Ancora una volta si trovava a guardare la tazza con stranezza. Stavolta ne aveva presa una diversa dalle altre, sperava di non trovare il solito volto della celebrità impresso sulla ceramica ed era stato fortunato, se quella poteva definirsi fortuna.
Aprì la porta di vetro facendo attenzione a non rovesciare il vassoio, poi si instradò tra i banchi di lavoro del piano sotterraneo.
Poggiò la tazza sulla superficie.«Non credevo ti piacessero i Pokémon», disse, alludendo alla tazza con Rayquaza dipinto sopra.
Kari sobbalzò, rischiando di far cadere il grimaldello tra le sue mani; aveva detto ad Hannes di buttarla!
«Ehm si, diciamo che mi piacevano...», rispose vago, ma soprattutto imbarazzato, lo sguardo ovunque tranne che sul suo lavoro e l'interlocutore.
«Allora perchè hai ancora la tazza?», insistette Levi.
«Oggi siamo curiosi vedo», sbuffò l'altro, cambiando discorso.
Si alzò dalla sedia e raggiunse la piccola scala dietro il mech.«Anche a me piacciono».
Un rumore effimero e metallico a seguire.
Kari, sopra la scala sul retro del mech, aveva sbattuto forte il capo contro il metallo freddo prima di riuscire ad entrare all'interno.
«Davvero?!», esclamò, una mano a coprire la parte dolorante.
«Si».
A differenza di lui, Levi non aveva peli sulla lingua e non provava certo vergogna nel rivelare che quei mostriciattoli tascabili, in fondo, gli stavano simpatici.«Dimmi, qual'è il tuo preferito?», chiese il castano, estremamente euforico all'idea che al suo manager piacessero i Pokémon: lo credeva più serio.
«Ti piacevano, eh?», lo stuzzicò l'uomo.
«Su su, non fare il difficile!», lo apostrofò il giovane. «Allora?»
«Houndoom. Sempre se ti ricordi com'è fatto...»
«Devo dire che ti rispecchia», osservò l'altro, riuscendo ad entrare nel mech senza ulteriori collisioni.
«Dovrei sentirmi lusingato?», chiese il corvino, sorridendo.
«Si...?», un'altra domanda come risposta, le labbra all'insù.
Tirando alcune leve, il robot si accese, e il ragazzo lo fece avanzare di qualche passo per testarne il funzionamento.
Provò anche a muovere gli arti, notando con grande soddisfazione di aver aggiustato ogni tipo di problema.
L'assistente si scansò di qualche metro per evitare di essere schiacciato vivo e si mise a fissare, affascinato, l'aggeggio.«Noti qualcosa là fuorì?!», gridò lui con voce ovattata; nel mentre stava provando qualche gancio e pugni a ripetizione.
«No, nulla. Sembra funzionare».
«Molto bene».
Il castano spense il sistema, poi piombò giù dalla botola sul retro compiendo un salto di ben 4 metri.
Quando si rialzò, Levi, con occhi leggermente sgranati, vide che si stava massaggiando una gamba.«Scemo!», lo rimproverò. «Aspetta almeno che ti porti scala!»
«Non ci saranno scale durante il combattimento!», rispose piccato l'altro, avvicinandosi al tavolo. «Devo fortificare le gambe».
«Finirai per fratturarti un osso», sostenne preoccupato l'uomo.
«Non se sò come cadere».
Kari bevve avidamente il contenuto della tazza come se avesse trovato dell'acqua nel deserto; un rivolo scivolò lungo il suo mento e Levi pregò tutte le divinità esistenti affinché l'altro non notasse il suo sguardo rapito.
Il rumore improvviso della ceramica poggiata fu un ottimo deterrente.
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𝕋𝕙𝕖 𝔾𝕦𝕒𝕣𝕕𝕚𝕒𝕟 𝕆𝕗 𝔹𝕖𝕣𝕝𝕚𝕟
FanfictionIn un universo alternativo Berlino è circondata da alte mura che proteggono i cittadini dai temibili giganti. Ad infondere sicurezza nella popolazione sono anche i Piloti, giovani appositamente addestrati per guidare i Mech, meccanismi somiglianti a...