All the roads that lead you there were winding

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I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
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–THE WILD ROVER–

CAPITOLO 6
All the roads that lead you there were winding


Non si videro per due giorni.
O meglio, Harry era a conoscenza di dove Draco si trovasse, ma non lo aveva mai più forzato alla sua presenza.
In quei due giorni Harry era spesso tornato al quartiere magico e, sotto mentite spoglie di tale Julian, aveva colto l'occasione anche di fare qualche scorta di pozioni e ingredienti. Nel quartiere Babbano, invece, aveva provveduto a procurarsi una piccola spesa per una settimana. Non sapeva ancora quanto si sarebbe fermato lì, ma era un bel posto. Tanto valeva rimanere a riposare un poco, dopo due mesi di cammino.
C'era la baia, il porto, posti da visitare, una buona vita sociale, una bella comunità magica – folletti ubriaconi a parte – e... beh, c'era Draco.
Harry si era reso conto fin troppo presto quanto la sua compagnia gli mancasse. Avevano trascorso meno di una settimana l'uno attaccato all'altro, eppure già poteva avvertire la sua assenza. Era stato così facile affezionarsi a quel maledetto bastardo! Quel suo modo di alzare gli occhi al cielo, l'ironia pungente, i silenzi densi, il suo modo di chiamarlo "Potter" con quell'accento così schifosamente del Wiltshire. "Pottah, non essere ridicolo", "Pottah, cos'hai da fissarmi?", "Pottah, sei una causa persa!" e una lunga serie di frasi a ripetizione.
Possibile che stesse sentendo la mancanza di Draco Malfoy? Possibile, sì. Specialmente da quando aveva appreso che Draco Malfoy fosse ben diverso da come ricordasse.
Si era aperto con lui, gli aveva confidato dei segreti, avevano riso e scherzato insieme, avevano bevuto insieme. Avevano persino dormito nello stesso letto, dannazione! Era ovvio che sentisse la sua mancanza... no?

Tuttavia non voleva forzarlo, non dopo l'ultima amara discussione. Draco gli aveva detto che preferiva tenersi alla larga da tutto ciò che gli ricordasse la magia e, beh, lui era l'Eroe del Mondo Magico. Non voleva farlo soffrire, non voleva che la sua presenza gli ricordasse ciò che aveva perso.
"Smettila di tentare di essermi amico. Non me ne faccio niente" gli aveva detto, e aveva fatto male. Sperava non lo pensasse sul serio.
Harry era però più che intenzionato a fargli capire che, se mai avesse voluto, avrebbe comunque potuto contare su di lui. Perciò la seconda sera era passato al pub nel quale suonava, era entrato, aveva ascoltato una canzone – casualmente, la sua preferita - ed era uscito di nuovo. Giusto per fargli capire che fosse ancora lì, che c'era, ma solo se avesse voluto. O forse era davvero diventato uno stalker.

Draco l'aveva notato eccome, l'aveva guardato negli occhi e aveva corrucciato lo sguardo come solo lui sapeva fare, poi l'aveva deviato altrove. Così Harry se ne era andato, era uscito ma era rimasto nelle vicinanze, al porto.
Alcuni ragazzi stavano bevendo birra d'asporto in tarda serata. La schiera delle casette sulla costa era illuminata dalle luci del porto e la musica dei locali risuonava dalla lontananza. Harry, seduto a penzoloni sul muretto, osservò il riflesso della luna nella baia. Era grande, luminosa, portatrice di ricordi e nostalgia.
Per un momento si ricordò di quando, a scuola, prendeva il Mantello dell'Invisibilità e si recava al Lago Nero di notte, per guardare la luna. E pensava, pensava, pensava. Si perdeva nei sogni di un futuro migliore, di un ipotetico mondo senza Voldemort.
E ora che in quel mondo avrebbe potuto starci con entrambe le scarpe e una bella coccarda da eroe, aveva preferito fuggire. Ritirarsi. Perché non sapeva più in che posto stare.
Sbuffò ma, immerso in un bagno di elucubrazioni mentali, non si accorse di chi fosse arrivato di soppiatto. Solo quando questi tossì, Harry si voltò, colto di sorpresa.
E che sorpresa!
«Che ci fai qui?» domandò, con gli occhi sgranati e il cuore impegnato in danze irlandesi.
Draco, in piedi con in mano due bottiglie di Porterhouse ghiacciate, lo guardò da sotto il ciuffo, con due occhi grandi come la luna in cielo.
«Ti dovevo una birra» rispose, stretto nelle spalle, porgendogli poi con riluttanza una delle due bottiglie. Il suo personalissimo modo di dimostrargli che no, non era affatto vero che non se ne facesse nulla di lui, dei suoi tentativi di essergli amico.
Harry la prese e gli diede così un sottinteso invito a sedersi accanto a lui. Iniziò a giochicchiare e staccare con l'unghia l'etichetta, poi fece un sorso.
«Non... non eri obbligato, Draco» disse poi, dopo qualche secondo.
Lui sorrise.
«Lo so».
Forse non importava. Forse, se Draco era lì, era perché anche lui aveva sentito un po' quell'assurda malinconia. O forse stava sorridendo perché lo aveva chiamato per nome, e non lo aveva mai fatto .
«Allora,» continuò Draco, «hai trovato te stesso, in questa città, o ripartirai presto a vagabondare?»
Harry sorseggiò la sua birra, giusto per togliersi quella secchezza dalla lingua.
«Credo mi fermerò ancora un poco. E credo che non troverò me stesso tanto facilmente».
«Oh, naturale! Visto che ancora non riesci a trovare un pettine per poterti sistemare la testa!» azzardò Draco. Ed ecco quelle battute da Serpeverde.
Harry rise e aggiunse mentalmente "Pottah". Se l'era dimenticato, quella volta.
Stettero in silenzio ancora un poco ma poi, inevitabile, Harry decise che fosse giunto il momento di svelare un piccolo pezzo di sé. Draco si era confidato, ma lui non aveva raccontato pressoché nulla. Magari non gliene sarebbe neanche importato, ma decise di rivelarsi ugualmente, visto che già avevano introdotto il discorso di "ritrovare se stessi".
«Sai, tutti si aspettavano grandi cose da me, dopo la Guerra. Che recuperassi a pieni voti i M.A.G.O, che diventassi un Auror, che mi sposassi con Ginny e mettessi su famiglia. E invece, dopo un anno e mezzo dalla battaglia, non ho combinato niente di tutto ciò. Si aspettavano che io fossi forte, tanto forte da dare speranza a tutte le famiglie che hanno perso qualcuno. Ma non ce l'ho fatta. Mi sentivo rotto, sgretolato, annientato... come avrei potuto essere una luce? È morta così tanta gente... così tante persone a me care! Tutti mi inseguivano per interviste, convegni, conferenze, inaugurazioni, cerimonie. Tutto ciò che volevo era un po' di pace per ricostruirmi, per riprendermi. Mi sentivo schiacciato».
Harry concluse quel discorso con un peso opprimente a livello del petto, come se qualcosa stesse cercando di uscirgli dalle costole ma non trovasse la via. Era da tanto tempo che non capitava, ma si sentiva sull'orlo di un attacco di panico. Altto che grande Eroe del Mondo Magico!
«Hai salvato il mondo, ma non hai pensato molto a salvare te stesso, no?» domandò Draco, guardando dritto di fronte a sé.
Harry ne rimase scioccato. Draco aveva percepito persino tutto ciò che non riusciva a dire. E sì, si sentiva esattamente come se non si fosse mai salvato per davvero, da quella Guerra.
«È... è così» confermò Harry. «Hermione ha ipotizzato che fosse la mancanza di un obiettivo da perseguire o qualcosa da salvare, come se la mia fosse una sorta di "sindrome del supereroe". No, dannazione, quello non mi manca in nessun modo! E Ron... Ron non ha preso molto bene il fatto che ho lasciato sua sorella. Non abbiamo litigato, ma ho letto troppa delusione nei suoi occhi. La stessa delusione di qualsiasi altra persona che si aspettava qualcosa da me. Quella di partire è stata l'unica scelta, per avere pace.
Per anni sono sempre stato al centro di tutto, dei drammi, della sofferenza, con una fama che non ho mai voluto. Mentre ora voglio essere solo... solo Harry. Solo che non so neanche cosa sia solo Harry! Ho vissuto con una parte di Voldemort dentro di me per diciotto anni e, in qualche modo, mi ha sempre condizionato. Adesso quella parte non c'è più e a volte... beh, semplicemente mi sento cambiato e non ho ancora imparato a conoscermi».
Avvertì il peso farsi meno opprimente. Era la prima volta che lo diceva ad alta voce. Se l'avesse detto a qualcun altro, probabilmente, questi si sarebbe allarmato e avrebbe mal interpretato fino a insinuare che gli mancasse Voldemort. Che stronzata! Ma Draco... Harry era certo che non avesse capito male. Il sguardo era tutt'altro che allarmato, spaventato, irritato o sconvolto. Era solo comprensivo.
«Quest'ultima sensazione non mi è nuova. Ad ogni modo, Potter, mi costa molto dirtelo ma credo che tu abbia fatto una scelta davvero giusta. Sicuramente c'è chi ti dirà che scappare dai problemi non è la soluzione. Ma, secondo me, allontanarsi un po' da essi serve anche per poterli guardare dalla giusta distanza, analizzarli dall'esterno e con meno pressione» disse, convinto. «Ergo, prenditi il tempo che ti serve e fregatene dell'opinione pubblica».

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