1. Il mio primo giorno

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"Sam credi che riuscirò a farmi degli amici?" chiesi alla mia migliore amica una volta raggiunta la London High School. Avevo faticato molto per andarci, i miei genitori erano molto contrari.

Qualche mese fa

"Mamma, non puoi farmi questo!" le urlai.

"Tu partirai con noi e verrai in America. Ti piaccia o no!" ribatté.

"Papà, dille qualcosa" chiesi aiuto.

"Piccolina, ha ragione. Pensa a quanto sarà bello vivere lì. Farai tante amicizie ed andrai in una delle scuole più prestigiose di New York" provò a convincermi.

"Ma io non voglio andare. Io ho già Samantha e voglio andare nella sua stessa scuola!"

"Non se ne parla. Tu verrai" continuò decisa mia madre. "Tuo padre ha faticato molto per avere quell'aumento e adesso noi andremo con lui" disse, indicando mio padre seduto sulla poltrona di velluto beige.
Mio padre mi guardò con un'espressione desolata.

Ormai le lacrime avevano cominciato a bagnare le mie guance.

"Fatemi rimanere qui. Mi cercherò un appartamento vicino alla scuola, uno di quelli per gli studenti. Farò la brava, prenderò ottimi voti a scuola, ma per favore, fatemi rimanere qui" tentai un'ultima volta.

"Tu sei pazza, figlia mia!" disse mia madre, enfatizzando le sue parole con un gesto della mano.

"Isabella, ascoltami. Erika è molto responsabile. Sarà capace di cavarsela da sola. E poi c'è mio fratello a Londra. Potremo chiedere a lui di darle ogni tanto un'occhiata..."

'Ah, era ora che qualcuno passasse dalla mia parte' pensai. Guardai con occhi pieni di speranza mia madre.

"Ti chiamerò ogni giorno e se combinerai qualche guaio verrò a prenderti personalmente" disse mia madre, continuando con il suo atteggiamento severo.

"Grazie, grazie, grazie" le saltai addosso cominciando a baciarla sulle guance.

*Fine flashback*

E così ero riuscita a trovare un appartamento abbastanza vicino alla scuola. I miei genitori mi mandavano ogni mese un assegno per poter pagare le rette bimestrali e l'affitto, mentre il resto andava a me per fare la spesa o comprarmi tutto ciò di cui avevo bisogno.

"Io penso che ci riuscirai, Erika" mi rispose, sorridendomi.

"Lo spero" dissi, camminando all'indietro verso il cancello dell'imponente scuola.

Un secondo dopo mi ritrovai a terra.

"Dove guardi, idiota!" mi urlò un ragazzo, mentre si rialzava da terra. Lo guardai per un attimo.  Metteva paura. Aveva i capelli neri come la pece e gli occhi, del medesimo colore, iniettati di sangue. Potevo vedere un'aura oscura attorno a lui. Era spaventoso, ma estremamente bello.

"Sc-scusami. Non ti avevo visto" dissi, cercando di mantenere la calma.

"Sta' più attenta. Non so se sarò così gentile la prossima volta" disse, fulminandomi con lo sguardo e andando via.

Un brivido percosse il mio esile corpo.

"Erika tutto bene?" mi chiese preoccupata Sam mentre mi tendeva una mano per aiutarmi ad alzarmi.

"Sì, sto bene" mi massaggiai il sedere per la forte botta.

"Dai, entriamo" disse, tirandomi verso la scuola.

"Purtroppo siamo in classi diverse, dobbiamo separarci. Ci vediamo dopo" mi salutò, allontanandosi.

"Sì, ciao" ricambiai con un gesto della mano.

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