Capitolo III: Ordinary day

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Qualche giorno dopo...

Jonathan

-Dovremmo inviare qualcuno ad ovest, dicono che molti cacciatori sono stati visti da quelle parti, magari potremmo....-

Sua sorella parlava interrottamente da quattro ore, misurando a grandi falciate il pavimento dello studio; gli diceva del branco, della situazione degli confini e nei paesi circostanti.

E lui, per quanto sapeva che avrebbe dovuto ascoltare, non aveva sentito nemmeno una parola.
I discorsi di Katherine gli entravano in un orecchio e gli uscivano dall'altro, senza riuscire a porre delle radici nella sua mente.

Mente completamente rivolta a qualcos'altro, o meglio a qualcun'altro, qualcuno di cui non sapeva neanche il nome.

Si lasciò andare contro la poltrona in velluto rosso su cui si era seduto ore prima, stiracchiò leggermente le gambe sentendo i muscoli intorpiditi, cercando una posizione più comoda, sforzandosi di ascoltare quello che sua sorella stava ripetendo.

Era inutile, la sua mente e tutta la sua attenzione erano focalizzate altrove, precisamente in una piccola radura in mezzo al bosco.

Era rimasto lì qualche minuto, nella speranza di riuscire a percepire nuovamente il suo odore per poterla cercare, ma niente, lei si era volatilizzata nel nulla, così come era apparsa.

L'allegria del suo lupo si era trasformata in tristezza, non aveva niente d'altronde, nemmeno un nome, uno stupidissimo nome.

Sarebbe stato complicato rintracciarla, già lo sapeva, perché nonostante per lui i  suoi tratti fossero così unici e inimitabili, la sua parte razionale dovette ammettere che c'erano tante donne con gli occhi e i capelli di quel colore.

-Jonathan insomma mi stai ascoltando o no?-

Voltò di scatto la testa sentendo il richiamo della sorella.

Katherine lo fissava quasi con rabbia, le mani appoggiate sui fianchi le davano un aria più intimidatoria; i suoi occhi verdi come il bosco in cui amava correre si erano socchiusi e lo fissavano nascosti dalle lunghe ciglia.

Era sempre stata brava a incutere timore, questo lui lo sapeva, per questo aveva deciso di farla partecipare attivamente alla vita del branco, come sua consigliera e non come l'ennesima pedina pronta a sbavare ai suoi piedi.

Molte volte si era pentito di quella scelta, soprattutto quando lei tornava a casa piena di sangue e ferita, ma sapeva che se avesse provato a toglierla dal suo incarico sarebbe riuscita a fare comunque di testa sua.

-Allora? Sto aspettando-

Jonathan scosse leggermente la testa sospirando prima di appoggiare il gomito destro sul bracciolo e guardarla con aria strafottente.

-Certo che ti sto ascoltando-

-Ah si? E allora quale é stata l'ultima cosa che ho detto?-

-Penso sia stata: "é allora quale é stata l'ultima cosa che ho detto?"- lui ripeté le sue parole cercando di imitare la sua voce nell'ultima frase.

Katherine lo guardò esasperata, portandosi una mano alla fronte per massaggiarsi le tempie.

-Io a volte mi chiedo come fai ad essere mio fratello-

-Beh credo che non ti serva un disegno per ...-

Si ritrovò un cuscino in faccia che lo fece ridacchiare con leggerezza mentre sua sorella di sedeva nella poltrona davanti alla sua.

𝑨𝒏𝒊𝒎𝒂 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒆𝒕𝒓𝒂✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora