Capitolo XI: Masks

3.3K 125 10
                                    

Vittoria

Il pomeriggio in compagnia di Jonathan era stato semplice; forse era per questo che le era piaciuto così tanto.

Da quando tempo non sorrideva in quel modo?
Da quando tempo non chiacchierava con qualcuno senza puntargli addosso qualche arma potenzialmente letale?

Troppo, si era decisamente passato troppo tempo.

La semplicità, la quotidianità per lei non era più esistita.

Le sue giornate erano sempre tutte uguali, tutte tristi e cupe nello stesso modo, e anche troppo piene di sangue per permettere di sorridere.

Si alzava, si vestiva nella sua solita e triste divisa nera, puntava un obbiettivo e poi andava a caccia, uccidendo chiunque le impediva di giungere alla sua preda.

É vero le sue giornate erano sempre piene di nuvole, di quelle scure, quasi nere, che preannunciano tempesta, ma che la maggior parte delle volte se ne vanno senza fare niente.
Ma a lei non importava, non più, aveva vissuto talmente tanto in quel modo che essere priva di pugnali o di fruste la faceva sentire debole, esposta.

Già, debole.
Non ricordava più ormai quella strana sensazione che ti stringe lo stomaco, impedendoti quasi di respirare correttamente, quella sensazione che senti alle budella, come se qualcuno te le strappasse dalla pancia.

Vittoria odiava essere debole.
Indossava giacche nere, leggins o jeans neri, anfibi neri ai piedi, le piaceva pensare che così nessuno l'avrebbe vista, che così tutti l'avrebbero evitata.

Vittoria odiava essere debole.
Il suo braccio destro era pieno di tatuaggi, quelle linee scure, che coprivano delle strisce più rosee e ormai dimenticate, la facevano sentire forte. Pensava che così molta gente non avrebbe osato attaccare bottone.

Vittoria odiava essere debole.
Perché le persone ti guardano con pietà.
Perché hai sempre bisogno di qualcuno che ti protegga.
Perché le avevano sempre insegnato che chi é debole muore.

La sua paura le aveva dato la spinta, l'aveva fatta allenare sempre di più, sempre con più fatica, l'aveva fatta ferire, le aveva fatto sporcare le mani, e anche l'anima, col sangue dei suoi nemici.

Si era costruita, a suon di lividi e punizioni, una corazza forte, indistruttibile, una armatura che avrebbe protetto il suo fragile e debole cuore dalla violenza altrui.

Ma poi era arrivato Jonathan, e quella corazza all'apparenza così forte stava crollando, come un castello di sabbia.

Lui si era insinuato nella sua vita quasi per scherzo, quando ormai pensava solo a se stessa, quando ormai uccidere, portare avanti la sua vendetta, sembrava essere diventata l'unica cosa importante della sua esistenza, l'unica cosa che la tenesse in vita.

E Jonathan era così dannatamente perfetto, così bello da sembrare un angelo.
E lei non era altro che un angelo della morte, un mostro, un abominio.
Avrebbe distrutto la sua luce con la propria oscurità.

L'uomo ha paura del cambiamento, le diceva sempre Jane, quando, sedute sul tetto di qualche vecchia casa fuori città aspettavano di vedere l'alba.

Era strano per lei ammetterlo, ma aveva paura.
Cavoli se l'aveva.

Aveva paura perché qualcosa stava cambiando, perché qualcosa aveva cominciato a smuoversi in quel suo dannato cuore di pietra.
E lei non poteva permetterselo, non ora che era così vicina a scoprire tutto.
Non ora che la sua vendetta stava per essere portata a termine.

Un'altra cosa che Jane le ripeteva sempre era "le emozioni ti rendono debole, perché sono un arma a doppio taglio", prima di conoscere lui non aveva mai capito il senso di quella frase.

Vittoria sorrise nel buio della sua stanza, nascosta sotto le coperte di cotone in attesa che Morfeo venga in suo soccorso.

Jane le manca, era inutile negarlo, lei era la sorella che mai aveva avuto, la sua ancora in mezzo al mare in tempesta, la sua stella nel buio del cielo.

E quella stella si era persa, era andata lontano, forse non sarebbe tornata mai più, a Vittoria non piaceva pensarci, preferiva abbandonarsi all'idea che un giorno si sarebbero riviste, e pensando alla ditta che aveva percepito al tatuaggio, al loro tatuaggio, pensó che forse qual giorno era molto più vicino di quando pensasse.

Vittoria sospirò stancamente quando il viso di Jonathan fece nuovamente capolino tra i suoi pensieri.

Si conficcò le unghie nei palmi della mano, non era il momento giusto di cedere alle emozioni, anche se forse non ci sarebbe mai stato.

Perché Vittoria in fondo era dolce, sensibile, era così dannatamente fragile che fingeva.

La verità é che per tutta la sua vita ha indossato una maschera.
E adesso non sa più cosa ci sia dietro.

*****

Jonathan

I suoi passi si arrestarono poco prima del grande albero, quella grande quercia che segnava il confine del suo branco.

Era notte fonda, ma i suoi occhi rossi riuscivano perfettamente a distinguere la figura di Tristan che lo aspettava a braccia conserte, gli altri probabilmente erano già sulla scena.

-Ancora?-

Il suo beta poteva percepire una lieve nota di stanchezza nella sua voce, ma non poteva biasimarlo.

Tristan scosse la testa, staccandosi dal tronco sul quale si era accomodato mentre lo aspettava, prima di portarlo sul luogo del delitto

-Questo é diverso dagli altri-

E Jonathan non poté che essere d'accordo con lui.

Il cadavere era riverso a terra in una pozza di sangue, il volto era deformato in alcuni punti, ma dalla stazza intuì che si trattasse di un uomo, le braccia erano aperte ai lati del suo corpo, nella mano sinistra teneva un pugnale, molto simile a quello che aveva conficcato nel petto.

-Non é dei nostri-

Probabilmente non era neanche un lupo mannaro, avrebbe sentito che qualcuno si muoveva ai limiti del suo branco.

L

a mano destra del cadavere era stretta a pugno, Jonathan la guardò per qualche istante prima di avvicinarsi, con delicatezza la prese tra le sue, applicando un po' di forza per aprire le dita.

Sul suo palmo c'era un piccolo foglio piegato su sé stesso più volte.
L'Alpha lo prese tra le sue mani, studiandolo lentamente prima di aprirlo, l'attimo dopo le sue sopracciglia si aggrottarono.

Era bianco, completamente bianco.
Lo girò tra le sue mani più volte cercando di dare una spiegazione a tutto, ma non ci riuscì.

Jonathan era confuso, molto confuso.

Talmente scosso e confuso da non accorgersi che, se avesse spostato leggermente la testa del cadavere, avrebbe trovato, appena dietro l'orecchio destro, una piccola A tatuata di rosso.

Angolo Autrice
Spero veramente che voi non abbiate intenzione di uccidermi.
Lo so, non ho aggiornato per un mese e mi dispiace veramente di ciò, dico sul serio.
Durante questo mese sono stato in vacanza con la mia famiglia e finalmente dopo mesi di ansia e angoscia mi sono finalmente rilassata, ma lo so questa non é  una scusa sufficiente, cosa volete farci? Sono una ritardata cronica.
Saprò rifarmi con i prossimi capitoli.
A proposito di capitoli, che ne pensate di questo?
Ci vediamo prestissimo con un capitolo dedicato alla nostra cara Vittoria.

Baci 💋💋
Mony

𝑨𝒏𝒊𝒎𝒂 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒆𝒕𝒓𝒂✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora