Capitolo 1

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Jurgen aprì gli occhi. Ambra era accanto a lui, e si stava faticosamente risvegliando. Si trovavano in una piccola stanza calda e umida, inondata da una luce abbagliante. Impiegarono qualche secondo a distinguere i contorni degli oggetti.

Erano seduti su due sedie accanto ad un letto. Il ragazzo che avevano osservato in quella strada stava dormendo. Sulla testa aveva un casco metallico con collegati dei cavi. Jurgen e Ambra ne avevano uno uguale. Tutti i cavi finivano in una valigetta poggiata sul pavimento, con all'interno un bizzarro agglomerato di componenti elettronici, display e led lampeggianti.

Ambra mosse le mani alla testa, per togliersi il casco.

«Non ancora, Amb.» la fermò lui. «Deve credere che servano a qualcosa.»

«Oh, giusto. Scusa.»

«Ti ci abituerai.»

«Non saremo stati egoisti?»

«Solo per esserci divertiti un po'?»

«Ci siamo dimenticati di loro. Quando abbiamo finito di sbaciucchiarci erano spariti nel nulla.»

«Sta tranquilla. Sono sicuro che sia andato tutto bene.»

Jurgen prese la valigia, afferrò i cavi con noncuranza e tirò verso l'alto. L'intero blocco di circuiti si sollevò come un pezzo unico.

Una luce rossa scaturì dal fondo della valigia, illuminandogli la pelle pallida e disegnando riflessi sui suoi occhiali. Infilò entrambe le mani ed estrasse con delicatezza il suo contenuto. Ambra rimaneva incantata ogni volta nel vederlo.

Era una pietra rossa, della forma e delle dimensioni di un pugno chiuso. Era irregolare e spigolosa. Emetteva una luce pulsante, ritmica, come fosse viva. Ma non era questo ad ipnotizzare Ambra. La pietra, che Jurgen chiamava Stone Heart, levitava sopra la sua mano, ad un paio di centimetri dalla sua pelle, e vorticava su se stessa incessantemente. Ogni volta che Jurgen la usava, la pietra roteava e vibrava per ore. Guardarla metteva inquietudine e angoscia. Ambra aveva la sensazione che la pietra soffrisse. Che si contorcesse dal dolore. Jurgen estraeva un involucro metallico dalla valigia, lo avvicinava alla pietra e questo scattava da solo, immobilizzandola. Questo suo gesto non faceva che aumentare il disagio di Ambra. Le sembrava che la pietra venisse rinchiusa, come una schiava che ha terminato il suo lavoro.

«Lo so che è stupido.» disse Jurgen riponendo la pietra e coprendola con i finti dispositivi elettronici. «Ma dei cavi collegati alla testa sono credibili, una pietra rossa che svolazza no.»

«Hai ragione. Guarda, si sta svegliando.»

Il ragazzo sul letto mosse la testa e aprì gli occhi.

«Buongiorno, Drelyn.» disse Jurgen.

«Mi ricordo tutto!» esclamò il ragazzo scattando in piedi. «Ho visto Kentoria, ha funzionato! Lei era lì e ci siamo parlati e poi»

«Lo sappiamo, stai calmo.» lo interruppe Jurgen sorridendo.

«Non ci posso credere, ce l'avete fatta.» continuò lui. «Io ero felice e lei anche e... Dov'è adesso?»

«Non possiamo saperlo con certezza.» spiegò Jurgen. «Ma se tutto è andato bene, troverai Kentoria in un luogo che in qualche modo è importante per voi.»

«Ma certo, so dov'è! Sì, ne sono sicuro. Ora scusatemi, devo andare.»

«Fermo.» lo bloccò Ambra sorridendo. «Devo toglierti il casco.»

«Oh, giusto, scusate.» mormorò imbarazzato. «Quanto volete?»

«Niente.» rispose Jurgen «Non lo facciamo per soldi.»

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