CAPITOLO 20

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Capitolo 20. Piccole discussioni crescono

***

SAMUEL

Peter Erikson, il mio capo, mi sta fissando da almeno una decina di minuti, mentre mi impegno a spiegare i dettagli di ciò che ho trovato sul caso Smith.

Sono stato costretto in realtà. Protocollo. Roba del genere.

- Ho controllato vari rapporti della polizia in merito a Mike Lauren. Ha solo un precedente, ovvero guida in stato d'ebbrezza. Ed è pure successo lo scorso mese-

- In pratica pulito-, mi fa eco l'uomo. Annuisco, mentre lui continua. -Comunque, quella di rivelare la tua identità a Dave è stata una mossa davvero azzardata e pessima sotto alcuni punti di vista-

Roteo gli occhi, appoggiandomi alla parete del suo ufficio. -Vuoi quindi dirmi che mi licenzi?-

- Potrei farlo...ma no. Ormai abbiamo riaperto il caso e non abbiamo nessun altro al quale affidare questo compito-, sbotta. Sembra sull'orlo di una crisi di nervi. -Ho bisogno di altre informazioni, Samuel. Altre cose, capisci?-

-Certo-, affermo, ma credo di non starlo ascoltando per niente. Penso a questa settimana, più precisamente al weekend passato malissimo. Solo io potevo fare una stronzata del genere, Dio santissimo. 

- Qualcosa sul conto di quella tua compagna?- abbassa lo sguardo su un foglio, leggendo poi il contenuto con un sopracciglio inarcato, -Samantha Ray, giusto?-

Rabbrividisco, incassando il colpo. E' colpa mia. Non dovevo parlarne con lui.

Ma è proprio questo il problema di far parte dell'FBI, di esserne un agente: i sentimenti e i rimorsi. Ho messo in primo piano il lavoro e ora me ne pento. C'è solo un punto che però non posso ignorare.

Samantha sa qualcosa, questo è poco ma sicuro.

- Parla con Smith certe volte-, mi limito a dire. Il mio capo inarca un sopracciglio, incuriosito.

- Si conoscono già da prima?-

Non ho mai considerato questa idea. Senza che io me ne accorga nemmeno, i palmi cominciano a sudare. -No, non credo-

- Controlla, per sicurezza-

Più facile a dirsi che a farsi.

Passo la seguente mezz'ora a compilare qualche rapporto e un sacco di moduli, mentre Peter non la smette parlare di Inghilterra e Parigi. Le opportunità che ho.

So che ha ragione, che avrei ancora più possibilità di fare la carriera dei miei genitori se andassi in Europa dopo la fine dell'High School. E' in fondo, la strada che voglio seguire anche io. Sarebbe stupido sprecare tutto questo.

Sbadiglio leggermente, mentre firmo l'ultimo fascicolo e lancio un'occhiata all'orologio che ho al polso. Sono le sette e mezza del mattino.

Peter ha la passione di convocarmi di mattina prima della scuola. Penso lo trovi divertente. Una specie di gesto sadico che mia zia stranamente approva.

Chissà perché.

Firmo l'ultimo rapporto e sospiro. Forse è meglio che vada, per non arrivare con un ritardo mega disastroso. Saluto il mio capo, che però questa volta non sembra nell'umore di scherzare e sguscio fuori dal suo ufficio, per poi inforcare la mia bici dalle ruote quasi sgonfie e pedalare verso la scuola.

A seconda ora ho spagnolo, ovvero uno dei due corsi che condivido con Samantha. La cosa mi mette una certa ansia. Non abbiamo parlato civilmente dallo scorso weekend, se non contare...no, anche quelli sono insulti.

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