Giravo vorticosamente il cucchiaino del mio tè tenendo gli occhi fissi sulla mia amica. Stava parlando della sua ennesima conquista ma non stavo prestando molta attenzione, in fondo sapevo che tra neanche una settimana si sarebbe già dimenticata di questo ragazzo, Michele se non sbaglio. Ero concentrata invece ad osservarla, cosa che mi capitava spesso di fare con le persone a cui voglio bene.
Un po' come la maggior parte delle ragazze, non si accorgeva della sua oggettiva bellezza e si sottovalutava sempre. Era uno dei suoi difetti, il sottovalutarsi: non riusciva a capire che, con quei suoi lunghi capelli neri, gli occhi color scuri, la carnagione estremamente chiara e le guance rosee distingueva dalla massa, dalla folla di ragazze perfette secondo gli stereotipi ma con quel qualcosa in meno ai miei occhi e a quelli di tutti i ragazzi che andavano le andavano dietro. Infatti Vivien, fin da quando ne ho memoria, ha sempre avuto un sacco di ragazzi che le stavano attorno ma lei non ha mai voluto una vera e propria relazione stabile. "Lo sai come la penso riguardo all'amore: non esiste e le relazioni sono inutili, una botta e via è la cosa migliore" questa era la sua filosofia di vita. E devo dire la verità, molte volte mi chiedevo come io e lei fossimo finite per diventare amiche: siamo due opposti, come l'acqua e il fuoco, il bianco e il nero, il sole e la pioggia ma, nonostante ciò, ci siamo trovate e abbiamo deciso di non separarci, neanche quando l'una portava all'esasperazione l'altra.
Spesso inoltre si lamentava anche della sua statura: oggettivamente non è che fosse tanto alta ma, nonostante il suo caro metro e cinquanta e l'aspetto da "santarellina", da brava ragazza, una volta conosciuta bene Vivien si trasformava in un vulcano. "Quanto vorrei avere la sua energia, la sua sfrontatezza e la sua capacità di fregarsene di tutto e tutti" pensavo ogni volta che la vedevo.«Oi Ada! Mi stai ascoltando?» disse, agitandomi una mano davanti agli occhi «Sisi certo» risposi io veloce «Ti ho chiesto se ti va di vedere una foto di Michele» disse, ma ci misi un attimo prima di risponderle «Certo certo...» «Sei sicura di stare bene?» mi chiese preoccupata «Sisi certi Vi, ora fammi vedere...» «Sentimi signorina, a me non la fai» disse, sistemandosi bene sulla sedia e spostando un pochettino il suo caffè, in modo tale da riuscire a prendere le mie mani poggiate sul tavolo «O mi dici cosa c'è o giuro che esco e mi metto a urlare il tuo nome in mezzo alla strada» Spostai leggermente lo sguardo verso la finestra: la stradina alla mia destra, che solitamente era deserta, era piena di gente che andava e veniva, ragazzi e anziani, tutti molto di fretta. Vivien sapeva bene che ero una persona molto timida e vergognosa, che pur di vederla urlare il mio nome le avrei detto tutto. Ma in quel momento non mi andava di dirle come mi sentivo: la vedevo felice, su di giri, e non mi andava di smorzarle l'entusiasmo per una delle mie solite stupide paranoie. «Giuro Vi, non ho niente» «Eh no però, ora te la sei cercata» mi disse alzandosi. Prese il suo cappotto e si diresse a passo veloce fuori dal locale. Si posizionò proprio davanti alla finestra e, dopo avermi guardata e aver riso, iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni «Alexia Adams! Alexia Adams! Vieni qui» E, come potete tutti immaginare, io volevo sprofondare più che mai. Mi misi una mano davanti alla faccia e scossi la testa. Le persone che passavano vicino a Vivien la guardavano male, sopratutto le anziane signore che tornavano a casa dal centro per anziani che stava lì vicino. Quando Vivien rientrò, la insultai. «Viviana Zini ti sembra il caso di farmi questo?!» «Beh beh cara mia Ada, se tu non mi vuoi dire cos'hai...in fondo come si dice:' A mali estremi, estremi rimedi '» mi sorrise «Però non ti azzardare a richiamarmi Viviana sennò giuro che ti spezzo le ossa» mi disse tornando un attimo seria. Sapevo bene quanto la facesse incazzare essere chiamata con il suo nome per intero. Non lo ha mai sopportato, e incolpava sempre i suoi genitori di averle dato un nome così "italiano": infatti lei, fin da piccola, desiderava essere americana. Le persone, il panorama, le diverse culture che c'erano in quel grande Stato l'avevano da sempre attratta. Ricordo come se fosse ieri quando in quinta elementare, alla domanda 'Cosa volete fare da grande?' lei disse che non le sarebbe importato il lavoro che avrebbe fatto, ma voleva a tutti i costi lavorare in America. A causa di questa sua passione per l'America ha iniziato sempre più a odiare il suo nome, i suoi genitori ( che, bisogna dirlo, odiavano questa parte "americana" della figlia ), a momenti il suo intero Stato. Me lo aveva sempre detto: appena avrebbe compiuto i 18 anni e avrebbe finito il liceo artistico, sarebbe volata in America e non sarebbe più tornata.
«Eheh signorina mia, la prossima volta impari a farmi vergognare» dissi io ridendo «E comunque sai pure tu che odio quando mi chiami Ada» le dissi leggermente irritata «Si però tu cerca di capirmi, è da una vita che ti chiamo così. Devo ancora metabolizzare che d'ora in poi ti devo chiamare Ale» mi disse ridendo. In fondo aveva ragione: è da tutta la vita che mi chiama Ada e io nell'ultimo periodo avevo deciso di farmi chiamare Ale.Penserete 'Come mai ha deciso di cambiare soprannome? Un soprannome non è poi così importante' e invece no, per me lo è. Ma per capire meglio, dobbiamo fare un passo indietro: come ormai sapete il mio nome è Alexia Adams. Un po' insolito per una ragazza milanese, no? Infatti, se dobbiamo dirla tutta, io di milanese ho poco e nulla: sono nata a Londra ma, subito dopo la mia nascita, i miei genitori hanno deciso di trasferirsi qui in Italia. Non mi hanno mai spiegato il motivo, ma in fondo con me sono sempre stati un po' misteriosi. Nonostante io sia cresciuta qui in Italia, i miei genitori mi hanno educato secondo le tradizioni della mia famiglia londinese, alquanto insolita. Una di queste 'tradizioni', se così si può chiamare, è quella di farsi chiamare per nome solo dalle persone veramente importanti. Forse ora avrete già iniziato a capire perché tre quarti della gente che mi conosce mi chiama 'Ada' e non 'Ale' o con il mio nome intero. Poi dobbiamo dirla tutta, io sono una persona che si fida poco degli altri e che fa fatica a reputare veramente importante qualcuno: ho sempre paura che, dopo aver stretto un legame profondo con una persona ed essermi mostrata per come sono veramente, questa mi abbandoni. Quindi, prima di riuscire a fidarmi ciecamente di Vivien, ci sono voluti anni.
«Hai ragione Vi, mi spiace» «Ma figurati Ale» disse, marcando per bene l'ultima parola. Io sorrisi, portandomi alle labbra la tazza di tè. «E ora su muoviti, fammi vedere sto Michele» le dissi poi. «Oh già già vero...tu sicura di stare bene però?» «Si Vi, sto bene» le risposi, mettendole una mano sulla spalla. Mi avvicinai leggermente a lei per vedere lo schermo del suo cellulare. Entrò nella galleria e scorse velocemente alcune foto ma le arrivò un messaggio. Le lesse l'anteprima e però, nel frattempo, l'immagine che c'era sul dispositivo attirò fortemente la mia attenzione: era presente un ragazzo, castano con gli occhi color nocciola, che sorrideva. «È lui?» domandai a Vivien «Oh no no, lui è un tizio del quale le mie compagne di classe parlano sempre» mi disse, guardando quasi con disprezzo l'immagine del ragazzo «Se non sbaglio si chiama Louis qualcosa, credo sia un attore inglese» mi disse, scrutandomi il viso. Io rimasi per un attimo ipnotizzata da quel viso che a momenti mi sembrava angelico. «Perché scusa?» mi domandò a un certo punto Vivien «E-ehm nulla, è veramente carino» le dissi un po' imbarazzata «Che facciamo, lo aggiungiamo alla lista delle tua crush?» mi disse ridendo. «Eh no, in quella lista ci rimane solo il mio amato Tom Holland» le dissi ridendo. Nel frattempo lei mi mostrò il suo amato Michele: oggettivamente un bel ragazzo, ma sicuramente non paragonabile a quel Louis. Mi rimase in testa tutto il pomeriggio. Non so perché, non so come.Ormai era ora di cena. Vivien mi stava accompagnando a casa quando se ne uscì con una proposta. «Ok Ale, so che non ami la folla e la gente estranea, ma che ne dici se sabato andassimo in questo nuovo locale che ha aperto da poco?» Io le stavo per dire che non ci sarei andata, ma lei subito mi disse «Ci sarà anche Michele dai, devo fartelo conoscere» "Oh madonna, già lei di suo beve tanto e fa casino, se poi ci sta pure Michele..." pensai "Beh dai, per una volta potrei pure andare..."
Vivien mi guardava aspettando una risposta «Non mi guardare così dai. Per questa volta vengo, ma sappi che sarà la prima e l'ultima» le dissi. Lei mi saltò addosso, baciandomi una guancia.
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Essential Souls - 𝑳𝒐𝒖𝒊𝒔 𝑷𝒂𝒓𝒕𝒓𝒊𝒅𝒈𝒆 [SOSPESA]
FanfictionAlexia e Louis: due adolescenti che, a primo impatto, non hanno nulla in comune. Lei è una timida ragazza milanese dalla vita semplice e, a parer suo, monotona. Lui un ragazzo estroverso, sempre molto impegnato e spesso lontano dalla sua amata Londr...