chapter 11 💨

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Sarà stata la duecentesima volta che mi rigiravo nel letto. Avevo un mal di schiena assurdo, e la testa sembrava una bomba.

Al mio risveglio oggi pomeriggio avevo trovato tutti i miei compagni preoccupati per me, ma poi le infermiere li avevano detto che avevo bisogno di riposare e li avevano cacciati. Ora l'orologio accanto a me indicava le 23:47.

Cercando di non far troppo casino mi alzai e ignorando le fitte di dolore uscii dalla finestra, dirigendomi sul tetto.

Come pensavo, trovai il ragazzo già lì. Senza dire nulla mi affiancai a lui. Restammo in silenzio un po'. Senza rendermene conto avevo iniziato a singhiozzare sommessamente.

Levi si voltò verso di me, scrutandomi un po', e poi mi abbracciò.
Rimanemmo così per diverso tempo, nessuno dei due sapeva cosa dire e nessuno dei due voleva infrangere quella pace surreale che si era creata insieme a quel rarissimo momento di affetto tra i due.

<Abb...>
<Io... io credevo davvero di essere forte. Di essere... come te. Sono stata addestrata per esserlo. Eppure, tutto quello che so fare è lasciar morire i miei compagni. Non... non sono riuscita a salvarli e non  sono... Loro meritavano di vivere! mi sono chiesta tante volte cosa sarebbe successo se fossi stata io a morire al posto loro, e la risposta è sempre la stessa: sarebbe stato meglio. Meglio per tutti. Per me, per loro... per te. Se solo... se solo potessi dare la mia vita per far tornare loro, lo farei ad occhi chiusi. Mi sento così inutile. Sono un fallimento, mi faccio talmente schifo...>

<Abby>

<come. come riesci ancora a parlarmi, dopo... dopo tutto... se non fosse per me loro sarebbero... sarebbe meglio se fossi morta io al loro posto. non mi stupirei se mi odiassi>

<smettila>

<di fare cosa, di dire la verità? dimmi una sola cosa giusta che ho fatto da quando sono qui. Non ho fatto altro che causare problemi.>

<ti ho detto di farla finita.>

Ormai però ero totalmente fuori controllo, non riuscivo nemmeno a decifrare l'espressione del ragazzo seduto accanto a me, cosa che solitamente mi veniva estremamente facile. Le lacrime mi rigavano il volto, mentre lasciavo anni di rabbia e tristezza repressa fuoriuscire.

<sai una cosa? proprio non ti capisco. Non mi odi nemmeno un po'? Perchè io sì. Io ero lì quando è successo. Petra, Oruo ed Eld erano ancora vivi. Avrei dovuto fare qualcosa! E invece non ho fatto altro che svenire e farmi portare fino alle mura da te. Ma non capisci? La tua squadra è morta per colpa mia! Come fai a non odiarmi?! Te l'ho già detto: se fossi morta io al posto loro sarebbe stato meglio! Probabilmente solo Ray ci sarebbe rimasto male. Sarebbe stato meglio per me, per lei, pero tutti loro, per gli altri soldati e anche per te!>

<FINISCILA>

<finiscila tu di negare l'evidenza!>

<per me non sarebbe meglio. per nessuno sarebbe meglio. credi che Petra avrebbe preferito sacrificare te per rimanere in vita?! CREDI CHE IO RIUSCIREI AD ANDARE AVANTI SENZA DI TE?>

Trattenni il fiato, portandomi una mano davanti alla bocca.

Cosa...? lui... io non...

<Tu non capisci! Perché sei così dannatamene cieca?! Come fai a non rendertene conto?! Io... quando mi hai spinto via, e poi lei ti ha colpito, ho sentito il mio corpo venir attraversato da un lampo, accompagnato da un forte istinto omicida verso quel mostro. Non sentivo una cosa del genere da due anni. Quando sono tornato indietro per prendere quello che credevo fosse il tuo cadavere mi sono sentito mancare la terra da sotto i piedi, mi è crollato il mondo addosso. Forse tu non te ne sei resa conto, ma io ho realizzato in quel preciso istante quanto tu fossi diventata importante in questi fottuti sei mesi.>

Si fermò per riprendere fiato, io ero ancora impietrita. Non l'avevo mai visto così... vulnerabile.

Mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Lui affondò la testa nella mia spalla, mostrandosi debole davanti a me per la prima volta.
Gli accarezzai i capelli mentre degli impercettibili singhiozzi gli attraversavano il corpo.

<io... credevo davvero fossi morta... per colpa mia...> sussurrò lui, ancora stretto alla mia maglia.

<ma non lo sono. sto bene.> replicai tranquillamente, con una mano tra le sue ciocche di capelli neri.

<Ma se tu lo fossi? Sarebbe stata colpa mia. i-io... sono un mostro. Tutti quelli a cui voglio bene muoiono e io non riesco nemmeno a versare una lacrima per loro...!>

Gli presi il viso tra due mani e lo portai di fronte al mio, guardandolo negli occhi vagamente lucidi. Per un attimo mi persi in quelle pozze azzurre, ma riuscii a riprendermi sussultando.

<ehi, non dire così. Tu non sei affatto un mostro. Non so chi te l'abbia detto ma è sicuramente una stupidaggine. Lascia che gli altri lo pensino, se gli va, ma tu sei sicuramente l'ultima persona sulla faccia della terra a
poter essere considerata un mostro. Sei una persona meravigliosa, e fino all'ultimo non hai fatto altro che preoccuparti dei tuoi compagni, mettendo la tua vita all'ultimo posto in scala di importanza. Hai salvato Eren, hai salvato Mikasa. Hai salvato me. E anche solo il fatto che non essere riuscito a salvarli ti tormenti dimostra che tu ci tenga più di quanto tu abbia mai mostrato loro. Io lo so, perché è la stessa cosa che sta succedendo a me. E anche loro lo sapevano. Petra mi diceva sempre che eri una persona meravigliosa, che avevi sempre dimostrato di volergli bene e che da quando ero arrivata io sembravi esserti aperto maggiormente. Tu non hai idea di quanto questa cosa mi abbia scaldato il cuore...> gli sorrisi debolmente <Sai, sono sempre stata abituata ad avere la presenza costante di Ray accanto a me, e la cosa mi ha sempre rassicurata. Gli voglio un gran bene, come lo si vuole ad un fratello. Ma da quando sono qui con voi... è un'affetto completamente diverso. Inizialmente credevo di starmi rammollendo, perché avevo iniziato a provare qualcosa stando con voi. Poi ho realizzato il fatto che erano emozioni. Ed era una cosa che non avevo mai sentito prima. Vi ringrazio. Ti ringrazio, per avermi salvata quel giorno, nel sottosuolo.>

È iniziata proprio lì, la nostra storia. La storia di due ragazzi non poi così diversi, che hanno trovato una famiglia salendo in superficie. Nessuno dei due però dimenticherà mai quel luogo tanto bello quanto crudele, quel luogo dove tutto è iniziato.

Gli asciugai con il pollice quell'unica lacrima che bagnava le sue guance e lo presi per mano, chiedendogli di tornare a letto con un cenno della testa.

Lui annuì e mi seguì verso la mia stanza: non sarei tornata in infermeria.

Una volta aperta la porta fece per andarsene verso la sua stanza, ma gli afferrai la manica della camicia leggera che indossava.

<Levi... ti prego resta con me stanotte. Domani potremo far finta che non sia successo nulla, ma io non credo di potercela fare con...> mi si incrinò la voce, ma, nonostante sembrasse sorpreso il ragazzo entrò nella mia camera.

Io indossavo già la vestaglia di seta bianca lunga che usavo come camicia da notte. Lui rimase in pantaloncini e slacciò due bottoni della camicia per rimanere più comodo.

In silenzio si stese accanto a me e mi circondò la vita con le braccia. Affondai la testa nel sul petto, e con quel profumo di vaniglia che aleggiava nell'aria riuscii, stranamente, a dormire bene, senza incubi.








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spazio della deficiente
rapita da Sangwoo:

QUESTO CAPITOLO
SVAJSBSJSBSK
URLO

HO SCLERATO
MALISSIMO NEL
SCRIVERLO SAP-
PIATELO SBSJSB

E NIENTEH-

adieu, Sangwoo
mi chiama, e le
mie caviglie
doloranti pure
👁👅👁
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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 28, 2020 ⏰

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' 𝙨𝙤𝙩𝙩𝙤𝙨𝙪𝙤𝙡𝙤 ' | 𝗅𝖾𝗏𝗂 × 𝗋𝖾α𝖽𝖾𝗋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora