Sogno d'una notte di mezza estate

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Emma tornò a casa dopo un sosta veloce al supermercato e pranzò tenendo i libri per il prossimo esame sul tavolo per studiare. Dopodichè decise di andare e leggere nel grande parco a qualche chilometro da casa, e in un pomeriggio terminò l'intero libro.

Tornò in biblioteca il giorno seguente di mattina presto e optò d'istinto per Molto rumore per nulla. Non resistette alla tentazione di guardare il codice dell'affittuario precedente a lei. Era lo stesso delle altre volte.
A lezione non pensò ad altro che a quello. La professoressa parlava di qualcosa a proposito dell'apparato digerente della balena franca australe e lei pensava solo a quella persona che prendeva i libri prima di lei. Ogni singola volta, perfettamente prima di lei, li riconsegnava giusto poche ore prima che lei si recasse in biblioteca.
Era strano. Decisamente strano.

Ma il meglio doveva ancora arrivare.

Quella sera, dopo una lunga giornata di studio e di lavoro al chiosco, Emma si coricò già pregustandosi i versi di quella nuova commedia shakespeariana. Ma quando aprì il libro, qualcosa che si trovava tra frontespizio e copertina cadde sulla sua pancia. Emma lo prese lentamente fra le mani mentre si tirava a sedere sul letto. Era una banalissima metà di un foglio bianco A4 piegata su se stessa. La ragazza fremeva dall'emozione. Si disse che poteva essere qualunque cosa, il codice del libro nella precedente libreria, il foglio che qualcuno usava come segnalibro, poteva essere perfino una lista della spesa che qualche sbadato aveva lasciato nel libro.
Ma piano piano che lo apriva era sempre più sicura che si trattasse di qualcosa di più importante.
Come non detto, era solamente un numero di quattro cifre, come previsto, un codice di una precedente libreria.
Emma riprese la lettura. Ma non assaporò i versi come era solita fare, era troppo delusa, anche se non l'avrebbe mai ammesso a se stessa.
La lettura scorse veloce e quasi noiosa, fino a pagina trentaquattro. Fu lì, che voltando la pagina, Emma si trovò davanti a un altro biglietto. Era completamente diverso dal precedente, era un post-it, una scelta molto più appropriata rispetto al foglio, che evitava la caduta del messaggio attraverso la parte adesiva. In più non creava spessore nel libro e perciò poteva passare, da fuori, totalmente inosservato.
Era scritto con una penna nera che lasciava molto inchiostro, dal tratto sembrava quasi una penna stilografica. Il che era particolare e soprattutto in contrasto con la scelta molto più moderna del post-it. Già a prima vista Emma riconobbe la citazione da Romeo e Giulietta.

Quale tristezza allunga
le ore di Romeo?
Il non avere quello che,
avendolo, le accorcia

                         Tuo,
              Shakespeare

Questo era tutto ciò che il biglietto riportava. Ma era abbastanza da alimentare al massimo l'entusiasmo e la curiosità di Emma. Al di là della citazione, la colpì in modo particolare la firma: "Tuo, Shakespeare".
Quel biglietto, si disse, apparteneva sicuramente alla persona che prendeva in prestito tutti i libri subito prima di lei. Ma era possibile... era possibile che il biglietto fosse destinato a Emma? Ma no, si rimproverò la ragazza, tutte false speranze, illusioni. Sarà solo un promemoria di una citazione che il lettore amava particolarmente.
Ma c'era quella firma...
Riportando quella firma, il biglietto poteva essere soltanto indirizzato a qualcuno.
Fu con questo pensiero fisso in mente, che Emma si addormentò.

 

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