XIII. Eterna attesa

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L'attacco dei giganti alla città di Berlino aveva riportato numerosissimi disastri.
La maggior parte della popolazione era stata portata nella piazza principale, limitando le morti. Purtroppo, il rifugio sotterraneo creato da Erwin Smith - un tempo generale di una fazione dell'esercito e ora a capo di alcune industrie a suo nome - non era stato sufficientemente capiente per un tale numero di persone, ma fu comunque apprezzato e lodato da molti.

L'invasione era stata dovuta ad una breccia nelle mura, le quali avevano improvvisamente ceduto dopo un mancato controllo di manutenzione.
L'avvertimento era giunto in tempo per avvisare la milizia, ma per mobilitare tutti i civili no.
La torre della televisione - una delle principali antenne per le trasmissioni, nonché famosa meta turistica - era crollata, spargendo il panico, così come musei e palazzi.

E ora, a tre settimane circa dall'attacco, le persone cominciavano a rilassarsi e tornare alle proprie abitudini; tutte tranne una in particolare...

***

Si sà d'altronde, no?
È come capovolgere una bottiglia.

Tu speri di svuotarla in fretta, invece le gocce proseguono una dopo l'altra nella loro straziante caduta, lenta e nociva.
Avrebbe tanto voluto farla a pezzi, Levi.
Pregava che qualcuno la rompesse, la gettasse via, ma non sarebbe arrivato nessuno a farlo.

Doveva sopportare tutto da solo, come aveva sempre fatto.

Per qualche strano motivo ricordò l'Inghilterra: la tomba di sua madre, l'assenza di suo zio, unica figura paterna presente, e poi la solitudine.

Cos'altro voleva portagli via la vita oltre alla famiglia?

I suoi occhi caddero sulla fasciatura che si intravedeva sotto il collo del ragazzo, vicino alle clavicole. Il suo corpo era inerme, privo di sensi e quasi di vita, mentre quel tubicino azzurro sotto il naso gli consentiva di respirare ossigeno senza eccessivo sforzo.
Il petto si sollevava ad intervalli regolari, dimostrando che quel fuoco non si era ancora spento.

Per poco.

A Levi venne da piangere.

Quando lo avevano portato all'ospedale, gli avevano detto - poco prima dell'operazione - che gli era finito un proiettile nel petto, all'altezza del cuore, allora la sua ansia aveva preso il sopravvento, portandolo quasi ad aggredire un infermiere pur di entrare in quella sala operatoria.
Che cosa sarebbe successo se per puro caso Jean non fosse riuscito a tirarlo fuori dall'acqua del fiume? Che cosa gli sarebbe successo nel vedere il suo cadavere coperto da un telo nero? Che cosa sarebbe successo?

Non voleva saperlo. Si sentiva solo graziato da chissà quale stupida divinità, la quale aveva deciso di risparmiargli quella ulteriore bruciatura nell'animo.
Ora si trovava lì, accanto ad un Eren in coma che aveva rischiato la sua stessa vita per proteggere la città.

L'istinto gli diceva di alzarsi e buttarsi su di lui, stringerlo tra le sue braccia e sussurrargli parole dolci, certo che potesse riprendersi in questo modo; la testa invece gli intimava di rimanere seduto e guardare immobile la persona a cui aveva dedicato il suo cuore e a cui avrebbe voluto dedicare il proprio corpo.

Strinse la copertina del libro. Non sapeva perché lo aveva portato, non una singola pagina era stata letta da lui né sfogliata. Forse non voleva che la gente lo considerasse un pazzo, visto che aveva intenzione di rimanere ad osservare il ragazzo fino al momento in cui i suoi occhi si fossero magicamente riaperti.

Erano passate più di 2 settimane fottutamente lunghe, durante le quali il suo cuore non aveva fatto altro che frantumarsi pezzo per pezzo.
Non aveva nemmeno più le forze per raccoglierne i cocci, certo che nemmeno il più all'avanguardia dei rimedi avrebbe potuto far risorgere il suo animo. Forse due occhi verde smeraldo sarebbero stati in grado...

𝕋𝕙𝕖 𝔾𝕦𝕒𝕣𝕕𝕚𝕒𝕟 𝕆𝕗 𝔹𝕖𝕣𝕝𝕚𝕟Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora