ALEX'S POV
Eravamo a New York da qualche mese ormai, ero riuscito a trovarmi un lavoretto per permettere a Maia di continuare ad andare a scuola per un po' , le avevano diagnosticato la dislessia e l'iperattività , quindi veniva cacciata spesso e gli insegnanti privati scappavano in continuazione .
Eravamo vicini al campo, ma non volevo portarla lì, io non avrei più potuto badare a lei , che era ancora piccola per vivere la sua vita da sola. Anche io lo ero , ma ero dovuto crescere in fretta per fare da madre e padre alla mia sorellina, non avrei mai voluto che passasse la mia stessa adolescenza , da solo e senza nessun punto di riferimento a cui affidarmi. Ero appena tornato dal lavoro e stavo ordinando una pizza mentre aspettavo che Maia tornasse da scuola. Composi il numero che ormai conoscevo a memoria, non ero un ottimo cuoco, anzi non riuscivo nemmeno a preparare qualcosa di semplice senza far esplodere la cucina . Maia entrò sbattendo la porta , quel giorno indossava un maglione bordeaux e dei leggins neri, gli stivali neri erano ormai tutti rovinati ma si ostinava a indossarli lo stesso. Lanciò lo zaino a terra e sbuffando si buttò sul divano , incrociando le braccia dietro la testa . Mi vide al telefono e restò in silenzio finché non attaccai.
< tra dieci minuti arriva la pizza, sono tornato adesso dal lavoro.>
Le dissi sedendomi accano a lei.
< fantastico, sto morendo di fame e oggi pomeriggio devo uscire a fare delle cose .. >
Parlò rimanendo sul vago, come per convincermi a lasciar perdere l'argomento. Ultimamente era fatta così, era sempre più chiusa in se stessa perché non accettava il nostro trasferimento a New York, la scuola era un disastro e non conosceva nessuno. Il nostro legame si affievoliva perché stavo poco tempo in casa , quando lei era a casa ero al lavoro o viceversa .
< ti hanno espulsa di nuovo? >
Chiesi preoccupato, era già la terza volta, non sarei riuscito con facilità a trovarle un'altra scuola da frequentare e tantomeno un altro insegnante privato.
< ma non è stata colpa mia! >
Urlò alzandosi in piedi, tirò un calcio allo zaino , il quale era aperto e quindi tutti i libri che conteneva si sparsero sul pavimento del monolocale .
< Maia , mi costringi ad andarcene di nuovo. così non possiamo andare più avanti>
Dissi cercando di rimanere impassibile , non volevo lasciarla li da sola ma era l'unica possibilità di tenerla al sicuro dal mondo che ci stava pian piano inghiottendo.
Andò in camera sua e si preparò la valigia senza dire nulla , dopo mezz'ora era ferma sul ciglio della porta , le braccia incrociate sul petto e un espressione accigliata sul viso pallido .
< dove mi porti stavolta? >
Chiese rassegnata , non poteva far altro che seguirmi, perché ero tutto ciò che aveva, eravamo gli ultimi due Nightstorm sulla faccia della terra .
< non lo so nemmeno io, ma lo scoprirò presto. >
Successivamente contattai Mick , il satiro che teneva d'occhio mia sorella a scuola e quando era in giro, per evitare che combinasse troppi guai. Arrivò all'appartamento pochi minuti dopo e tutti e tre salimmo su un taxi , diretto alla foresta di Long Island . Appena mettemmo piede nel bosco , sentì una sensazione di pericolo, notai che anche il satiro era preoccupato e senza che avessi il tempo di chiedergli il motivo se la svignò dandoci qualche informazione confusa prima di scomparire nel bosco . Camminammo per qualche ora senza sosta, anche se il paesaggio era completamente casuale, sembrava di star girando in tondo senza meta. All'improvviso una creatura ci si parò davanti , era una specie di puzzle composto da pezzi di animali diversi, se non ricordo male si chiamavano chimere. Ci guardò minacciosamente conficcando gli artigli nel terreno .
D'istinto spintonai Maia dietro alcuni cespugli, pensai prima a lei e dopo a me , estrassi il pugnale mentre lei mi guardava , sentendosi impotente e inutile. A quel punto la creatura mi attaccò , sentì i suoi artigli graffiarmi la spalla e vidi la mia giacca tingersi pian piano di scarlatto . Radunai tutto il coraggio che avevo in cuore e mi lanciai all'attacco , cercando di colpire il mostro al petto, ma la creatura con una zampata parò il colpo, prendendo in pieno il mio polso, che pulsava dal dolore. Soffocai un urlo e premetti la mano sull'articolazione dolorante , cercai di non far caso alle ondate di dolore che pervadevano il mio corpo , lanciai il pugnale di bronzo celeste al centro dell'addome della chimera ma prima che essa si disintegrasse i suoi artigli si conficcarono nella mia carne e caddi a terra mentre la mia maglietta si colorava di rosso attorno alla ferita . Sentì Maia avvicinarsi , si chinò su di me e le sue lacrime mi bagnarono il viso , non volevo che finisse così , non avrei mai voluto lasciarla .
< Alex.. Non puoi andartene.. Ti prego >
La sua voce era rotta ormai in mille piccoli pezzi , che come vetro le aprivano innumerevoli taglietti sulla pelle sottile come carta velina .
< Maia..>
Ogni parola mi bruciava dentro e accendeva un piccolo fuoco che divampava amplificando l'intenso dolore al petto.
<ti prego... >
Le lacrime le rigavano il viso di porcellana, la sua maschera da ragazza forte iniziava ad avere le prime crepe, lentamente si stava disintegrando, il guscio che la proteggeva ormai era solo un ricordo. Con un doloroso gesto feci scivolare il pugnale di bronzo celeste vicino a lei.
< tienilo tu.. Usalo per proteggerti.. Non dimenticare.. >
Ogni secondo che passava la vita che rimaneva in me usciva, tra poco il mio corpo inerme sarebbe stata l'unica cosa a rimanere.
Maia annuì lentamente mentre le lacrime non finivano di scendere , ormai le mie lacrime di erano unite alle sue .
< Alex..>
Sussurrò, ma subito i miei occhi si chiusero e non si riaprirono mai più .
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Daughter Of Poseidon
FanfictionDal giorno della scomparsa di sua madre, la vita di Maia è diventata un vero e proprio inferno personale. Un padre inesistente, un fratello maggiore a crescerla, una madre dalla fine misteriosa; Maia non sa più cosa aspettarsi dal Fato. Peccato che...