Capitolo 12 - Inizia il viaggio!

17 3 5
                                    

Entrato notai che tutti erano già tornati e mi stavano aspettando.
- Lewis!- mi venne incontro Will - Abbiamo delle cose per te- esclamò.
Rassicurandomi, mi disse che se qualcuno lì in mezzo poteva farcela quello ero io.
- Non scherzo, Lew. Possiedi tutti i talenti di nostro padre... ti manca solo il poter maledire gli altri obbligandoli a  parlare in distici, ma non abbiamo avuto modo di insegnartelo- disse sorridendo - Appena tornerai sarà la prima cosa che faremo, è una specie di iniziazione per noi figli di Apollo- spiegò.
Lo so che stava cercando di alleggerire la tensione, ma il fatto che fossero tutti lì ad osservarmi mi metteva abbastanza ansia.
Passarono ai regali. Kayla mi diede l'arco che avevamo provato insieme e  una faretra piena di freccie normali, incendiarie ed esplosive.
- Lo so che ora hai l'ukulele da battaglia, ma penso che un'arma in più non sia male, soprattutto se sei bravo ad usarla- commentò.
Austin, invece, mi regalò un fischietto legato ad una cordicella.
- Sembrerà inutile, ma è incantato. Lo conservavo per quando avrei compiuto una mia impresa, ma penso che ti possa essere utile. Stordisce gli avversari con l'utilizzo, però è delicato, lo potrai usare solo una volta- mi spiegò mentre io me lo appendevo al collo a mo' di collana
Alla fine fu il turno di Will che mi porse un kit di pronto soccorso, fornito di ambrosia e nettare.
- Mi raccomando, stai attento.
Gli altri ragazzi della casa mi abbracciarono e mi augurarono buonafortuna. Mi sentii in una vera famiglia. Decidemmo poi di metterci a dormire perchè sarei partito all'alba.

Mi svegliai che ancora era notte, ma capì che non mi sarei riuscito a riaddormentare. Passai le restanti ore a scrivere una lettera ai miei nuovi fratelli. Li ringraziai per tutto, per i regali e per l'aiuto che mi diedero a introdurmi nel campo. Non volevo fare il melodrammatico, volevo solo fargli leggere quello che non riuscivo a dire a voce.

Quando fu ora, uscii dalla casa senza svegliare gli altri e prendendo tutto ciò che avevo preparato la sera prima: il bracciale-ukulele, l'arco (un pò ingombrante) e lo zaino con dei cambi e dei viveri compreso soldi mortali e dracme (monete che usano i semidei). Mi diressi verso il Pino di Talia (chiamato così in onore di una ragazza che si era sacrificata per salvare i suoi compagni... una lunga storia), il nostro punto di incontro. Arrivai per primo e vidi Chirone ad aspettarci insieme ad Argo, un uomo dai cento occhi, che funge da guardia di sicurezza al campo. Non parla mai molto, perché si dice che abbia un occhio sulla lingua e non voglia mostrarlo.
Aspettammo gli altri e Chirone mi diede dei consigli sull'impresa molto poco rassicuranti del tipo "Non morire"...
Dopo poco vidi Emma da lontano che si avvicinava. Indossava un jeans corto nero e una maglietta arancione. Portava uno zaino alle spalle e il nuovo pugnale gli pendeva dalla cintura. Quest'ultimo attirò l'attenzione di Chirone.
- Oh  cosa abbiamo qui- esclamò stupito rivolgendosi al pugnale - il suo nome è Carnwennan - disse sfilando l'arma dal fodero - Ha una storia molto curiosa, sai. Il suo ultimo possessore fu Re Artù che, anche se molti non lo sanno, fu un figlio di Zeus. È stato ritrovato un bel pò di anni fa, ma da allora nessuno l'ha usato. Ormai le sembianze non sono piu greche come potete vedere... negli anni è stato modificato, vi sono state fatti queste incisioni in età medievale...- poi alzò lo sguardo e disse - Scusate ragazzi, mi sono fatto prendere troppo. Emma, sappi solo che un'ottima arma, fatta ovviamente di bronzo celeste, spero la sappia usare- e porse il pugnale alla mia amica.

Aspettammo un po' mentre il sole si faceva sempre più alto.
- Arriverà?- chiese Emma parlando di Thomas.
- Mi fido di lui, avrà avuto un contrattempo- risposi io.
Lo vedemmo arrivare qualche minuto più tardi con un bastone in mano. Non era proprio un bastone, ma per fortuna ci fu Chirone subito pronto per un'altra spiegazione.
- Curioso. Non vedo un figlio di Dionisio impugnare quest'arma da moltissimo. È un Tirsio, un bastone rituale attribuito al dio Dionisio, è formato da una grossa asta di ferula, e sormontato da una pigna. Attorno vi sono avviluppati edera e pampini di vite...- ci spiegò lui.
- L'ho trovato di fianco al mio letto questa mattina, non sapevo se portarlo con me o no. Ne avevo sentito parlare da Pollux, ma non sapevo se potesse essermi utile in battaglia. L'ho provato e nasconde una punta affilata nella testa delle foglie e penso che il legno sia magico... l'ho fatto scontrare contro delle spade e non si è fatto nemmeno un taglio. Penso sia un ottima arma alternativa per un figlio di Dionisio- aggiunse Thomas.
Ormai era tardi e Argo ci fece accomodare su un pulmino. Ci facemmo portare fino a New York dove avremmo potuto essere più flessibili per quanto riguarda i mezzi di trasporto.

Ci fermò vicino ad una stazione dei pullman e comprammo dei biglietti per la California, dove Emma ci spiegò fossimo diretti. Vi dico la verità, avrei voluto tornare dai miei parenti per un saluto o anche solo per vederli da lontano per assicurarmi che stessero bene. Ormai era da molto che non li vedevo e mi iniziavano a mancare. Volevo chiedere spiegazioni a mia madre, volevo sapere se fosse a conoscenza del fatto che avesse concepito un semidio... ma non avevamo nè tempo nè possibilità. Chirone mi aveva spiegato che i semidei stavano scomparendo sempre più velocemente e mi aveva suggerito di non rimanere troppo nella stessa città altrimenti tre semidei avrebbero sicuramente attirato l'attenzione di mostri.
Trovammo un pullman che partiva in quel momento e salimmo subito. Ci avrebbe messo tre giorni per arrivare, ma era il modo più veloce e sicuro per dei semidei per raggiungere la California. Cercai di nascondere l'arco con una coperta di stoffa per non farlo vedere alle guardie. Non sapevo se la foschia riuscisse a nasconderlo, ma meglio essere prudenti, no? Thomas, invece, non so come, aveva ristretto il tirsio alla lunghezza di una matita che si infilò in tasca - Comodo, no?- mi sussurrò.
Una volta entrati decisi di sedermi vicino a quest'ultimo, lasciando Emma sola davanti a me. Guardava male ogni passeggero e aveva la mano pronta sul pugnale in caso di attacco di mostri.
Thomas, invece, si stringeva le mani con aria pensierosa. Immaginai fosse preocuppato per l'impresa.
- Ehi, tutto a posto?- gli chiesi.
Lui mi guardò e rispose sospirando - Sisi, tranquillo Lewis. Sono solo un pò stanco, non ho dormito molto questa sera... anzi, penso che ne approfitterò durante viaggio.
Fece come disse, nel momento esatto in cui il pullman partì, chiuse gli occhi e si mise a dormire profondamente con la testa appoggiata involontariamente alla mia spalla. Facemmo molte fermate e durante le quali salì e scese molta gente. Arrivammo ad Indianapolis la sera tardi e facemmo una di queste fermate. Scese molta gente e ne salì altrettanta. Attirò la mia attenzione un uomo sulla trentina, aveva un sorriso un pò strano, ma non ci feci molto caso poichè sembrava... beh, normale.
Non-normale furono però gli sguardi che iniziò a lanciarci dopo un pò sull'autobus.
Dopo qualche altra ora di viaggio si avvicinò a noi e si rivolse ad Emma- È occupato questo posto?-
- Beh, no...- rispose lei. Vidi che stava tentennando nell'avvicinare la mano al pugnale. La capivo, il tizio era normale. Anche ora che si era avvicinato non aveva nulla di strano, ma non potevamo abbassare la guardia.
- In realtà sì, è occupato. Mi dispiace- esclamai io. Sgusciai fuori dal mio sedile sorpassando Thomas che ancora stava dormendo.
Mi ritrovai faccia a faccia con l'uomo. Aveva i capelli neri corti, naso perfetto. Sembrava un tipico uomo di ufficio con la sua camicia grigia e i pantaloni lunghi nonostante il caldo.
- Va bene, mi scusi- rispose lui e si girò. Tirai un sospiro di sollievo e mi voltai verso Emma che però stava continuando a fissare l'uomo. Non feci in tempo a capire cosa stesse succedendo che sentii Emma urlare di spostarmi, ma non capii perchè. Sentii un dolore nella spalla preceduto da un suono di pistola. Guardai l'uomo, che nel frattempo aveva cacciato una pistola e mi aveva sparato. Non capì il suo gesto fino a quando non si strappò la camicia. Non era umano, aveva una bocca e un paio di occhi sul ventre. Non era umano, era un mostro... era un Blemma

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 07, 2020 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Son of OlympusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora