Io non credo all'amore
come forma di assoggettamento dei propri simili.
Neppure come prevaricazione
o possessione.
Bensì come complice intesa
in cui chiunque apra il suo cuore
consapevolmente permette
all'amato di calpestarlo.
Amore è sentire il fisico bisogno
della vicinanza altrui,
come se i due organi vitali non fossero in grado di battere ed adempire alle funzioni a carico di esso,
se allontanati.
Non è forse, voler consultare costantemente l'altro,
affinché ci consigli e guidi,
per conformarci al suo essere?
Vogliamo apparire perfezione
e non fare altro che solleticare
il collo della felicità insieme.
Non possiamo affogare due dita nell'acqua
senza la sicurezza di sfiorare
intrecciarle
perché tutto ciò che era comune e naturale,
dopo averti incontrato,
diventa come nuovo, magico.
Amore è vedere con occhi scintillanti,
quello che fino ad un istante prima, non sollecitava neppure il nostro interesse.
È amore solo se, rivaluti te stesso,
in funzione
di chi ha dominato violentemente la tua psiche e l'ha fatta sua.