CAPITOLO 14

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Capitolo 14. Che cosa mi nascondi, Detective?
***

Samuel

Un tizio di cui non ricordo il nome diceva “Colui che è geloso non è mai geloso di ciò che vede; ciò che immagina è sufficiente”.

No ecco, io non sono d’accordo. Quello lì ha sparato proprio una cazzata. Il sottoscritto per esempio, non è geloso di ciò che immagina che potrebbe succedere, perché in questo caso finirebbe male per la sanità mentale, ma di ciò che vede chiaro e tondo di fronte a sé.

E sicuramente nei miei piani di arrivare a scuola con largo anticipo non prevedeva trovare una Samantha Ray seduta sul muretto di mattoni. E qual’è la cosa strana che vorrei eliminare dalla mia mente?

Lei a farsi la lavanda gastrica con un biondino dei miei fottutissimi stivali.
Voglio urlare e terminare l’esistenza in questo esatto istante.

La mora non si accorge neanche lontanamente della mia presenza continuare a baciare quello lì con foga, come se non ci fosse un domani. Inutile dire che vorrei essere al posto di quel dannatissimo ragazzo, ma okay.

Poi due giorni fa nel bagno di Dean ci eravamo stati vicini, ma lei è letteralmente corsa via. Di nuovo. So che voleva quel bacio almeno quanto me, ma oltre il ragno, qualcosa l’ha fermata dal farlo. O forse mi sono fermato io, non lo so.

- Oh, buongiorno Hall-

La guardai. Capelli spettinati, labbra gonfie. Grande.

- Ciao...ehm, Samantha- borbotto. Lei inarca un sopracciglio quando sente il suo nome pronunciato da me, ma scrolla le spalle come se nulla fosse, affiancandomi con una sola falcata. Lancia un bacio volante al tipo, prima di afferrarmi per un gomito e cominciare a camminare verso la scuola.

- Dio…- stringe la presa sul mio braccio e affretta il passo. Si blocca, solo dopo essersi guardata ancora una volta indietro e avere la conferma del fatto che il ragazzo con il quale si stava scambiando saliva, se ne fosse andato.

Appoggia la schiena contro al muretto e socchiude gli occhi, passandosi nervosamente una mano tra i capelli castani. Inarco un sopracciglio, ficcando le mani nelle tasche dei jeans: -E quello chi era?- 

Mi è uscito così, senza alcun senso probabilmente, ma forse ho bisogno di saperlo.

Scrolla le spalle, facendo incontrare i suoi occhi con i miei: -Aaron. Quello della festa-

Non so quale cosa mi dia più fastidio: il fatto che abbia conosciuto un certo biondo alla festa, oppure che io non sappia di chi stia parlando.
Sapevo che non dovevo bere, cazzo.

- Oh e...e voi...voi beh sì…- non riesco a digerirlo. Proprio no.

Sulle sue labbra compare un sorrisetto che in una situazione normale mi farebbe perdere un battito, ma questo mi fa ancora più male. Non dovrebbe, ma lo fa.

- Geloso, Hall?- domanda con fare furbo. Appoggia lo zaino sulle mattonelle in attesa di una mia risposta. Alzo con noncuranza le spalle e sospiro, facendo uscire una nuvola bianca di freddo dalla mia bocca.

- No, certo che no- faccio. La ragazza sorride ancora di più, ma non aggiunge nient’altro al riguardo. Abbassa lo sguardo per poi porgermi una busta trasparente, con all’interno un paio di fogli.

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