Un bambino alla porta

567 43 25
                                    

Il cielo di Londra era nuvoloso e carico di pioggia.

Mycroft tentennava, aveva letto le previsioni del tempo e non promettevano nullo di buono. Non amava bagnarsi e soprattutto compromettere il suo costoso abbigliamento. D'indossare l'impermeabile non voleva sentirne parlare, era un capo che non portava volentieri. Così lasciò passare metà mattinata annoiato, mentre si preparava la colazione rigorosamente light.

Perse alcuni minuti nella scelta del completo tre pezzi da indossare, stavolta lo scelse di colore scuro, vista la giornata. Optò per la decima cravatta a destra, delle settanta, tutte allineate in base al colore. Poi passò agli accessori, gli scelse con cura. Il solito rituale insomma: orologio da taschino e fermacravatte.

Non poteva sospettare che quella sarebbe stata la sua ultima giornata da uomo libero e solo.

Sentì battere alla porta, una cosa insolita per quell'ora, si avviò a vedere chi fosse. Prima per sicurezza prese il suo ombrello da difesa. Qualcuno continuava a bussare con insistenza, ma Mycroft non riusciva a vederlo dallo spioncino.

"Chi è? Fatevi vedere."

"Signore, per piacere, cerco una persona." Era una voce infantile, riuscì a intravvedere una manina che agitava un foglio.

Mycroft rassicurato e molto incuriosito aprì la porta.

Si ritrovò davanti un bambino di circa sette anni, magro, con i capelli mossi e neri. Gli occhi grigi e vispi. Aveva uno zainetto sulle spalle. Era decisamente sporco e provato. Aveva in mano un foglio sgualcito che porse a Mycroft che si chinò per prenderlo.

"Chi cerchi, ragazzino? E dove sono i tuoi genitori? " Holmes arcuò le sopracciglia sorpreso, si guardò intorno.

"Cerco mio padre, signore. La mia mamma è morta l'altro giorno e mi ha dato questo indirizzo, dove lo avrei trovato. Lo conosce? Il suo nome è scritto lì." Indicò il pezzo di carta, mentre lo guardava serio e sospettoso. La voce un po' incrinata.

Mycroft aveva il cervello in fiamme, presagiva guai a non finire. Elaborava velocemente fissando il piccolo davanti a lui. Sembrava essere la sua esatta copia. Si decise a leggere il foglio. Come si aspettava ci trovò scritto il suo nome. Mycroft Alexander Holmes. Con allegato l'indirizzo esatto della sua casa. Non respirò per alcuni secondi, ma vedendo il bambino stanco che lo fissava turbato, decise di rifocillarlo.

"Vieni, credo di conoscere chi stai cercando. Tu come di chiami? E da dove vieni? " Lo guidò con gentilezza dentro casa cercando di non intimorirlo.

"Mi chiamo Miles Alexander Scott Devon. Come mio padre e mio zio, la mamma mi raccontava che portavano questi nomi. Vengo da Edimburgo, lei mi aveva insegnato a prendere l'aereo per venire a Londra. Ho una lettera per mio padre, che devo dare solo a lui." Fu categorico, scosse la testolina riccia,  sembrava stanco e turbato. Holmes prese lo zaino dalle sue piccole spalle, con le mani che tremavano, e lo appoggiò sulla poltrona.

"Vuoi mangiare qualcosa? Non sei affamato?" Mantenne le distanze, ma fu cortese.

"Non posso signore, devo cercare mio padre! Mi dica dove posso trovarlo! Lei ha detto di saperlo! "

Miles aveva gli occhi lucidi, la vocina rauca ed era visibilmente stanco. Mycroft fece un lungo respiro inghiottendo più aria possibile.

"C'è l'hai di fronte. Almeno secondo quello che c'è scritto nel tuo foglio. Io sono Mycroft Alexander Holmes."

Si studiarono entrambi: Da una parte il British Government che cercava di mantenere un distaccato aplomb, e dall'altra il bambino, che rimase attonito per un lungo minuto.

Un papà speciale per Miles Holmes.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora