10 - Epilogo

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Leggete l'angolo autrice

Dalla parte in corsivo in poi, molte frasi sono tradotte e mantenute identiche.


Wandervogel - Capitolo 10 - Epilogo


La pistola gira più volte tra le mie mani, come se il suo aspetto mi attirasse maggiormente rispetto alla sua utilità.

Non mento a dire che sono intere ore che la sto osservando, stretta tra le mie mani, come se non l'avessi fatto abbastanza, come se cambiasse qualcosa.

Non parlo solo dell'arma.

Parlo anche di cambiamenti esterni.

Amelia non è tornata.

La temperatura della stanza non si è abbassata.

Continua a fare caldo in questi metri quadrati.

Anche se il freddo, ormai, si è fatto casa dentro di me, abbandonando queste mura e trovando più adeguate alla sua violenza quelle del mio corpo, spegnendomi ogni voglia di fare qualunque cosa.

Non che prima avessi voglia di fare chissà cosa.

Solo che... Avevo voglia.

Almeno volevo fare qualcosa, che fosse una camminata, una tazza di te, provare a scrivere una canzone.

Avevo voglia di riempire questi minuti che mi distanziano dalla fine, volevo colmare quel silenzio attorno a me e far tacere un minimo quel rumore interno.

Invece no.

Ora sono qua, in piedi, con in mano una pistola, senza la voglia di stringerla, senza la voglia di lasciarla, in bilico tra il fare e il non fare.

Non è questione di coraggio o di noia o di paura.

Mi sento come se fossi già morto, senza emozioni, senza piaceri, senza sentimenti.

Osservo l'arma e non penso a nulla.

Assolutamente a nulla.

Stringo l'arma e sospiro, rivenendo nella mia mente, a velocità disumana, tutti i ricordi che la rappresentano, da quando è arrivata a quando mi ha voltato le spalle la prima e ultima definitiva volta, lasciandomi nel mio oblio.

La mano mi trema quando porto l'arma alla tempia e ne sento il freddo della canna che si fa spazio tra i capelli.

Basterebbe un solo colpo e tutto sarebbe finito.

Le possibilità di evitare la morte con un tale colpo sono vicino allo zero.

E nessuno, in ogni caso, riuscirebbe a percepire quest'anima noiosa che abbandona il mio corpo e questa fallimentare vita.

Non ho nessuno che mi ascolta, nessuno che si ricordi di me.

Solo lei è stata una figura umana nella mia vita.

Che descrizione paradossale, ma così vera: si è dimostrata più presente Amelia che chiunque altro io abbia conosciuto in più di vent'anni, attraversando diverse scuole e trovando diverse persone, rivelatesi tutte l'opposto di ciò che mi mostravano.

Si è dimostrata così capace di comprendermi, non solo di riempire questi vuoti mai colmati da amici o familiari, ma è stata in grado di leggermi dentro, di sapere quanto pesante sia il macigno della depressione e quando il silenzio penetri in ogni poro, fino a circondarti il cuore, fino ad annebbiarti la mente e incasinarti, seppur silenziosamente, la vita.

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