Non poteva fare a meno di sorridere di fronte a quel pubblico così entusiasta all'idea di vederlo.
Le luci della ribalta gli infondevano adrenalina oltre ogni dire; si sentiva attratto da quello stile di vita così movimentato come una falena cerca disperatamente di avvicinarsi alla luce di una lampadina.
Non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe potuto godere di tali attenzioni. Una situazione del genere non riusciva nemmeno a concepirla, eppure eccolo lì, al centro dello stadio abbagliato dai flash provenienti dagli spalti.
Gli dicevano che aveva talento, lo incoraggiavano, lo lodavano, mettevano su poesie e poemi tutti dedicati a lui, perché era diventato per le persone una delle poche certezze nella vita.
Era gratificante vedere i loro occhi splendere al sol scorgere la sua tuta; incoraggiante vedere milioni e milioni di poster con la sua immagine, tappezzare la città come una grande tela bianca dipinta con tutti i colori possibili.
Si mise in posa quando giunse un fotografo dinnanzi a lui: mano a forma di pistola puntata dritta sulla telecamera.
Fece finta di premere il grilletto, e questo bastò a far svenire innumerevoli persone dietro i paparazzi.
Kari rise di gusto.«Kari, vuole lasciarci una frase per tutti i suoi fan in ascolto?»
Il giovane fissò velocemente il microfono sotto di lui, poi pronunciò con decisione.
«Quali parole per il mio pubblico migliore?»Si levarono delle grida confusionarie per lo stadio. Chi lanciava magliette, chi sventolava stoffe e striscioni con il suo nome a lettere cubitali.
D'improvviso giunse il suo manager al suo fianco. Indossava il solito smocking nero per formalità, ma Kari sapeva di trovarsi davanti alla sua solita maschera professionale.«Mi scusi Kari, ma dobbiamo tornare alla limousine. Mi segua».
Prendendolo per entrambe le braccia, lo trascinò delicatamente via dal tappeto rosso che si trovava nel bel mezzo dello stadio.
Inutile descrivere le grida deluse dei fan mentre osservavano, impotenti, la loro celebrità venir portata via.
Arrivati nella galleria sotto agli spalti, Kari sbuffò con disappunto.«Come mai tutta questa fretta?»
«È una questione seria, Eren».
Essere chiamato per nome, poche persone lo facevano.
«Il tempo per le interviste e altri impegni è stato ridotto al minimo, lo sai bene».
Kari voltò la testa a sinistra verso la fine del corridoio; la luce e le urla del pubblico lo investivano come il vento primaverile.
«Fin troppo bene...».«Ne approfitto per avvisarti di una cosa».
Al sentire quelle parole, lui si appoggiò al muretto con poca grazia, incrociando le braccia e infittendo lo sguardo.
«Sentiamo, sono tutt'orecchi».
«Ho lavorato a sufficenza... è giunto il momento di affidarti a qualcun'altro».
«Che cosa hai fatto?», chiese con sospetto.
«Er- Kari, ti presento Levi Ackerman».
Leggeri passi, che fino ad ora non aveva notato, allertarono la mente del ragazzo.
Una figura scura e ben distinta proseguiva a passo sostenuto verso di loro. Non aveva fretta: non ce n'era.
Mocassini neri lucidati al meglio e un tessuto nero come la pece, queste furono le prime cose che vide Kari prima del volto.
Aveva un incarnato molto pallido coperto da piccole linee nere, nonché i suoi capelli corvini.
La prima volta che lo incontrò non fece molto caso ai suoi occhi: avevano un taglio troppo ostile per lui.«Levi non solo ti farà da manager, ma ti terrà anche sott'occhio. Vedi di non farlo arrabbiare», brontolò l'uomo con una mano sui capelli.
L'individuo gli porse la mano, guardandolo dal basso verso l'alto, per l'altezza ovviamente.
«Piacere Levi», disse con falsa piacenza.
STAI LEGGENDO
𝕋𝕙𝕖 𝔾𝕦𝕒𝕣𝕕𝕚𝕒𝕟 𝕆𝕗 𝔹𝕖𝕣𝕝𝕚𝕟
FanfictionIn un universo alternativo Berlino è circondata da alte mura che proteggono i cittadini dai temibili giganti. Ad infondere sicurezza nella popolazione sono anche i Piloti, giovani appositamente addestrati per guidare i Mech, meccanismi somiglianti a...