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Wandervogel - Capitolo 4


Schiacciato.

Ecco come mi sento solo le loro suole, le loro risate, i loro insulti.
Chiudo gli occhi, sentendo il legno sotto di me scricchiolare pericolosamente e temo davvero possa spezzarsi esattamente come la mia anima e la mia voglia di andare avanti in questa turbinosa vita.

Poi tutto si ferma per un attimo.

Percepisco il ragazzo più grande del gruppo che mi circonda, fermarsi, guardarmi e ghignare malefico, facendo cenno a due che mi stanno vicino ai piedi:

"Sapete cosa? Ho sentito che questo idiota non è in grado di nuotare, non sa fare nemmeno quello."

E ride sguaiatamente, guardandomi schernendo e io tremo internamente: non avranno davvero l'intenzione di farlo?

"Ma davvero?" Risponde un altro, sgomitandone giocosamente due e ponendosi a fianco al mio corpo: "È proprio un perdente sotto ogni singolo aspetto."

Altre risate, mentre io inizio a temere il peggio, soprattutto quando sento due mani afferrarmi saldamente le caviglie.

No.

Non lo vogliono davvero fare...

"Prendiamolo e gettiamolo in acqua, magari è la volta buona che affoga e se ne va."

Tra le risate degli altri, sento il mio corpo venire alzato e a nulla servono le mie lamentele e le mie proteste.

Presto vengo lanciato in acqua, sotto le risate e le prese in giro continue:

"È congelata."

"Che volo che ha fatto!"

"È stato proprio un bel colpo."

Altre risate.

Altre incessanti risate.

Tento, con le poche forze rimaste, di risalire in superficie, afferrando il ponte di legno tra le mie mani, nonostante le mie dita vengano schiacciate con forza, fin troppa forza:

"Addio, stupido idiota."

Risate.

Solo risate.

Riesco a sentire solo quelle, non sento nemmeno i passi e le voci che si affievoliscono, ci sono solo risate. Troppe, fastidiose, opprimenti risate.

Riesco ad afferrare con fatica e dolore l'asse di legno del piccolo pontile, sforzandomi come posso per risalire.
Sputo l'acqua a terra e appoggio sul legno il mio viso, tremando di freddo.

Sento l'acqua congelata entrambi nel corpo, sommata al vento freddo che mi penetra nella pelle. Fa freddo. Fa molto freddo e io faccio fatica a respirare.

Forse è giunta l'ora.

No.

Non posso morire in questo modo e su uno stupido pontile di legno, almeno la mia morte la voglio decidere io, come e quando dovrà avvenire.

Così, con una forza che non pensavo di possedere, mi aggrappo alla mia poca resistenza e, appoggiato un ginocchio sul legno, capisco di essere fuori pericolo, lontano da quell'acqua che pare volermi inghiottire.

Vomito altra acqua, fino a non avere più nulla in corpo, fino a sentirmi completamente vuoto, con male allo stomaco, che mi richiede cibo.

Mi alzo con fatica, traballando, ringraziando di essere lontano dagli sguardi indiscreti delle persone.

Wandervogel | TeduaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora