IV. Alba, tramonto e crepuscolo

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Il sole irradiava i palazzi di Berlino come un annaffiatoio. L'aria fresca e pura che si percepiva a quell'ora era una toccasana per Levi.
Il freddo pungente lo teneva ben sveglio, e con il suo solito completo non sentiva nemmeno i brividi.
Appoggiato al veicolo parcheggiato sulla via, attendeva pazientemente l'arrivo del ragazzo e il suo, quasi, ex manager; ormai mancava solo una settimana.

La sensazione che provava il corvino era un misto di felicità e tensione. Era intrepido all'idea che la sua carica sarebbe diventata ufficiale tra 7 giorni, ma questo significava anche l'arrivo di un giorno che sperava con tutte le sue forze di ritardare.
Era destino, a quanto pare doveva rimanere tutto com'era.
Quando vide due sagome uscire lentamente dal portone della grande casa, si sistemò le vesti e si preparò ad aprire la portiera come da manuale.

«Senti, va bene così», sbuffò Kari mentre saliva a bordo sotto lo sguardo attento di Levi. «Parliamo dei Kirschtein! Non delle industrie Smith».

«Ma si tratta comunque di un incontro importante», ribatté l'uomo sul posto accanto al guidatore.

«Per quanto mi riguarda è solo un incontro tra amici e colleghi», precisò il ragazzo a braccia conserte, lo sguardo altrove a perdersi nel giardino di casa sua.

«Come vuole sua maestà!», esordì Floch accendendo il motore, i suoi occhi ilari a guardare il viso alterato riflesso nello specchietto.

«Ah, fanculo».

La vettura partì senza ulteriori indugi.
Levi, a dispetto degli altri, aprì il finestrino trovando un po'di sollievo nel vento freddo che gli paralizzava il viso. Un garrito acuto si propagò nell'aria e allora aprì gli occhi, osservando le miriadi di gabbiani lungo il fiume danzare nell'aria come foglie cadute da un ciliegio.
Percepì il suo sedile affondare, un peso estraneo prima assente; quindi sgranò gli occhi, convinto che Kari fosse lì a due centimetri da lui.

«Sono aumentati!», notò con sorpresa il castano, il suo fiato che gli accarezzava l'orecchio sinistro.

«Si, devono essersi dati da fare!», rise sguaiatamente Hannes.

Kari roteò gli occhi tornando al suo posto con un tonfo; Floch che scuoteva la testa in ambe le parti, sorridendo.

Ben presto - al posto della brezza primaverile - si fece strada il puzzo delle strade e il gas delle macchine, costringendo l'uomo dal taglio militare a chiudere il finestrino.
Provò a godersi il panorama, ma quel giorno gli risultava parecchio difficile.
Si voltò, cercando il volto della celebrità tra le ciocche marroni, ma nulla. Kari teneva il gomito poggiato sulla portiera e la guancia premura contro il vetro dell'auto, l'unico dettaglio che l'altro riuscì a scorgere fu il suo piccolo naso a punta.

Dando uno sguardo al resto dei presenti, Levi sentì nuovamente il cuore riempirsi di gioia. Era piacevole quel calore al centro del petto, e non era la prima volta che lo avvertiva in quella settimana.
Sembravano una famiglia di quelle che si vedono nei film, felici, spensierate, perfette.

«Qualcuno vuole delle fragole?», domandò Floch, svoltando a destra vicino al mercato.

Il manager dai folti capelli biondi strabuzzò gli occhi, saltando da una bancarella all'altra con avarizia. «Potremmo prenderle per stasera», propose, adocchiando un tendone di antiquariato.

«...Io non ho obbiezioni».

Levi si accorse subito del cambio d'umore del suo protetto; tutto ad un tratto più vivace nell'immaginare di gustare quella frutta rossa.

«Ci posso passare io dopo l'appuntamento predisposto- ma che diavolo fa questo?»

La zazzera rosso fuoco si mosse bruscamente al tocco del freno.
L'auto si fermò appena in tempo, evitando di investire un ragazzo in bicicletta.
Floch non esitò un solo secondo a premere il clacson con decisione.
Bah, i giovani d'oggi! Si disse.

𝕋𝕙𝕖 𝔾𝕦𝕒𝕣𝕕𝕚𝕒𝕟 𝕆𝕗 𝔹𝕖𝕣𝕝𝕚𝕟Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora