«Persefone! Persefone!»
La chiamava nell'accecante luce bianca che li circondava, consapevole che lei non sarebbe mai stata in grado di vederlo, mentre la osservava prendere coscienza del mondo in cui era stata catapultata,la veste candida stracciata, i riccioli color dell'argilla ad incorniciarle il bel visetto paffuto. L'Olimpo s'ergeva maestoso attorno a loro, i templi degli dei sbucavano dalle nuvole, ed una grande confusione arrivava dal più grande tra tutti, là dove il potente re viveva, tra le sue saette, sua moglie e le sue amanti, e una grande mucca dalle corna ingiallite dal sole pascolava nel cortile proprio all'entrata del gigantesco monumento; Persefone ne fu chiaramente attratta e, praticamente senza alcuna esitazione, camminò fino a raggiungere il grosso animale, che la osservò con occhi vuoti per lunghi istanti. Sapeva fiutare la paura quando qualcuno ne provava, e poteva dirlo con certezza, la piccola dea della primavera era spaventata dallo sguardo della bestia. La vide salire con timidezza gli scalini del grande tempio, lo scenario mutò rapidamente tutt'intorno, replicando l'implacabile maestosità della residenza di Zeus, affogata nel lusso e nello sfarzo delle offerte dei mortali, che si riflettevano in incredibili specchi dalle mille forme, i quali mandavano sempre un'immagine diversa; uno mostrava Artemide, avvolta nella sua usuale tenuta da caccia, con i capelli sciolti a coprirle parte del viso; un altro ancora rifletteva l'immagine di Atena, che, con occhi attenti e la sua lancia alla mano, scrutava Persefone passarle davanti; in un terzo specchio, si muoveva, tremula, la figura slanciata di Minthe, i cui capelli d'acqua sussurrante erano l'unico vero rumore nel mastodontico corridoio dove la giovane dea si trovava; ed un ultimo, quarto specchio, poco distante da un'alta statua di Zeus, rimandava il volto di Demetra, pacato e sorridente, pronto ad accogliere lo sguardodella piccina.
«Madre?» chiamò quest'ultima, tremante. La sua paura era così grande da destabilizzarlo. «Dove mi trovo?»
Demetra le scoccò un gentile sorriso.
«Sei a casa, fiorellino.»
«A casa? Ma ... »
Una potente scossa fece sobbalzare l'intero edificio, diverse statue crollarono a terra, gli specchi si incrinarono, delle crepe orribili si tracciarono rapide sui loro vetri, corrompendo i volti che riflettevano e tramutandoli in quelli di orrendi mostri dagli occhi di fuoco; alte piante rampicanti emersero dal pavimento, distruggendolo, e si sollevarono fino a raggiungere il soffitto, intrecciandosi rapide attorno a Persefone come a voler creare una gabbia da cui lei non sarebbe mai potuta fuggire. La dea prese ad agitarsi, spaventata, ma più si muoveva, più i rampicanti si stringevano sul suo corpo, arrivando persino ad impedirle di respirare. Il viso di Demetra, ora contorto in un ghigno spettrale,si tramutò in quello di Persefone, riflettendo un'immagine inquietante, cupa, al posto della fanciulla che vi si specchiava: la sua pelle era cucita, i capelli erano scompigliati, una corona di ortiche bruciate le circondava il capo, ed i suoi occhi violetti erano scomparsi, sostituiti da iridi e sclere completamente tinte d'un potente magenta fosforescente, ora unica luce in grado di illuminare la reggia del re degli dei. La statua di quest'ultimo si mosse, afferrando la dea alla vita, un sorriso viscido ad allungare le labbra di pietra quando la sollevò all'altezza del suo viso.
«Sei a casa, Persefone,» ridacchiò il gigantesco essere, spalancando la bocca, pronto ad inghiottirla, «E sei mia.»
Il grido mozzato della fanciulla gli echeggiò nella mente, tutto si fece buio attorno a lui. Il sogno era finito.
Persefone si era svegliata.
Aprì gli occhi senza alcuna difficoltà, la fioca luce delle torce dell'Oltretomba gli diedero la possibilità di ritornare in sé e di prendere coscienza della sua posizione. Come ogni giorno, si trovava sul suo comodo triclinio nerazzurro, sdraiato e con un lungo lenzuolo bianco a coprirgli il corpo, per impedirgli di sentire il freddo di cui spesso erano vittime i sognatori che vigilava; la stanza era completamente deserta, e l'unica presenza all'interno dell'intero Palazzo, da quanto riusciva a percepire, era la sua. Ade doveva essere uscito molto presto, poiché, se non errava, non era ancora l'alba nel Mondo di Sopra. Non se ne fece certo un cruccio, era abituato alla solitudine. Da quando suo fratello Thanatos era stato arruolato come guardia del corpo e supervisore della piccola figlia di Demetra, Persefone, per l'appunto, lui si era spesso e volentieri ritrovato solo soletto, senza compagnia alcuna ad intrattenerlo, e, prendendosi cura del sonno di praticamente ciascun abitante dell'Oltretomba e, da molto tempo, anche dei mortali e degli dei dell'Olimpo, un po' risentiva di quella forzata lontananza dalla società. Non che gli piacesse mischiarsi con gli altri dei, che sia chiaro: odiava la compagnia e spesso era lui stesso ad allontanarsi dagli assembramenti creati da quegli insopportabili esseri caotici che si incontravano per qualche conviviale conversazione solamente per nascondersi il loro reciproco disprezzo, però, al tempo stesso, gli piaceva esservi invitato o cercare di venire coinvolto dagli altri solo per avere l'occasione di dire di no. Era una questione di principio, ai suoi occhi.
Non aveva amici, ma gli piaceva declinare le offerte di coloro che tentavano di ingraziarselo.
Si sollevò con destrezza dal suo giaciglio, si stiracchiò vivacemente, ascoltando con dedizione i cupi scricchiolii delle sue ossa, sorrise tra sé e sé; Ade non avrebbe potuto rimproverargli nulla, questa volta. Da mesi tentava di entrare nei sogni della giovane dea della primavera, ma mai ne era stato capace, trovandosi respinto dalla stessa Persefone, la quale, probabilmente senza nemmeno rendersene conto, aveva attorno a sé una protezione molto potente che allontanava qualsiasi tentativo d'invasione della sua mente; forse Demetra se ne prendeva cura personalmente, si trattava di incantesimi molto antichi che solamente una dea millenaria poteva conoscere. Eppure, quella notte, la barriera eretta a scopo di difenderla s'era incrinata, lasciando libera una piccola crepa attraverso la quale gli era stato facile penetrare nella coscienza della fanciulla e captare le sue più grandi debolezze. Non che la considerasse potente, per carità. Vivendo nell'Oltretomba da un bel pezzo, aveva visto cose che nessuna divinità dell'Olimpo avrebbepotuto anche solo immaginarsi, ed inoltre era anche sposato ad una delle Erinni, una Furia, Alecto, dunque non c'era quasi più nulla in grado di sorprenderlo, ormai; vero era che mai aveva conosciuto un'anima rubata capace di vivere tanto a lungo quanto Persefone, e quel piccolo particolare lo incuriosiva profondamente. Se ne avesse avuto la possibilità, non avrebbe esitato a studiare per bene il comportamento, l'inconscio e lo spirito della dea.
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Melograno
Fantasy«Io credo solamente che tu abbia un grande potere, e che nessuno ti abbia ancora messa alla prova. Scoprirai, con il tempo, che ciò che appari non è necessariamente ciò che sei.» ~^~ Hanno sempre raccontato la nostra versione, ma cosa è successo in...