Scesi le scale lentamente, senza fretta. Guardai la stanza ancora gremita di gente, sembrava che nessuno se ne fosse andato. Tutti ballavano. Nessuno aveva sentito niente, nessuno aveva visto niente. Fuori da quella stanza era tutto tranquillo ma dentro era successo il mondo.
Vidi Calum discutere con Casey, mi passarono davanti non appena scesi l'ultimo scalino di legno. Riuscii a sentire solamente un 'sei uno stupido, è finita'. Passai di nuovo in mezzo a quella folla puzzolente e appiccicosa ed entrai in cucina. Dovevo prendere la borsetta che avevo messo nella credenza dove i genitori di Casey tenevano i piatti, ma una coppietta stava limonando proprio davanti al mobiletto. Toccai un paio di volte la schiena del ragazzo che aveva le gambe della sua presunta fidanzata avvinghiate al suo didietro. Nessuna risposta. 'Sti stronzi.
"Vi levate?!"
Gridai forse un po' troppo forte dato che tutti, in cucina, si girarono verso di me. Scossi la testa e spinsi via la coppietta che si stava facendo beatamente contro lo sportello della cucina. Mi spostai una ciocca di capelli dagli occhi e aprii le ante in legno scuro. Presi la mia pochette e uscii il prima possibile da quell'inferno. Aprii la porta e andai fuori. M'incamminai verso casa con la borsa in mano. Ogni tanto sentivo un dolore lancinante al fianco, come se qualcuno mi stesse pugnalando. Il vento faceva svolazzare il vestito sulle mie gambe.
Era l'una e mezza e nonostante fosse notte, l'aria era bollente. Alzai lo sguardo, il cielo era costellato di stelle. Mi fermai un attimo a guardare la luna piena.
Ho passato un sacco di serate di merda, ma quella sicuramente era la peggiore.*
Il mattino dopo mi ritrovai davanti allo specchio a controllarmi il livido violaceo che mi era comparso sul fianco. Mi abbassai la maglia gialla che indossavo ed allacciai i jeans. Mi pettinai ed afferrai la ciotola stracolma di latte e cereali che avevo appoggiato vicino al lavandino prima di entrare nel bagno. Qualcuno suonò alla porta. Mangiai un boccone di latte e cereali ed aprii. Calum era davanti a me, indossava uno stupido capellino di paglia e un paio di occhiali da sole. Stava lì, con una borsa da mare in mano, come un bambino che aspettava la mamma.
"Allora se pronta?"
Lo guardai dalla testa ai piedi e mangiai un altro boccone. Lo feci entrare e ci sedemmo entrambi sul divano. Continuai a mangiare mentre lui mi guardava, in silenzio.
"Dove dovremmo andare noi due?"
Parlai con la bocca piena, non avevo voglia di aspettare altri dieci secondi per masticare. E poi non me ne importava, Calum era uno dei miei migliori amici, da piccola mi aveva visto cadere in mezzo a una montagna di merda di mucca, non ci fu scena più imbarazzante di quella, perciò non c'era niente di cui vergognarsi nel parlare con la bocca piena.
"Ti porto in spiaggia."
Sorrisi mentre finii l'ultimo boccone. Mi alzai. Percorsi il salotto a piedi nudi, misi la tazza nel lavandino e la riempii d'acqua.
"Hai già tutto pronto?"
Calum si avvicinò a me e mi baciò la fronte. Sorrisi di nuovo e lo abbracciai. Mi strinse a lui, sentivo le braccia avvolgermi tutto il corpo. Le braccia di un uomo stringermi forte, ma non troppo, per non farmi male.
Carter mi abbracciava raramente. L'ultima volta che si avvicinò a me fu il giorno prima, per spingermi per terra.*
Camminavamo uno di fianco all'altro. Avevo deciso di non mettere il bikini. Non volevo scoprirmi, soprattutto non volevo mettere in mostra il mio nuovo ed enorme livido.
Ogni tanto le nostre mani si sfioravano, poi ci guardavamo e sorridevamo come due bambini.
"Mi sono lasciato con Casey."
Mi girai verso di lui. Lo guardai tenere lo sguardo fisso per terra, sul marciapiede. Mi fermai. Feci finta di essere sconvolta, ma sapevo che quei due non erano fatti per stare insieme. Troppo diversi. Litigavano sempre, anche per scegliere il ristorante in cui andare, e poi risolvevano tutto con una fugace scopatina. Ma un rapporto non si basa su questo, pensavano che il sesso potesse eliminare qualsiasi problema.
"Cal, mi spiace" mentii. "Mi dispiace."
Egli mi strinse e mi baciò la guancia. Riprendemmo a camminare uno di fianco all'altra in silenzio. Calum non disse una parola finché non arrivammo.
Erano le undici, la spiaggia era quasi vuota e il sole andava e veniva.
Calum stese un asciugamano blu per terra e ci sedemmo.
"Si ma non me ne frega un cazzo" disse Calum togliendosi la maglia. "Senza offesa, so che Casey è una tua amica."
Scossi la testa e risi. Non me ne fregava un cazzo nemmeno a me.
"Nessuna offesa."
Presi a giocherellare con la sabbia, disegnavo dei cerchietti e cancellavo. Disegnavo e cancellavo. Infilai i piedi tra i microscopici granelli bianchi, li seppellii. Mi lasciai cadere all'indietro, mi sdraiai e Calum appoggiò la testa sulla mia pancia, toccandomi il livido. Saltai in aria, sentii un dolore lancinante provenirmi dal fianco. Bestemmiai e sembrò che il dolore svanì per un istante.
"Ti ho fatto male?"
Feci cenno di no, portandomi una mano sulla pancia mentre Calum afferrò i lembi della mia maglia.
Voleva veder cos'avevo.
"Sto bene."
Cercai di scacciare le sue enormi mani ma non ci riuscii. Mi sollevò leggermente la stoffa semitrasparente della t-shirt scoprendo quell'enorme livido.
"Che cazzo hai fatto?"
Calum sgranò gli occhi, lo guardai. Sentii il respiro farsi più pesante.
Cosa gli dico? Che cazzo gli dico? Sono scivolata ed ho sbattuto il fianco contro lo spigolo del mobile del bagno. Non posso dirgli che è stato Carter, non posso. Lo ammazzerebbe con le sue stesse mani, non posso permettere che Calum venga arrestato, anche perché non avrei il coraggio di andarlo a trovare in carcere.
"Sono caduta" dissi tirandomi giù la maglia. "S-sono scivolata in bagno."
Calum mi guardò, stortò la testa. Sapeva che stavo mentendo, l'aveva capito. Lui mi capiva al volo.
"Come hai fatto?"
Mi morsi il labbro. Guardai una coppia passarci davanti.
Invece quella volta mi credeva, l'unica volta in cui avrebbe dovuto avere dei dubbi, mi credeva.
Davvero, Calum? Allora Casey ha ragione, sei uno stupido!
Mi alzai. Ero davvero incazzata, non so perché, ma lo ero. Ero incazzata da morire, avevo una tale rabbia dentro e solo in quel momento trovai un pretesto per farla uscire. Scrollai la sabbia dai pantaloni e rimasi lì in piedi.
Che cazzo sto facendo?
"Hey dove stai andando?"
Guardai Calum dall'alto, per la prima volta in dieci anni ero io quella più alta. Mi scrollai la sabbia di dosso, passai le mani sui pantaloni che erano diventati bianchi.
"Voglio andare in riva al mare."
Feci i risvoltini ai jeans e mi avvicinai all'acqua. Il mare era mosso perché tirava vento. Guardai un paio di ragazzi che cercavano di prendere qualche onda da cavalcare con le loro tavole da surf. Mi voltai verso Calum, si alzò e rimase in piedi per un po'. Si sistemò gli occhiali da sole sul naso e puntò le mani sui fianchi. Non vedevo i suoi occhi, ma sembrava guardarmi. Mi voltai completamente e gli feci cenno di raggiungermi con la mano.
"Vieni?" gli gridai.
Obbedì e prese a correre verso di me, pensavo volesse buttarmi in mare e mi coprii le mani con la faccia. Ma non lo fece. Sentii il suo braccio avvolgermi le spalle. Mi scoprii la faccia e guardai Calum sorridermi.
"Mi piace quando sorridi" dissi girandomi verso il mare. "Mi piace il tuo sorriso."
Mi diede un bacio sulla guancia come per ringraziarmi del complimento. Era pigro come pochi e anche una parolina avrebbe potuto rubargli le energie.
Prese a picchiettare le dita sul mio braccio, facendo un rumore insopportabile."Mel?" chiese non distogliendo lo sguardo sull'orizzonte. "Ma allora me lo dici come cazzo hai fatto a farti male?"
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Oh buonasera, allora ecco qui il secondo capitolo della fanfiction. Spero che vi piaccia. Commentate se ne avete voglia. Grazie e alla prossima!

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Knockout, c.h
Dla nastolatkówMelissa e Calum, due amici con due storie complicate alle spalle. Paura, violenza e sesso s'intrecceranno alla gelosia e ad uno dei sentimenti più forti: l'amore. Sembra tutto così semplice e invece si rivelerà sempre più difficile di quanto si pe...