Capitolo 4 - Nuovi compagni, nuova casa

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Il padiglione era all'aria aperta perchè, come mi aveva spiegato Will, al campo non pioveva mai e non c'era mai brutto tempo a meno che non fosse voluto.
C'erano molti tavoli e mi iniziai a sentire piccolo al cospetto di tutti quei ragazzi, molti anche più piccoli di me
- Ogni tavolo è per i figli del rispettivo genitore divino, come le capanne- mi sussurrò Will - tu dovrai sederti con i figli di Ermes finché tuo padre/madre non ti riconosce. Ermes è infatti il dio dei viandanti e accoglie chiunque è in attesa di essere determinato - mi spiegò, accompagnandomi al tavolo più affollato.
- Ehi gente, accogliete il novizio. Si chiama Lewis. Comportatevi bene perchè è ancora in convalescenza- disse Will dandomi una pacca sulla spalla. Uno del tavolo si alzò, dedussi si trattasse del consigliere (una specie di rappresentate della casa), per darmi il benvenuto. Si presentò con il nome di Connor. Era alto e magro con una zazzera di capelli castani ricci che pendeva davanti ai suoi occhi blu. Dallo sguardo e dal luccichio degli occhi capì che si trattasse di una persona divertente e alla mano.
- Benvenuto tra i figli di Ermes, starai tra noi finchè il tuo genitore divino non ti riconoscerà. Spero che ti troverai bene- detto questo ci sedemmo al tavolo.

In lontananza vidi un cavallo avvicinarsi alla mensa ma più lo guardavo e più sembrava avere qualcosa di strano... mi ci volle un pò per riconoscerlo, era Chirone. Mi era stato descritto da Will come uno stallone bianco nella parte inferiore e un uomo sulla quarantina nella parte superiore. A quanto pare era l'istruttore del campo. Andò vicino al suo tavolo, dove erano seduti molti satiri, tra i quali riconobbi Markus. Lo salutai e lui appena mi vide sfoggiò un sorriso a 32 denti. Immagino sarebbe volentieri venuto a stringermi in un abbraccio, ma proprio in quel momento Chirone prese la parola.
- Buona sera a tutti semidei- esclamò - Oggi abbiamo finalmente con noi Lewis- proseguì poi rivolgendosi a me - Sei stato a letto per molti giorni, ma qui tutti sappiamo il tuo atto eroico per salvare il qui presente Markus, il tuo custode - disse - Non possiamo far altro che pregare affinchè tu possa essere riconosciuto il prima possibile dal tuo genitore divino- concluse.
Tutti iniziarono ad applaudire, ma non capivo se lo facessero per me o per il discorso di Chirone.
- Non dimentichiamoci- riprese, rivolgendosi di nuovo a tutti i presenti - che domani ci sarà la caccia alla bandiera, mi raccomando. Non voglio slealtà e spero che nessuno muoia. Detto questo, è ora di mangiare- disse.
"Che nessuno muoia?" Quindi mi sta dicendo che...
- Non ti preoccupare- mi sussurrò una ragazza della mia età con tratti asiatici che, probabilmente, vide la mia faccia terrorizzata - È il suo modo di fare, nessuno muore a quel gioco da parecchi decenni, credo. Comunque piacere, mi chiamo Alice Miyazawa- e mi porse la mano
- Mi chiamo Lewis, piacere mio- e iniziammo a mangiare.
Delle creature portavano il cibo, mi spiegarono fossero arpie e che lavoravano al campo 24h su 24h. Una volta mangiato, ci dirigemmo all'anfiteatro per il falò. Fu tutto bellissimo. Rimasi colpito dal bravura canora dei figli di Apollo e notai che Will non stava cantando, mi confidò, infatti, che dei talenti del padre solo quello della medicina era riuscito a rendere suo. Rimanemmo lì per molto e le fiamme magiche del falò erano altissime. Alice mi disse che si alzavano in relazione all'umore dei campisti. A quanto pareva erano tutti felicissimi
- Senti Alice- dissi - C'è una domanda che vorrei farti. Come mai ci sono molti giovani qui al campo? Siamo pochi della nostra età...-
- Beh, essere semidei è pericoloso Lewis. In effetti è strano che tu sia riuscito a sopravvivere per così tanto tempo fuori dal campo e senza un minimo di preparazione. Abbiamo la stessa età, ma io sono qui da molti anni, in effetti- mi spiegò lei
- Oh capisco - risposi.

La sera ci dirigemmo tutti verso le nostre case. Io, con i miei compagni, mi diressi verso la casa 11, la casa di Ermes. Sulla porta c'era un caduceo, il simbolo del dio. Notai subito come la vernice fosse rovinata e di come rispetto le altre capanne questa fosse la più grande nonché la più trascurata. All'interno era molto disordinata, con molti letti a castello, anche a tre piani per ottimizzare lo spazio. Connor mi fece vedere il letto nel quale avrei dormito quella notte.
- Sei fortunato. Se fossi venuto qualche anno fa probabilmente ti sarebbe toccato un sacco a pelo- disse ridendo e indicando un armadio stracolmo di questi ultimi - fortunatamente gli dei stanno riconoscendo sempre più i propri figli e la casa si è svuotata un pò. Ti auguro che il tuo genitore divino si dia una mossa a ricordarsi di te- disse ridacchiando e allontanandosi. Mi stesi sul letto e cercai di addormentarmi

Dovevano essere le 2 di notte. Tutti stavano dormendo ma io non ci riuscivo proprio. Mi tolsi le coperte di dosso e uscì dalla capanna dirigendomi verso la spiaggia. Mi stesi e iniziai a pensare a ciò che mi era capitato. Fino a poco prima le mie uniche preoccupazioni erano studiare per entrare nella Julliard, la scuola dei miei sogni dove avrei potuto studiare pianoforte e laurearmi. Adesso invece ho scoperto di essere il figlio di un dio che non conosco e che non si decide a riconoscermi. Iniziai a pensare ai miei genitori... chi mi avrà mentito tra i due. Non ho mai avuto dubbi di questo tipo. Tutti mi dicono che assomiglio moltissimo a mia madre, ma i capelli biondi sono di mio padre, così come la mia passione per la musica. E poi... Emma, cosa avrà voluto dirmi prima che ci separassimo?
Ero totalmente immerso nei miei pensieri che non sentì nessuno arrivare.
-Ehi, credevo di potermi fidare di Connor, a quanto pare mi sbagliavo...- esclamò Will, stendendosi vicino a me.
- Non è colpa sua... sono stato abbastanza silenzioso- risposi io sorridendo
- Non dovresti uscire dopo il coprifuoco, se le arpie ti trovano non faresti una bella fine- commentò lui, con tranquillità
- E allora tu che ci facevi qui fuori?
- Stavo pensando- rispose. Dopo un pò di silenzio, riprese - Sono preoccupato per mio padre
- Stai parlando di ... -
- Sì, sto parlando di Apollo, qualche mese fa Zeus l'ha trasformato in un mortale. I suoi figli continuano ad essere riconosciuti e abbiamo ancora i nostri poteri, ma lui non è più un dio e non lo sarà finchè non riconquinsterà tutti gli Oracoli- spiegò lui
- Oracoli? Cosa sono e chi li ha rubati?-
- Gli Oracoli sono dei modi in cui noi semidei possiamo ricevere le profezie. Diciamo che non sono stati letteralmente rubati, ma sono sotto il controllo di un'organizzazione composta da i più spietati imperatori romani. A noi del campo non hanno spiegato di più, però io sono suo figlio e sono preoccupato che possa morire sottoforma mortale...- A quel punto alzai la schiena mi sedetti e lo guardai meglio. Era steso, il corpo rilassato sulla sabbia e aveva gli occhi fissi sul cielo stellato. Il suo sguardo era preoccupato e non mi sembrava più lo stesso Will che avevo visto qualche ora prima sorridere e che scherzare con me.
- Mi dispiace Will...
- Non ti preoccupare. Anzi grazie, ogni tanto fa comodo confidarsi con qualcuno- a quel punto si sedette anche lui e mi abbracciò. Non era uno di quegli abbracci di circostanza, era carico di tristezza. Il suo mento era appoggiato sulla mia spalla e riuscivo a sentire il suo cuore che batteva contro il mio. Saremmo potuti rimanere così per tutta la notte, ma dopo qualche minuto si stacco e notai che stava piangendo.
- Grazie Lew, ero venuto per consolare te, ma a quanto pare è stato il contrario. Ora dobbiamo tornare nelle capanne altrimenti rischiamo di lasciarci le penne- dichiarò sorridendomi. Asciugandosi qualche lacrima si alzò e si diresse verso la casa 7.
- Will! Domani cercami. Ti devo chiedere un favore- gli urlai dietro. Lui mi alzò il pollice e poi scomparve in lontananza.

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