XI. Senso di colpa

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Urla.

Erano tante, troppe, imploravano aiuto tutte attorno a lui.
Il fragore di un esplosione si propagò nell'aria e a quel punto la folla cadde nel panico, fuggendo in varie direzioni, calpestandosi l'un l'altro.
Eren osservava quel fuoco prendere vita. Fissava la fiamma che si innalzava nel blu notte del cielo, splendendo pericolosamente accanto ai grattacieli.
I vetri lunghi e trasparenti riflettevano quei colori caldi e mortali, accecando chiunque provasse a girarsi per vederne la bellezza struggente, nociva.

«Eren!»

Un altro scoppio, un po'più vicino, più intenso, forse proveniva dall'incrocio lì davanti. Un automobile aveva appena frenato lungo la strada, rischiando di investire il flusso di persone che era andato a formarsi. Percorrevano tutte la stessa direzione: donne, uomini, bambini e anziani correvano disperatamente verso di lui, superandolo e dirigendosi verso il centro della città.
Si stavano tutti allontanando da qualcuno, da qualcosa.

«Eren...!»

Si chiese che cosa lo aveva spinto a venire in quel ristorante. Perché era uscito di casa? Proprio ora che aveva allentato la presa, la corda gli era sfuggita di mano e ora gli bruciavano le mani come se le stesse premendo sul metallo incandescente.
A svegliarlo da quello stato di trance fu Levi, che portò due mani ai lati del suo viso.

«Eren!»

Il castano abbassò lo sguardo verso la fonte della sua più grande distrazione. Che stolto era stato!

«Dobbiamo allontanarci!», gridò Levi, sovrastando gli altri rumori.

Nonostante il mondo attorno a loro stesse crollando Eren lo fissava silenzioso, impassibile. Quando si comportava a questo modo, l'uomo non lo riconosceva più. Era strano, lo era da più di un mese, più precisamente da quando era morto Hannes.

«Te lo avevo detto», sussurrò il ragazzo con sguardo vacuo.

Levi attese, eppure gli risultava davvero difficile viste le vibrazioni del terreno che aumentavano secondo dopo secondo.

«Eren-»

«Te lo avevo detto!», gridò, interrompendolo. Sentiva gli occhi bruciare e i polmoni pesanti come se fossero fatti d'acciaio. «Guarda cosa è successo! Solo perché ho deciso di venire qui!»

«Eren è stato solo un caso, non è colpa tua!»

La celebrità si divincolò, tentando di liberarsi dalla presa salda dell'uomo, ma invano.

«No, ti sbagli! Ho provato a darti retta, ma guarda cosa è successo! Sono stato un idiota...!»

Una limousine parcheggiò bruscamente di fronte a loro, sgommando sulla strada. I cittadini ormai erano tutti scappati in direzione del centro, le strade erano quasi deserte.

Tonf... Tonf...

Levi trasalì.

Erano dei passi quelli...?

«Ragazzi, sbrigatevi!», gridò Floch all'interno della vettura con il finestrino abbassato. Il forte rombo di una moto dietro di loro sovrastò le sue parole, le quali giunsero ovattate e confuse.

𝕋𝕙𝕖 𝔾𝕦𝕒𝕣𝕕𝕚𝕒𝕟 𝕆𝕗 𝔹𝕖𝕣𝕝𝕚𝕟Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora