Capitolo 16

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«Ma cosa hai in quella testa!? Ti rendi conto che ha trentasei anni!? E soprattutto, ti rendi conto che sei minorenne e lo potrei tranquillamente denunciare!?» Grisha Jaeger era fuori di sé. Aveva appena messo in moto l'auto quando aveva visto suo figlio accanto al suo collega. Pensava fosse una coincidenza, magari Eren credeva che suo padre fosse ancora lì e aveva l'intenzione di scroccare un passaggio, per quel motivo, lui e il dottor Ackerman, si erano incontrati e probabilmente si erano scambiati alcuni convenevoli. Ma quando aveva visto i due baciarsi era cambiato tutto, non poteva crederci.

Eren era furioso. Perché cazzo doveva reagire così? Erano cavoli suoi chi decideva di portarsi a letto, erano cavoli suoi se si era innamorato di un uomo molto più grande di lui, erano cavoli suoi e basta, lui non si sarebbe dovuto intromettere. E invece eccolo lì, che gli urlava contro come se lo avesse beccato a farsi di eroina, e sua madre, Carla, accanto a lui, gli occhi pieni di lacrime. "Fottutamente esagerati" pensò tra sé e sé.
Si erano seduti sul tavolo della cucina, come facevano di solito quando dovevano discutere di qualcosa di importante.

«Non hai nulla da dire Eren!?»

Il castano tremava, tremava dalla rabbia. Parlò con voce incredibilmente bassa, guardando le assi di legno sotto i suoi occhi. «Fatti i cazzi tuoi.»

«Come prego!?»

Aveva perso del tutto il controllo, di nuovo. Eren e il suo scarsissimo controllo della rabbia non erano assolutamente una novità. Si alzò, sbattendo le mani sul tavolo. «Ti ho detto di farti i cazzi tuoi! La mia vita privata non ti riguarda!»

Grisha imitò il gesto di Eren, in modo più calmo, senza sbattere le mani. «Sei mio figlio e sei minorenne! Sono affari miei eccome!»

«No invece! Se io voglio scopare con un uomo di trentasei anni lo faccio e basta!»

Dopo quella frase, si sentì il sonoro suono di uno schiaffo. La guancia di Eren bruciava, la mano di Grisha era ancora sollevata. «Vattene in camera tua, immediatamente.»

Senza dire nulla, con gli occhi lucidi e un'espressione che rendeva visibile tutta la sua rabbia, lasciò la cucina, salì le scale in legno ed entrò nella sua camera. Si chiuse a chiave.

Iniziò a fare su e giù per la stanza, passandosi le mani tra i capelli più e più volte. Prese dei respiri profondi. Doveva calmarsi. Il suo battito cardiaco era fin troppo accelerato.

«Ah, fanculo!» tirò un pugno contro la parete azzurra della sua stanza, con tutta la forza che aveva in corpo. Le nocche gli dolevano, probabilmente sanguinavano, ma in quel momento non gli importava neanche di constatare questa cosa. Avrebbe voluto spaccare tutto ciò che lo circondava.

Doveva calmarsi, assolutamente. Negli anni passati ci aveva lavorato tanto sul controllare la rabbia, aveva fatto numerose sedute da uno psicologo professionista, non poteva buttare al cesso tutto quel lavoro. Si sentiva tremendamente in colpa con se stesso. Tutto quel lavoro, tutti quei soldi, tutto quel tempo e ancora non riusciva a controllare le sue stesse emozioni. E in più, il suo battito cardiaco stava raggiungendo livelli preoccupanti.

Posò la schiena contro il muro, in cui il segno del suo cazzotto era ben visibile, e si lasciò scivolare, fino a ritrovarsi seduto sulla sua morbida moquette.

Alla fine le lacrime ebbero la meglio, arrossando i suoi occhi e rigando le sue guance.

La situazione era grave, più grave di quanto volesse credere. Levi rischiava di essere denunciato e, probabilmente, anche licenziato. Si sentiva tremendamente in colpa anche nei suoi confronti. Se non avesse deciso di accompagnarlo non sarebbe successo niente. In più, probabilmente Levi lo avrebbe mandato a fanculo una volta per tutte, ora che le cose avevano cominciato ad andare così bene.

Underground - EreRi/RiRen - ITADove le storie prendono vita. Scoprilo ora