da non poter creare una descrizione degna di essere chiamata tale. Non sono abbastanza alta, non sono abbastanza magra, non sono abbastanza bella. Semplicemente non sono abbastanza. Avevo gli occhi azzurri, uso il passato perché ora, per me, sono neri, bui. La mia storia non è una storia bella da raccontare e da ascoltare. Me la tengo dentro per evitare che altre persone scappino dalla mia vita senza ragione, forse solo per paura, forse solo perché il problema sono io, ma ci ho fatto l'abitudine. Mi nascondo dietro i miei capelli castani, i miei occhi spenti, e i miei falsi sorrisi. Le due uniche ragioni per le quali sono ancora qui sono i miei due migliori amici,ma la ragione più importante è demi, la mia migliore amica, in poche parole la mia salvezza. Demi è arrivata nel periodo meno bello, per non dire più brutto,della mia vita. Ed e Bruno sono arrivati dopo, ma sono diventati importanti lo stesso. Demi, Ed e Bruno sono le uniche persone che mi sono rimaste, sono la mia famiglia, da quando la mia vera famiglia è andata a puttane.
Da quando Savannah, "mia madre", si è trasferita, e mio "fratello" Louis è andato via, ho lasciato la scuola con Demi, ed insieme, adesso, lavoriamo in una paninoteca. Io per pagare le spese e le bollette, lei per guadagnarsi qualcosa. Ed e Bruno continuano ad andare al college, e continuano a fare la vita da "bravi ragazzi". Ho, abbiamo, una vita monotona, ma almeno cerchiamo di viverla insieme e di divertirci.
Sospiro e deciso di chiamare Demi, sono quasi le nove, e alle nove e mezzo dovremmo incominciare il nostro turno alla paninoteca. Neanche il tempo di prendere il telefono che lo sento squillare.«Meeg, ho fatto tardi, scusa!» risponde la voce squillante di Demi.
«Tranquilla, quanto ci metti? Sono quasi le nove.»
«Appuntamento da starbucks tra dieci minuti?» dice sorridente.
«Perfetto. Vedi di muoverti.» dico con tono deciso.
Prima di andare a lavorare facciamo sempre colazione da starbucks, ormai è diventata un'abitudine.
Prendo le chiavi della macchina, mi do una sistemata ,-capelli di merda- penso, ma è tardi per le paranoie, devo scendere. Metto la divisa, e prendo velocemente qualcosa da mettere in borsa come ricambio.Sento qualcuno che mi abbraccia da dietro.
«Megghina, mi sei mancata!» mi giro e ricambio l'abbraccio.
«Anche tu, lovatina.» la sento farsi una risatina. Mi stacco dall'abbraccio e andiamo a sederci.
È incredibile quanto sia noioso questo posto. Le stesse facce, le stesse persone. E anche noi, con la stessa monotonia di sempre, sedute allo stesso posto, come ogni giorno. Mi guardo intorno e il mio sguardo si posa sul bancone del bar, tutte facce depresse, insoddisfatte, che aspettano con ansia il loro caffè. "Che te ne fotte, Megan?" Dice la mia solita vocina interiore. Questa volta decido di darle ragione, e poso di nuovo lo sguardo su Demi, che è presa a leggere il menù. Fa sempre questo: legge con attenzione pagina per pagina, e alla fine prende sempre la stessa cosa: cappuccino con la panna e muffin al cioccolato. Ormai sono abituata anche a questo.
«Allora? Cosa prenderai di buono oggi?» lchiedo divertita.
«Mh, cappuccino al cioccolato con la panna e muffin al cioccolato!» risponde sorridente.
«Che fantasia!» sorrido anche io.
«Mrs. Simpatia, lei cosa prende?»
«Un caffè.» rispondo decisa.
«Perfetto.»Finita la nostra solita colazione, decidiamo, senza alcuna voglia, di andare a lavoro.
Odio quella paninoteca, ma soprattutto, odio chi ci lavora. Io e Demi sembriamo essere le uniche normali. Odia quel posto almeno quanto me. Si sentono solo lamenti, litigi tra cuochi e lavapiatti, urla, e poi si lamentano se i clienti diminuiscono, se fosse per me, me ne scapperei.«Buongiorno.» dico entrando e spingendo la porta di ferro che si trova all'entrata.
«Giorno.» dice demi, seguendomi.
«Iniziate a lavorare e chiudete quelle bocche.» borbotta infastidita Michelle, il nostro "capo", o meglio, una zitella acida che lavora in questo posto.
«Ti sei alzata dal lato sbagliato del letto come ogni mattina, Michelle?» dico infastidita e con menefreghismo.
«Zitta Megan.» sputa velenosa.
«Con te non parlerebbe neanche un santo con pazienza da vendere, Michelle.» dico con noncuranza. Se potessi, le urlerei in faccia tutto quello che penso di lei.Finalmente, tra un litigio, qualche urla, e qualche cliente rompipalle, si fanno le sette.
Salgo sopra per cambiarmi, infilo velocemente la divisa in borsa, e goffamente inizio a cambiarmi.
Una volta scesa, accendo il cellulare, e inizio a leggere i messaggi di WhatsApp e di Facebook, aspettando Demi, dato che anche lei si doveva cambiare.
Mi giro e la vedo scendere le scale, con il suo solito sorriso che mette di buon umore. Sorrido anche io.
«Ti prego andiamocene.» dico incrociando le mani a modi di preghiera.
«Andiamo, cretina.» dice sorridente come sempre. Sorrido anche io.
«Ragazzi a domani.» dico rivolgendomi ai ragazzi in cucina.
«A domani.» dice demi salutandoli con la mano.
«A domani Meg, a domani Demi.» rispondono loro sorridenti.
«A domani Michelle, mi raccomando, cerca di svegliarti dall'altra parte del letto.» dico divertita, con un sorrisetto strafottente.
«Non ti sopporto Megan!» scoppia.
«Neanche io.» dico urlando, lasciando la porta chiudersi alle mie spalle, con aria strafottente, come mio solito.
Demi mi guarda e ride.«Io ti amo quando la fai impazzire così!» dice divertita.
«Io amo quando impazzisce!» scoppiamo a ridere tutte e due.
«Ti fermi da me stasera?» chiedo tornando seria.
«Scusa Meg, ma sono stanchissima, facciamo domani?» chiede speranzosa.
«Tranquilla, certo. A domani, lovatina.» dico sorridendo.
«A domani, Megghina mia.» dice ricambiando il sorriso.
La seguo con lo sguardo finché non arriva alla sua macchina, mi fa l'ultimo sorriso, e poi la vedo sfrecciare fino ad arrivare all'autostrada.
Sospiro e mi giro, incamminandomi verso la mia macchina. Accendo la musica, e mi incammino verso casa.Salgo le piccole scalette del giardino lentamente, ogni volta che passo per quelle scalette i miei pensieri vanno a Louis, da piccoli ci rincorrevamo per tutto il giardino, seguiti dalle urla divertite di mamma e papà. Quando Louis se ne andò l'ultima cosa che disse fu "ci vediamo presto, piccola." Vorrei urlarglielo in faccia. Vorrei urlargli in faccia che sono passati quattro anni, e lui non è tornato. Lui non è tornato presto, ma nonostante questo, io lo sto ancora aspettando.
Chiudo la porta d'ingresso e mi dirigo verso la mia stanza.
«ciao papi.» dico rivolgendomi alla foto che ho sulla scrivania. So che papà è qui con me, lui mi fa compagnia, e quella foto è solo un simbolo della sua presenza. Tiro un altro sospiro e, una volta messo il pigiama, mi butto sul letto. Le notti in cui riesco a dormire sono poche, ma spero che questa notte sia una di quelle poche notti senza incubi, sono davvero stanca.
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Lui: la vittoria più importante in una vita di sconfitte.
Roman pour AdolescentsEd ecco di nuovo quella sensazione che tanto ho amato. Ecco di nuovo Harry. Nonostante tutto, il mio Harry. Finalmente dopo quattro anni mi sento di nuovo bene. Siamo ancora abbracciati, stretti. Ed io mi sento viva. Viva dopo quattro anni di morte...