CAPITOLO 18

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Noah era a disagio, non la smetteva di fissarmi quando io distoglievo lo sguardo. Voleva sicuramente qualcosa, ma appena apriva la bocca la richiudeva subito. Avrei potuto tranquillamente calmare la sua indecisione interiore, ma non sarebbe stato divertente. In un certo senso consideravo quel suo sentirsi in cola, per nulla oltretutto, come una rivincita per le urla di ieri notte. Prima o poi avrei messo fine alla sua agonia, o forse no.

Mi era dispiaciuto però vedere la reazione di Manuel. Non avrei mai voluto farlo stare in pensiero. Negli ultimi giorni aveva fatto così tanto per me, che non avrei voluto farlo in ansia.

Quando il postino quella mattina mi svegliò per una lettera indirizzata a me andai nel panico. Non avevo cambiato residenza, quindi non aveva senso che qualcuno avesse spedito una lettera per me a casa di Noah. O meglio. Solo una persona avrebbe potuto.

Quando aprii la lettera le mie mani tremarono, il postino doveva essersene accorto perché mi chiese se andasse tutto bene. Sul momento non la lessi neanche. Mi basto vedere la calligrafia per capire di chi si trattasse.

Il mio passato stava tornando e con quella lettera capì che nonostante fossi stata molto prudente una volta tornata dalla Scozia, lui mi stava pedinando.

Quello che non mi era molto chiaro era il perché non agisse. Mi aveva trovata ed ero sola. Questa volta nessuno mi proteggeva.

<< ok mi dispiace!>> tuonò.

Aveva finalmente preso il coraggio di aprire quella bocca. Peccato che dallo spavento quasi ho rischiato di soffocarmi con il pezzettino di sushi.

<<mi dispiace che hai dovuto assistere o meglio sentire quella.. cosa. Ero incazzato nero con te e ho bevuto e poi c'era lei , cioè io so che non ci sono giustificazioni ma..>>

<< non ci sono giustificazioni perché non devi rendere conto a me. È casa tua. È la tua vita. Non sono arrabbiata, certo sentire quella gatta morta con i suoi spasi non è stato affatto piacevole, ma non devi giustificarti. Io sono solo un ospite. Nulla più.>>

Imperterrito nella suo volersi addossare la colpa continuò << Aurora. Oramai tu non sei un ospite. Guarda questa casa. Sul tavolo c'è una copia delle tue chiavi, le tue scarpe sono ovunque e il mio bagno non ha mai visto così tante creme in tutta la sua vita. Ormai non sei più un ospite, sei la mia coinquilina quindi questa è anche casa tua. Prima lo accetti e meglio sarà. Quindi se io porto una ragazza a casa devo rendere conto anche a te. Sono settimane che viviamo assieme e non avevamo neanche i numeri di cellulari l'uno dell'altra! Ti sembra normale?>>

<< lo siamo mai stati? Io e te, normali intendo>>

Scoppiò a ridere, allentando il nervosismo.

<< no hai ragione. Pero forse è questo il bello no?>> disse guardandomi con una tale intensità che quasi feci fatica a restare in piedi. Solo una persona mi aveva guardato così. Solo lui.

Oggi era il giorno! Oggi avrei conosciuto gli amici di Fabio e non stavo nella pelle. Io e Fabio uscivamo da qualche settimana, non molto però in un certo senso stavamo assieme. Ci eravamo perfino baciati! A Fabio avevo dato il mio primo bacio. Mi ricordo ancora la vergogna che provai quando glielo confidai. Insomma io avevo 15 anni mentre lui 19. Aveva fatto molte più esperienze di me e aveva baciato molte ragazze, bello com'era! Uno dei ragazzi più belli in assoluto: alto, palestrato con splendidi occhi nocciola e capelli oro. Un sogno! E gli piacevo! Non ci potevo credere. Io ero solo una ragazzina, un po' bruttina anche, mentre lui...

"Aurora tutto bene?" mi chiese dolcemente lui.

"Si certo! Cosa non dovrebbe andare bene?" risposi cercando di esternare il meno possibile. La verità è che me la stavo facendo sotto. Se non fossi piaciuta ai suoi amici? Se non volessero vedermi più? Se fossero stati degli stronzi iperpatentati?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 26, 2020 ⏰

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