Capitolo IV

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Danza la notte tra cieli di piombo.
Che un rombo di tuono li laceri!
Come un pugno nel silenzio.
Noi uomini cupi siamo i più gioviali, perché non abbiamo paura del buio.
Ci vestiamo d'un manto che ci rende umani, reali.
Ci nasconde, ci logora, ci ingloba, ma ci rende vivi, veri.
Quanti falsi Déi, quanti falsi sorrisi.
Quanto finte sono le persone che sono sempre felici, che devono dimostrare al mondo che si amano, che si accettano, che devono dimostrare agli altri che valgono qualcosa.
Che devono costantemente far vedere che sono contente.
Quasi come un morbo compulsivo.
Noi uomini cupi ci accettiamo per ciò che realmente siamo, non rifiutiamo il buio, non accendiamo una torcia, siamo noi la luce.
Ci vestiamo dell'oscurità perché siamo reali, nessuna luce brilla meglio di quella che vive nel buio pesto.
E così le nostre bestemmie sono una preghiera, le nostre sere tristi sono un richiamo alla gioia, le nostre parole pessimiste sono un promemoria per un futuro migliore.
E tra tanti catarri rinfrangenti, siamo noi le stelle che abbiamo scelto di brillare nel freddo, buio, desolato, imparziale universo.
Perché la positività non è mostrarsi costantemente positivi, ma al contrario, è essere se stessi, è accettare ogni sfumatura di quella nebulosa nevrotica che ci inghiotte l'anima.
È danzare nel buio con serenità, morire e rinascere ogni volta che il nostro mondo va a puttane perché non esiste niente che sappia trattenere così a lungo la luce tanto da non premetterle di andare via.
Niente tranne una cosa: il buco nero.
Dobbiamo imparare a essere stelle morenti, così quando non sapremo più fare luce la terremo sempre con noi.
Ho piegato lo spazio-tempo solo per potermi abbracciare, in questo vuoto immenso.

L'amore per la vita è l'unica cosa che avrò per sempre e sempre a lei darò la mia arte.

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