10• Capitolo

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Non volevo uscire con Ian.

Ma ormai era tardi e quindi non potevo annullare.

Sbuffai, riguardandomi allo specchio. Avevo optato per una maglia senza maniche, stretta in vita e dei pantaloncini larghi con una cinta, tutto coordinato, blu, oro e fucsia. Mi aggiustai un attimo i capelli, legati in una strana treccia, attorcigliata su se stessa. Misi delle scarpe, sempre fucsia, con un tacchetto a spillo. Al tutto abbinai una borsetta oro. Mi truccai solo gli occhi, mettendo un lucidalabbra trasparente.

Appena finii di prepararmi, qualcuno suonò alla porta.

Camminai verso il piano di sotto, perché, anche se bassi, non avrei mai corso con dei tacchi ai piedi. Non sono autolesionista.

Appena aprii la porta, rimasi un minuto buono a fissarlo. Indossava una semplice maglietta grigia, con delle lettere stampate, un jeans nero e degli stivali neri e marroni. Anche se vestiva in modo semplice, era un figo. -Mi fai entrare o no?- alzai la testa per guardarlo. -Eh? Oh, sì, entra...- guardandolo varcare la soglia di casa mia, pensai che, forse, non era poi una così brutta idea uscirci insieme.

Lo guardai di spalle. Diamine se era figo. Mentre iniziai ad abbassare lo sguardo, lui si girò di scatto. Ghignò, guardandomi intenta a fissargli il fondoschiena. -Allora, andiamo? Ho paura che se restiamo qui, finirò stuprato.- diventai rossa e lo fissai in cagnesco. Poi aprii la porta e uscii. -Muoviti o ti lascio qui.- urlai, dopo aver attraversato la strada. Uscì di corsa e, dopo aver lasciato passare un auto, passò anche lui. -L'allarme? Ce l'avete?- annuii e mi schiaffeggiai la fronte. -Aspetta qui.- dissi, e attraversai di nuovo. Dentro casa, misi un codice e premetti un bottone verde, poi uscii di casa. Meglio se tutto ciò finisce subito, io lo odio, mi ricordai, anche se non del tutto sinceramente.

Aprì un auto parcheggiata davanti a noi, un BMW nera. -Muoviamoci.- sbraitai entrando nel sedile del passeggero. -Ai tuoi ordini.- ribattè facendo il giro dell'auto, per entrare.

Dopo aver girato dieci minuti, mi girai a guardarlo. -Dove andiamo? È vicino? Siamo arrivati?-

-Smettila di fare domande o ti imbavaglio.- disse, continuando a fissare la strada davanti a sé. Sbuffai e mi girai anche io, guardando fuori dal finestrino. Era tutto così pieno di luci. I marciapiedi erano colmi di gente. C'erano prestigiatori, musicisti, venditori ambulanti. Poco dopo la macchina si fermò. Con tanti posti a Manhattan, mi ha portata in una discoteca. Mi aspettavo qualcosa di più romantico, mi sarebbe anche piaciuto. Ma non l'avrei mai ammesso. Sbuffai. Si girò a guardarmi, spazientito. -Cosa?!- sputò Ian, uscii dall'auto e mi abbassai all'altezza dello sportello. -Nulla.- e sbattei la portiera. Speriamo che almeno tutto ciò finisca presto. Mi incamminai verso la porta del locale, ma, ovviamente, c'era la fila. Ma non una fila normale, perché occupava tutta la strada e girava l'angolo. Perfetto. Ma ecco che arrivò il cavalier Ian, che magicamente mostrò qualcosa al buttafuori che ci fece entrare senza fare la fila. Le lamentele dei signori di fuori, vennero sostituite da una fastidiosissima musica a palla. -Io torno fuori, preferisco quelli che stanno frignando.- Ian si girò con un espressione confusa. -Cosa?!- lessi il labiale, perché con quella musica non si capiva un accidenti. -Niente.- dissi, cercando di scandire bene con le labbra.

Come riuscire a riassumere la serata in una parola? Impossibile. Sì, perché ne servono almeno due: da suicidio, di merda, orribilmente orripilante...

Dopo due ore e mezza in quel locale avevo solo voglia di tagliarmi le vene.

C'eravamo seduti ad un tavolino, quando mi sentii toccare il braccio. Mi girai. -Mi andresti a prendere un drink?- sbuffai. -Quale?- risposi scazzata. -Sex on the beach. Doppia vodka, niente succo di mirtilli.- sbuffai più forte e andai al bancone. Ordinai due drink, che dopo un quarto d'ora mi furono consegnati, e mi incamminai verso il tavolino. Ma Ian non c'era più. No, lui era accanto alla porta del bagno. Con una ragazza. Mentre le infilava la lingua in bocca. Subito dopo, scivolarono verso il bagno delle donne.

Non dovrebbe importarmi niente, non dovrei starci male, eppure...
Eppure un corno, pensai, lui per me non è niente. Vuole baciare chi vuole? Baciasse chi vuole.

Appoggiai i due drink in un tavolino lì vicino e mi avvicinai al bagno.
Non me ne frega niente, sono impassibile, lui non mi interessa, mi ripetei in mente.

Aprii la porta del bagno, erano vicino allo specchio, davanti ai lavandini.

Troppo intenti a scambiarsi saliva, per accorgersi di me.

Tossii, per fargli capire che non erano soli, e finalmente si degnarono di concedermi uno sguardo. -Che vuoi?!- chiese la mora, evidentemente non contenta della mia presenza. -È un bagno. Dovrei usarlo.- incrociai le braccia al petto. -E usalo.- rispose Ian, gli lanciai un'occhiata omicida. -I vostri gemiti di sottofondo, non aiutano la mia vescica a liberarsi. C'è il bagno degli uomini. Usate quello.- uscirono, e quella fu l'ultima volta che vidi Ian, prima di arrivare alla sua macchina e aspettarlo per tutta la sera.

Dopo due ore passate accasciata sulla fiancata della sua Berlina, il ragazzone di degnò di farsi vivo. -Avevo detto tre cazzo di ore. Cosa non capisci in 'tre cazzo di ore'?!-

Barcollando, arrivò all'auto. Per fortuna non era del tutto ubriaco. Era ancora condizioni normali. -Sali in macchina.- disse, e questa frase segnò la fine della nostra conversazione.

Salii in auto, non ci rivolgemmo parola. Mi chiese soltanto se poteva accendere la radio, e io scrollai semplicemente le spalle. Guardai tutte le luci di Manhattan passarmi davanti, e appoggiai la fronte al finestrino.

Una serata orribile.

Arrivammo davanti casa mia e spense l'auto. Si girò verso di me, guardandomi a lungo. -Ho una voglia matta di baciarti, è normale?- e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Si è baciato con un altra. Mi ha lasciata da sola tutta la sera. Pensa davvero che abbia voglia di baciarlo?! Beh, sì. Ma ero comunque arrabbiata con lui. Non avrei mai fatto la figura della fidanzatina gelosa, quindi non gli esposi tutti i miei problemi. Ma mi limitai ad avvicinare il mio viso al suo. -E io ho una voglia matta di scoppiarti un petardo in faccia, è normale?- sorrisi falsamente e scesi dall'auto, avvicinandomi a casa mia. Mi girai e lo vidi sorridere, alzando un solo lato della bocca. Poi aprii la porta di casa e mi rigirai un attimo, solo per vederlo mettere in moto e sparire.

Maledettamente StronzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora