In cuor mio credetti di essere abbastanza forte da riuscire ad affrontare il tutto con calma e cognizione, ma così non fu.
Non appena sentì i piedi sprofondare nella sabbia umida, non appena sentì le ali di Nox e Lux che velocemente si allontanavano lasciandoci al nostro destino, il mio corpo si immobilizzò in preda alla paura, i muscoli si irrigidirono come se tutto d'un tratto mi stessi per trasformare in quegli scogli inanimati che giacevano inermi poco più in là.
Sentivo il battito cardiaco rimbombarmi nelle orecchie, il petto dolermi fino a sentire un vuoto a livello dello stomaco, osservavo le onde del mare scagliarsi contro gli scogli, e più sentivo quel rumore, quel dolce cullare che una volta amavo, più il mio corpo si rifiutava di farci ritorno, mi ripetevo tra me e me che non sarebbe stato difficile, sarebbe bastato allungare un piede, fare un altro passo, un altro ancora, arrivando a toccare quella distesa di acqua salata a me tanto cara, quanto odiata in quel momento.
Perché doveva essere tutto così terribilmente difficile e angosciante?
Perché i popoli si ostinavano a farsi la guerra, perché non potevano vivere felicemente e amarsi l'un l'altro senza dover per forza arrivare a distruggersi nei peggiori modi possibili?
Le labbra strette in una morsa, le mani racchiuse in pugni rasenti al corpo, il dolore al centro del petto che non accennava a diminuire, l'ansia, la disperazione, l'angoscia di non essere all'altezza, di un qualcosa più grande di te, qualcosa che ti inghiottisce, ti ingloba e non ti dà il permesso di fare ritorno alla tua vita normale, perché lo sai che è troppo, che il tuo corpo non reggerà, che non sei un eroe, sei semplicemente una persona qualunque, con qualche sogno di troppo e fin troppa curiosità, e che l'unica cosa che volevi fare quella sera, di circa un mese prima, era solamente osservare il cielo stellato.
E la paura mi attanagliava, stava lì sulle mie spalle, mi teneva stretta a se, pronta ad accompagnarmi come un fedele compagno.
"Non ce la faccio" sussurrai flebilmente.
"Fidati di me Eren, ti prometto che non ti succederà nulla" ne seguì un bacio caldo e dolce come la notte appena trascorsa.
Fidarsi. Una parola di cui a malapena ne conoscevo l'origine, era stato tutto così veloce, talmente tanto immediato che non avevo avuto neanche il tempo di ragionarci.
E il mio cervello non la smetteva un attimo di finire nel repertorio dei ricordi, si fiondava, senza remore ne riguardi, da una parte all'altra della mia vita, mandando tutto in loop senza che ce ne fosse un reale bisogno, e tutto funzionava come un film, a ripetizione senza freni. Come un uragano che ti sta per travolge e tu sei lì, che sai perfettamente cosa ti sta per accadere, eppure non hai la forza di scappare e ti lasci travolgere.
La prima volta che uscì dall'acqua, che vidi le stelle, la conoscenza di levi e la conseguente scoperta che fosse un dio, il rapimento, le botte, Kuchel con la sua tragica morte, e poi infine l'amore, quello profondo, quello che ti fa desiderare di stare accanto all'altro per sempre, finché la morte non sopraggiunge.
"Fidati di me Eren" Levi stringeva il mio viso tra le mani.
Quel fidati di me che già un paio di volte mi aveva fregato, sarei andato in capo al mondo con lui, se solo il mio corpo decidesse finalmente di muoversi.
"Va bene, vado da solo" lo sentì staccarsi dal mio volto ed ingerire subito dopo un qualcosa che sembrava quasi insalata, ma di una tonalità di verde molto acceso.
Lo vidi salire su uno scoglio, e senza timore gettarsi in quelle acque buie. Lo vidi sparire davanti ai miei occhi senza darmi tempo di replicare a quel suo "vado da solo".
"L..evi, Levi, Le...vi" il panico si impossessò di me, cominciai a tremare, a singhiozzare, uno, due, tre passi e senza neanche rendermene conto, il mare mi aveva già inghiottito.
Non provai dolore, no forse, il sol pensiero di perdere Levi era così forte che non ci pensai nemmeno a quando le mie gambe tornarono ad essere tutt'uno, non pensai a nulla se non a stargli accanto, perché lui era tutto.
"LEEEEEEEEEEVIIIIIIIIIII" lo urlai con tutta la voce che avevo in corpo.
"Dovevo proprio tuffarmi per riuscire a farti svegliare eh?" disse cinico proprio dietro di me.
Quello che videro i miei occhi poco dopo non so se era frutto dell'immaginazione, del dolore, o di quello che volete, fatto sta che davanti a me non si erigeva più il Dio della Guerra.
Braccia conserte, un lieve rossore sulle guance e una splendida coda da sirenetto, non vi era più il Levi conosciuto fino a quel momento, ma una sirena con una splendida coda longilinea, dai colori molto simili a miei.
"Quindi per tutto questo tempo tu....."
"Se mi stai chiedendo dove andassi tutti i giorni, si, mi stavo allenando per questo"
"Ma come hai fatto" ero incredulo, quasi senza parole, avevo solo domande.
"Essere il Dio della guerra, ha anche qualche vantaggio, non credi? Muoviamoci!" con un colpo di coda, si inabissò ancor di più nelle profondità marine.
Quanto ancora poteva sorprendermi quell'uomo?
Lo seguì con gli occhi incantati, era bello da uomo e lo era ancora di più da sirena.
"Allora, ci muoviamo principessa?" sempre pronto a punzecchiare.
Con un colpo di coda lo raggiunsi, "ti ricordo che qui sono in vantaggio io!", gli feci l'occhiolino, creando subito dopo con uno sbuffo svariate bollicine che andarono a scontrarsi con il suo viso annebbiandolo leggermente, ne seguì un colpo di coda che mi fece prendere un po' di distanza.
Ora la paura si era dissolta, non so cosa mi spaventasse tanto, se il fatto di provare dolore tornando in acqua oppure il fatto che da quel momento in poi sarebbe cambiato tutto, l'unica cosa certa era che accanto a lui tutto mi sembrava più sicuro, più bello, tutto era perfetto, e la paura di perderlo era più grande di qualsiasi altra cosa.
"Seguimi per di qua!"
Cominciai a raccontargli di quanto mia madre sarebbe stata felice di conoscerlo, di quanto fosse una donna forte e indipendente e di quanto, da piccolo la facevo preoccupare, chissà quante lacrime aveva versato nel mese in cui non mi aveva visto, quanta preoccupazione le avevo fatto provare. Mi sentivo un idiota e le avrei chiesto scusa nei più svariati modi pur di farmi perdonare.
Gli raccontai di nuovo di quanto Atlantia lo avrebbe incantato, di quanto ero felice di fargli vedere la biblioteca, i vari giardini, le ville maestose, e ogni angolo di quella città che mi aveva visto crescere. Nella mia vita non avevo mai parlato così tanto ad una persona, in quel momento se mi fossi ascoltato, mi sarei definito un logorroico senza freni.
"Ci siamo quasi, non vedo l'ora di..." ed è li che mi si mozzò il fiato.
Quello che videro i miei occhi non era più una ridente cittadina dall'aspetto rigoglioso, era un ammasso di fumo e macerie.
"Mamma, MAMMA!" in un attimo fui davanti a quella che era casa mia, sbarrai gli occhi, il corpo cominciò a tremare. Era completamente distrutta.
Cominciai a scavare a mani nude, "Mamma, perdonami", lacrime su lacrime cominciarono a scendere dal mio volto, le mani ormai piene di graffi e ferite.
"Eren, è inutile, fermati" levi accanto a me studiava quello che avevamo attorno.
"NO! È TUTTA COLPA TUA, se non mi avessi tenuto lontano da casa ora, ora sarebbe tutto normale!"
Levi con tutta la calma del mondo mi si avvicinò e mi avvolse in un abbraccio.
"Ti prometto che farò di tutto per trovare tua madre" mentre dentro di sé pensava che avrebbe impedito in ogni modo il ripetersi della storia.
Ciao a tutti, scusatemi per il mio enorme ritardo, GOMEN :d
Cosa ne pensate di questo capitolo? vi sta piacendo la storia? cosa intenderà Levi con il ripetersi della storia? aspetto vostri commenti :D
Baci stellari :*
STAI LEGGENDO
Atlantia [ErenxLevi]
FanfictionErenXLevi AU Sin da quando eravamo piccoli, ci era da sempre stato ribadito che era per colpa degli esseri umani se eravamo costretti in quel mondo, chiesi molte volte se quest'ultimi fossero realmente così terribili come venivano puntualmente descr...