26 novembre.

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«I hope I’m not a casualty,
Hope you won’t get up and leave,
Might no means not much to you,
But to me is everything.»
 
Truly, Madly, Deeply – One Direction.

26 novembre.
 
«Hey, ti dispiacerebbe passarmi le converse?»
 
Dopo quella lunga e intensa chiacchierata e la passeggiata a cavalluccio, Amber era riuscita ad infilarsi sotto la doccia e a lasciarsi andare sotto il getto freddo dell’acqua.
Aveva passato lì dentro i dieci minuti più lunghi di tutta la sua vita.
Era uscita dal bagno con una tovaglia bianca e soffice che le avvolgeva il corpo e i capelli erano ovviamente spettinati, ma emanavano un dolce odore di vaniglia e mandorla. Forse quello era lo shampoo più buono che lei avesse usato in diciannove anni. Cominciò a frugare tra gli indumenti nel “suo” borsone, ma non trovava niente di carino. Zayn le aveva portato tutti capi abbastanza leggeri e pantaloni fin troppo aderenti, dopo la figura della sera scorsa.
Non poteva biasimarlo, del resto, frugare nei cassetti di una ragazza non è mai stato un compito facile. Alla fine decise di indossare le prime cose adocchiate, si era già stancata di cercare altro, Semplici jeans, aderenti ovviamente, una canottiera celestina e la sua bellissima felpa blu, Zayn ci aveva azzeccato. Quella era la sua felpa preferita. Le scarpe che lui le aveva portato erano blu, Amber poteva sembrare un po’ monotona in fatto di stile, ma il blu era il suo colore preferito. Profondo, dolce e intenso allo stesso tempo. 


 
«Devo proprio?»
«Certo che devi. Renditi utile di quanto tu già non possa essere, signor Gandhi.»
Lo aveva davvero chiamato Gandhi?
Quei due non avevano assolutamente niente in comune, Amber doveva essere ancora sotto l’effetto dei postumi da sbornia. 
Gandhi per lei era una fonte di ispirazione. A chi potrà mai dare ispirazione un ragazzo che si lima le unghie dei piedi e fa le bolle nel latte con la cannuccia? 
Amber amava tutte le citazioni di Gandhi, ma ce n’era una che racchiudeva tutto il senso della vita secondo lei. 


“Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo.”
 
Forse era proprio quello che Zayn stava sbagliando.
Quella che faceva prima non era la sua vita. Era cambiato, ma non nel modo giusto. 
E non era quel cambiamento che lo spettava. La droga, l’alcol, le ragazze, non era quello che lui voleva diventare. 
Non era quello il cambiamento che voleva vedere avvenire nel mondo.
Forse, nel suo di mondo, Zayn non voleva tutte quelle porcherie.
Questo vuol dire che Zayn era cosciente di sbagliare direzione, di cambiare nel peggiore dei modi. Chissà se Zayn avesse incominciato a vedere il mondo con occhi diversi, avesse iniziato a decidere che cosa diventare davvero e come vivere il suo mondo.
 
Sì, Amber pensava decisamente troppo. 
 
«Porca troia, Amber! E’ da tre ore che sto con queste scarpe in mano, ti svegli?» il moro urlò d’improvviso, spaventando Amber immersa nei suoi pensieri.
«S-scusa Zayn, stavo… pensando.» rispose Amber, abbastanza scossa dal tono di Zayn.
Lei afferrò le scarpe, si sedette sul letto e le indossò.
«A che pensavi?» chiese il ragazzo, guardando la rossa allacciarsi le stringhe.
Amber non rispose, teneva la testa china, non che ci volesse concentrazione per allacciare un paio di stringhe.
«Amber, mi ascolti? A che pensavi?» ritentò Zayn.
Nemmeno stavolta Amber parlò, ma si diresse verso la sua borsa. Frugò un po’ lì dentro, fino a che non trovò con un pezzetto di carta e un pennarello nero. Zayn continuava ad osservare in silenzio, non capendo.
La rossa sfilò il tappo del pennarello con la bocca e, mentre lo teneva stretto tra i denti, scrisse la frase sul foglio di carta e lo diede a Zayn.
«Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo. Gandhi.» lesse lui.
«Io.. io voglio che tu lo tenga. Quando non so dove andare a sbattere la testa o quando sono incerta su come comportarmi, leggo questo e poi credo di sapere cosa fare. So che non te ne importerà niente e non so nemmeno perché te lo sto dicendo, ma... voglio aiutarti.» finalmente Amber spiegò a Zayn che cosa stava pensando da qualche minuto con solamente due semplici parole.
«Grazie, Amber.» piegò il foglietto in quattro e lo mise nella tasca posteriore dei suoi jeans.
«Bene, ora che siamo tornati alla realtà… Perchè hai messo nella mia valigia tutti pantaloni attillati? Non farò mai più niente come ieri sera, sappilo.» esclamò furiosa Amber.
Il moro cominciò a ridere. Amber andò dritta verso la borsa di Zayn.
«Mentre tu, magliette a maniche lunghe,» iniziò a ispezionare la sua borsa «baggy jeans, addirittura cappelli di lana e..» all’improvviso vide una scatola nera lucida.
«Questa cos’è?» chiese tirandola fuori. Lo sguardo di Zayn si fece preoccupato.
«Amber Green, mettila giù. Promettimi che non toccherai o vedrai più quella scatola, altrimenti scattano I guai. Mi hai capito?» esclamò Zayn puntando il dito contro Amber e risistemando la scatola sotto i vestiti.
«Okay Zayn, lo prometto.» rispose la rossa.
 
Presero tutte le loro borse e le loro giacche e scesero le scale che li avrebbe condotti nella hall di quel piccolo ma magnifico posto. Alla reception c’era una signora sulla cinquantina, capelli color cenere alla Crudelia De Mon, occhi grandi e labbra contornate da uno sfavillante rossetto Chanel. Amber lo conosceva perché lo aveva identico.
La ragazza stava prendendo il portafogli dalla sua borsa grigia, quando ad un tratto Zayn la fermò.
«Troppo tardi, Green. Conto già saldato.» la anticipò.
«Dio, potevi dirmelo, almeno facevamo a metà e..»
«E’ tardi, Amber.» rispose lui.
«Va bene, ma ti devo un favore.» ammise lei.
 
I due passarono vicino la reception, Zayn rivolse uno sguardo alla signora, mentre Amber si fermò.
«Gran bel posto signora, complimenti. Sono stata alla grande, anzi, siamo stati alla grande. Grazie per la sua ospitalità e..» Amber non fece in tempo a finire la frase che Zayn la prese per il braccio e la strattonò fuori.
«Hey, cercavo di essere gentile.» si arrabbiò la ragazza.
«Dimmi che ore sono.» chiese Zayn.
«Le undici e trentacinque, perché?» chiese.
«Perfetto, siamo in tempo. L’autobus parte a mezzogiorno.»
 
Per arrivare alla fermata degli autobus, Amber e Zayn passarono per un sacco di vie piene di negozi, Dio solo sa quanti erano e quanta roba strana vendevano. A quasi cinque minuti dalla stazione, Amber passò davanti Starbucks.
Le vennero in mente le mattine in compagnia di Beth, i frappuccini, i cornetti caldi, i...
«Cazzo, Beth!» urlò la rossa in mezzo alla strada.
«Cosa?» chiese Zayn.
«Non ho detto nulla a Beth, la mia migliore amica, sono fottuta.» disse mentre si schiaffeggiava la fronte con la mano.
«Sei ancora in tempo per chiamarla, Amber.» Zayn aveva ragione.
 
Arrivati alla panchina della fermata, i due si sedettero in attesa del loro pullman.
Amber prese il suo iPhone. 11.52.
Si sa che gli autobus arrivano sempre con qualche minuto di ritardo.
Prese coraggio e compose il numero della sua amica.
Bip, bip, bip...
 
“Pronto?”
“Beth!”
“Amber, calmati. Sì, sono Beth.”
“Beth, sono fottuta.”
“Come sarebbe a dire?”
“Io, beh, potrei essere nei casini.”
“Nei casini? Amber Green, che hai combinato?”
“Io sono con, con.. Zayn.”
“Ah, quindi tu e lui? Così si fa, Am.”
“Che stai dicendo? Oh, no Beth, non è quello che pensi. Posso spiegarti tutto.”
“Non vedo l’ora.”
 
Amber prese tutto il tempo per spiegare a Beth la situazione e intanto il pullman arrivò. Zayn fece segno col capo alla bionda di salire, mentre lei  stava ancora con l’orecchio al cellulare.
Entrambi si sistemarono agli ultimi posti, Zayn adorava stare dietro.
 
“Dio, Amber. E ora che farai? Dove andrete?”
Già, Amber non aveva ancora chiesto nulla a Zayn riguardo la meta.
Sollevò lo sguardo e sulla locandina digitale davanti a lei, continuava a sfilare la scritta “Londra-Chesire”.
“Andiamo nel Chesire. Non lo so, per ora posso solo riporre fiducia in lui, se mi ha portata con sé vorrà dire che non vuole che mi accada nulla, no?”
“Okay Amber, sto dalla tua parte. Ma se solo quel tipo ti torce un capello, è morto.”
“Sta’ tranquilla, Beth. Fidati di me.”
“Sì, mi fido.”
“Ora, mi devi aiutare davvero.”
“Che devo fare?”
“Chiama mia madre, il numero lo avevo scritto sulla tua agenda, ricordi? Bene, lei dovrebbe stare a Edimburgo, dai nonni. Chiamala e dille che noi due per le vacanze di Natale andiamo in Francia, dai tuoi.. prozii. Se vuole parlare, dille che sono in bagno e di chiamarmi sul mio cellulare.”
“Sarà fatto.”
“Grazie Beth, sei la migliore amica del mondo.”
“E tu la miglior casinista del mondo.”
“Ti voglio bene.”
“Anche io.”
 
Amber era davvero fortunata ad avere un’amica come, non l’avrebbe cambiata per nessun’altra al mondo.
 
***
 
“Ehm, pronto signora Green?” chiese Beth intimorita.
“Sì, chi parla?”
“Salve, sono Bethany, Bethany Smith, si ricorda?”
“Oh, Bethany cara, come stai?”
“Bene signora e lei, come se la passa ad Edimburgo?”
“Beh, è sempre un piacere stare con i parenti. Amber?”
“A proposito di Amber, vede, noi volevamo passare le vacanze di Natale in Francia quest’anno, dai miei zii, a Parigi.”
“A Parigi? Mm, interessante. Beh, avete diciannove anni, siete responsabili, abitate da sole..”
“Quindi, è un sì?”
“Beh, io credo di... sì?”
“Oh, grazie mille signora Green, stia tranquilla, abbiamo già i biglietti, partiremo il due dicembre.”
“Perfetto, ora però potresti passarmi la mia Amber?”
“Ehm, signora, Amber è in bagno ora, può chiamarla dal suo cellulare, se l’è portato lì dentro.”
“Grazie Beth, lo farò. A presto.”
“A presto, signora Green.”
 
 
***
 
Su quel pullman la tensione saliva ogni minuto di più. Le 12.23, sarebbero arrivati tra una mezz’ora.
Amber non era mai stata nel Chesire, ma dalle foto che vedeva su internet doveva essere davvero una forza quel posto. Sembrava tutto così verde.
 
Una vibrazione. Il cellulare di Amber.
La scritta “Mamma” illuminava lo schermo e la foto insieme a lei contornava il tutto.
Ora che ci pensava bene, era proprio vero che loro due si somigliavano molto.
 
“Mamma?”
“Tesoro mio, come stai?”
“Alla grande mamma, tu? E nonno Joe e nonna Lauren?”
“Stiamo tutti bene per fortuna. Bethany mi ha informata della vostra vacanza francese.”
“E tu hai risposto...”
“Sì. Penso che siate abbastanza mature e responsabili per fare questo viaggio. Ti ho accreditato settecento sterline sulla tua carta di credito, mi raccomando spendile con parsimonia.”
“Grazie, mamma. Ti voglio bene.”
“Anche io tesoro, ci sentiamo quando sei lì.”
“Ci sentiamo.”
 
«Hey Zayn, abbiamo incassato altre settecento sterline.» sussurrò la rossa.
«Tu sei pazza.» rispose lui ridendo.
«Mi sa che qui, il pazzo sei tu. Chesire? Che accidenti andiamo a fare nel Chesire?»
«Vuoi dormire gratis sotto un tetto, Green?»
«Ovvio.»
«Allora andiamo nel Chesire, d’accordo?»
«Puoi dirmi almeno chi è?» Amber già pensava ad “un’amica di vecchia data” o qualcosa del genere.
 Il moro prima di dare una risposta sorrise.
«Harry.» disse solo.
«Harry?» ripeté lei.
«Harry.» ribadì Zayn.
 
Sembrava una specie di stupido giochetto, avrebbero passato altri venti minuti a dare tono al nome Harry? Amber non l’avrebbe sopportato ancora per molto.
 
«Beh, chi è Harry?» chiese lei.
 
Zayn, prima di iniziare una delle sue storie complicate, prese fiato.
Preparati, niente di buono, pensò Amber.
 
«Harry Styles è come il mio Beth Smith.» incominciò. «Sette anni fa, frequentavamo il liceo insieme a Bradford, si era trasferito lì da poco. Frequentava anche lui quel giro. Faceva le stesse identiche cose che facevo io. Era il migliore amico di sempre. Dopo due anni appena, ritornò a Holmes Chapel, nel Chesire, dove abitava prima. Ma comunque non si era tirato indietro dalla compagnia, rimanevamo tutti in contatto. Quando cinque anni fa, decisi di lasciar perdere quello schifo, Harry mi appoggiò, nonostante i pericoli che rischiava di correre. Così, tutti e due lasciammo quel posto, ma Harry mi disse che aveva dovuto pagarli caro se voleva essere lasciato in pace, denaro. Così ora non gli danno la caccia, come fanno con me. E’ un luogo sicuro, fidati.»
 
Amber guardò Zayn.
«Perché non li hai pagati anche tu? Insomma, non saremmo qui ora se l’avessi fatto.»
«Sai Green, io non mi abbasso a certi livelli. Pagare vuol dire avere paura, io non ho paura.» rispose guardando fuori dal finestrino una lunga pineta.
 
Ma Amber sapeva benissimo che Zayn aveva paura, anche troppa da quello che si era dimostrato quella mattina.
Ciò non vuol dire che fosse un perdente.
 
Ad un tratto il pullman si fermò. 12.50, erano arrivati.
Zayn e Amber raccolsero le borse e uscirono da quel mezzo che stava per metter loro la nausea.
Stavolta Amber fu più veloce a dare venti sterline all’autista e Zayn le fece l’occhiolino.
 
Era verde, tutto verde. Sembrava uno di quei posti descritti dai fratelli Grimm.
Mentre Zayn faceva l’autostop a qualche macchina che passava di lì, Amber continuava a guardarsi attorno.
Non aveva mai visto niente di più bello.
 
Finalmente il moro riuscì a fermare un’auto grigia, una fantastica Mercedes.
«Serve un passaggio?» chiese la donna.
Zayn sorrise, il sorriso più sincero che avesse mai fatto. 


MY SPACE:

heii.

sono tornata con un nuovo capitolo, spero vi piaccia.

alla prossima. 

PS: 

Se qualcuno ha bisogno di fare copertine o trailer per fanfiction, può contattarmi su qui e anche su twitter con questo nome: @horanchoco. 

Grazie alla prossima. 

twentyfive ➳ z.m.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora