Capitolo sette

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Una cupa e piovigginosa New York accolse Kate e Julian al loro arrivo. Il volo era stato abbastanza lungo ma non avevano tempo per riposare, almeno era quello che pensava il detective.

<<Detective Moore, dobbiamo fermarci un momento a casa mia>> disse Kate riparata sotto un grande ombrello nero.
<<Va bene>>

I due presero un taxi che li condusse a casa della donna e Julian intravide Times Square. New York era davvero una giungla urbana, più di Chicago. Come aveva fatto Hevan a sopravvivere tanti anni da piccolo e completamente solo? Kate scese dall'auto e andò ad abbracciare l'uomo che, sicuramente, era il marito. Non capiva cosa stessero dicendo anche perché era rimasto nel taxi.

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<<Quindi hai convinto il detective a venire qui?>>
<<Esattamente, Aaron. Ci sono troppe cose che non quadrano>> rispose Kate.
Aaron si sporse appena e vide la figura dentro la macchina.
<<È giovane>>

Kate ridacchiò.
<<Non dirmi che sei geloso>>
<<Geloso? Io? Assolutamente no>>

La donna lo baciò con delicatezza.
<<Devo trovare quelle cartelle, non possono essere andate distrutte>>
<<Ma saranno ben nascoste>>
<<Ho i miei contatti>> disse facendogli l'occhiolino.
<<Quando fai così mi fai impazzire>> rispose sorridendo.

<<Quando questa storia sarà finita e mio nonno avrà giustizia insieme a Mary Beth, noi ci faremo quella seconda luna di miele che ci siamo promessi>>
<<Hawaii?>> domandò sorridendo.
<<Esattamente>>

Aaron era appassionato di luoghi esotici e immersioni, le Hawaii erano la meta ideale.

<<Kate...>>
<<Starò attenta, te lo prometto>>

Aaron la strinse dolcemente in un abbraccio e la baciò affettuosamente, amava e rispettava sua moglie più di ogni altra persona al mondo. Era definito da tutti un gigante buono per il suo carattere e la sua stazza fisica. Quando conobbe Kate ad una festa fu lei a parlargli per prima dato che lui era troppo timido per farlo, avevano diciassette anni e da quel momento non si separarono mai nonostante qualche piccola incomprensione.

Kate lo aveva salvato da una brutta situazione in famiglia. Il padre era un alcolizzato che picchiava ripetutamente sua madre e anche lui ed una sera, non resistendo più, era scappato di casa. Kate lo aveva accolto nella sua e ascoltato con attenzione mentre gli medicava le ferite. Le doveva tutto.

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Julian fece spazio quando Kate tornò nel taxi.
<<Scusami, mi mancava mio marito e dovevo vederlo con i bambini>> disse dolcemente.
<<Non occorre scusarsi, capisco>>
<<Lei è sposato, detective Moore?>>
<<No, non lo sono>> rispose guardando dal finestrino la gente che si affrettava per andare a lavorare.

<<E nessuno occupa il suo cuore?>> domandò Kate.

Il volto di Hevan apparve per un attimo nella sua mente. Occhi di zaffiro, capelli di un lucente nero corvino, viso di un angelo e sorriso tanto beffardo quanto seducente. Scosse la testa.

<<Il mio lavoro richiede tempo>>
<<È un peccato annullarsi totalmente così>> rispose sincera.

Julian la guardò negli occhi, era come se lei sapesse che le stava mentendo. Era perspicace come Amber, con la differenza che lei era una giornalista. E i giornalisti coglievano ogni cosa, ogni minimo dettaglio che spesso sfuggiva anche ai poliziotti.

La resa dei conti (Sequel dell'Ultima sfida)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora