-Epilogo (pt 1)

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Due anni dopo

"Jeffrey, per la pace del signore, tacete!" Draco si massaggiò le tempie, osservando con cipiglio arrabbiato suo figlio, di appena un anno.

Non smetteva di frignare da quella mattina.

Se avesse potuto, il principe, l'avrebbe fatto tacere a suon di botte.

In tutta risposta, il bambino, urlò ancora più forte, facendo saltare i nervi del principe.

"Maledizione, ragazzino, state zitto!" si alzò dal trono, osservando la moglie che stava inerme, ad osservare fuori dall'enorme finestra.

"Astoria, ve ne prego, potete fare qualcosa per calmarlo?" la donna si mosse impercettibilmente, non rispose.

Il biondo insistette.

"Vi prego, principessa, è vostro figlio."

La mora scostò lo sguardo dalla finestra fino a portarlo sul marito.

Lo osservò con rabbia mista ad odio, come ogni singola volta in cui era costretta a guardarlo.

"È anche vostro. Chiamate la balia." E subito tornò a guardare fuori.

Quello sì, che era un matrimonio infelice.

Lo sapevano tutti, lo percepivano tutti.

Persino Jeffrey, lo sentiva.

Era un ragazzino inquieto, infelice, sempre pronto a dar fastidio e a piangere.

Draco si era sempre ripromesso che non avrebbe mai fatto gli stessi errori dei suoi genitori, con suo figlio, ma aveva capito che era impossibile.

Non riusciva a sentire come suo quel bambino, che era nato da un rapporto senza alcun amore.

Sbuffò, dirigendosi verso la porta principale.

Il bambino, sfortunatamente, gli gattonò incontro, fino ad appendersi alla sua gamba.

Draco lanciò un urlo frustato, agitando la gamba per fargli mollare la presa.

"Jeffrey, mollate la mia gamba, per l'amor del cielo!" si inchinò per staccarlo, ma il ragazzino si aggrappò al suo braccio.

Sembrava farlo apposta, sembrava volerlo infastidire.

"Maledizione, cosa ho fatto di male!" lo prese in braccio, tenendolo ben distante dal suo viso e dai suoi vestiti, dirigendosi poi verso la camera della balia.

Non aveva alcuna intenzione di passarci insieme un secondo di più, gli stava esplodendo la testa.

Non lo voleva quel bambino, almeno, non con la donna che l'aveva messo al mondo.

Non riusciva davvero a credere che fosse suo.

Avrebbe voluto che avesse degli enormi occhi nocciola, dei capelli crespi e gonfi e la carnagione leggermente olivastra, la pelle liscissima.

Ma no.

Era moro, con la carnagione cadaverica.

Gli faceva quasi impressione guardarlo, a volte.

Raggiunse finalmente la stanza appartenente alla balia, aprì senza bussare e poggiò il ragazzino, ancora urlante, dentro la sua culla.

"Vi prego, fatelo tacere. Non riesco neanche ad udire i miei pensieri, per quanto grida."

Il principe sbuffò sonoramente, la balia si inchinò di fronte a lui e prese in braccio il bambino con fare materno.

Il piccolo smise quasi subito di piangere, Draco sentì una morsa stringergli il cuore.

Non voleva essere come i suoi genitori, per suo figlio.

Ma non riusciva ad amarlo come dovrebbe fare un vero padre, ma almeno, poteva dire di non odiarlo come facevano i suoi genitori con lui.

Semplicemente, non lo considerava figlio suo.

Uscì dalla stanza senza voltarsi neanche un volta, tornò alla sala del trono con passo lento e stanco.

Detestava la sua vita da quando era sposato con quella donna che lo odiava dal profondo del suo cuore.

Draco, inizialmente, si era ripromesso che avrebbe provato ad amarla, ma il suo cuore si rifiutava di provare sentimenti per una donna che non portasse il nome di Hermione Granger.

Sbuffò per l'ennesima volta in quell'afosa mattinata di agosto.

Entrò nella sala del trono, sedendosi poi al suo posto.

Astoria non si era mossa dalla sua posizione, lo sguardo ancora fisso fuori dalla finestra.

Draco alzò gli occhi al cielo, portandosi una ciocca di capelli sudata indietro sulla testa.

La porta, d'improvviso, si spalancò e una ragazzina sui quindici anni entrò nella sala con un secchio pieno d'acqua e un canevaccio.

A Draco venne un deja-vu, gli occhi gli si inumidirono, la vista si appannò e il fiato gli si mozzò.

"Cosa ci fai qui?" Draco mantenne il tono duro, nonostante in quel momento avrebbe solamente voluto urlare a squarciagola tutta la sua frustrazione.

La ragazzina si inchinò esageratamente, ricordandogli il povero Philip, che era venuto a mancare pochi giorni addietro.

Secondo i suoi calcoli, infatti, quella doveva essere la sua figlia minore.

"Mi hanno detto di pulire la Sala del Trono per l'arrivo del Re, Vostra Altezza." Draco trattenne le lacrime dentro i suoi occhi, si alzò in piedi e senza ribattere in alcun modo uscì da quella stanza, che nonostante la sua vastità, si era fatta fin troppo stretta per lui.

"Draco, dove state andando? Tra poco c'è il pranzo con i miei genitori!" la voce di Astoria era spenta e per niente interessata, Draco la sentì ovattata e lontana.

Dentro la sua testa, solo un'idea malsana che non voleva proprio andarsene.

The prince and the servantDove le storie prendono vita. Scoprilo ora