𝐑𝐢𝐭𝐨𝐫𝐧𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐎𝐫𝐢𝐠𝐢𝐧𝐢

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Il giorno dopo. Milano.

Mi svegliai con un leggero mal di testa. Fortunatamente non avevo bevuto molto e ricordavo tutto della sera precedente: ero stata con Mathias tutta la serata, solamente perché quella brutta persona di Vivien mi aveva abbandonata per stare tutto il tempo con quel Michele. Mathias era diverso dal solito: non so se fosse per colpa dell'alcool o per il fatto che nessuno dentro quel locale lo conoscesse, ma mi era sembrato più gentile nei miei confronti; non mi considerava più come la tipa strana che sta in fondo alla classe, ma ai suoi occhi parevo una ragazza qualunque. Avevamo scherzato e ballato come due amici che si conoscono da una vita. E devo dire la verità, pure io avevo la sensazione di conoscerlo da sempre: non era più il solito ragazzo che se la crede e se la tira. Mi aveva mostrato il suo lato più semplice, più genuino, che con la maggior parte delle persone teneva nascosto. «Sarà stata colpa dell'alcool, sicuramente» dissi, massaggiandomi le tempie. «Eh si bambina mia, mi sa che è stata proprio colpa dell'alcool» disse mio padre, entrando in camera mia. "Oh mio dio, per sbaglio ieri gli ho raccontato dello strano comportamento di Mathias? No, non è possibile, ricordo tutto di ieri sera...No no, si starà riferendo ad altro" pensai, sperando di non aver detto a mio padre dello strano comportamento del ragazzo. Lo guardai stranita. «Eh si amore mio, quel mal di testa che ti ritrovi sarà sicuramente colpa di ieri sera» mi disse, poggiando il vassoio della colazione sul mio comodino. «E oggi, visto che sono un papà gentile, potrai passare tutta la giornata a letto se lo desideri» mi disse, accarezzandomi una guancia «In fondo, è la prima volta che bevi e sono sicuro che ora sei ridotta male» rise. «Ecco perché non voglio andare alle feste!» protestai «Mi lascio sempre convincere dagli altri e vedi come mi riduco» mio padre rise. «Vabbè dai, ora non ci pensare. Riposati per bene ma ricordati di preparare le valige, che stasera dobbiamo andare in aeroporto» «Valige?» ripetei «Perché dovrei preparare le valige? Dove dobbiamo andare?» chiesi. «Non ti ricordi che giorno è oggi?» mi domandò «Ehm...sinceramente no» «È il 6 amore. Il 6 dicembre». Sforzai la mia memoria per cercare di ricordare cosa ci fosse di importante in quel giorno ma non mi venne in mente nulla. A quanto pare mio padre se ne accorse, perché continuò dicendo «Stasera partiremo per Londra. Ti ricordi, te lo avevo accennato qualche mese fa...» e boom, mi ricordai tutto. «Ma certo, l'anniversario della nonna» affermai «Cacchio me ne ero completamente scordata» ammisi. «Tranquilla tesoro, nessun problema. Ricordati che abbiamo l'aereo per le 21.30» mi disse papà, stampandomi un bacio sulla fronte prima di uscire. "Come ho fatto a dimenticarmi completamente dell'anniversario della nonna!" mi rimproverai "Solitamente ricordo sempre tutto!".
Presi la tazza di tè con una mano, mentre con l'altra mi allungai per prendere il mio cellulare per controllare le notifiche. A parte un paio di messaggi dal gruppo della classe e un paio di notifiche di instagram non c'era nulla. "Strano" pensai "Mi aspettavo dei messaggi da parte di Vivien dove mi chiedeva della serata di ieri..." Un pensiero mi invase subito la mente "e se fosse rimasta tutta sera con il tipo? E anche dopo la serata? In fondo, mi aveva riaccompagnata a casa e poi era tornata al locale, visto che aveva dimenticato il suo cappotto...E se avesse rincontrato Michele e fosse successo qualcosa?" Mi stavo facendo migliaia di film mentali su cosa potesse essere successo a Vivien quando mi arrivò una chiamata. Senza pensarci due volte risposi. «Pronto?» «Ma buongiorno bella addormentata» mi disse una voce squillante «Giuro che ti stavo pensando» dissi alla mia amica «Provo ad indovinare: stavi immaginando me e Michele in qualche situazione ambigua vero?» mi disse ridendo "Cazzo se mi conosce bene" pensai. «Chi tace acconsente quindi» mi risvegliò dal mio pensiero «Mi sono preoccupata. Mi aspettavo di trovare un sacco di tuoi messaggi che mi chiedessero di ieri sera» provai a giustificarmi «E comunque ti stavo per scrivere: volevo sapere come fosse finita con Michele» «Niente di che: sono tornata al locale, ho preso il cappotto, ho bevuto ancora qualche bicchiere e alla fine mi ha accompagnata a casa...» mi disse quasi sottovoce «COSA?!» urlai «Tranquilla tranquilla, non c'è stato nulla» mi disse subito «È che ero un po' troppo brilla per poter guidare» «E io che ero venuta solamente per non vederti andare fuori» dissi, leggermente arrabbiata «E invece mi hai piantata subito in asso» «Ei ei ei, ho visto comunque che ti sei divertita» dal suo tono di voce potevo immaginare che avesse uno dei suoi soliti sorrisetti sulla faccia «Ah quindi hai notato che ero in compagnia...E se fosse stato uno stupratore? O un serial killer? Non sei neanche venuta a controllare chi fosse» le dissi «Oh mio dio, ora non farmene una colpa. In fondo ti sei divertita no?» mi domandò. «Beh dai, in fondo mi sono divertita, ma non posso dirglielo: continuerebbe a dire che aveva ragione lei" pensai. «Ma, sinceramente mi aspettavo di meglio» mentii. «La solita guastafeste» sbuffò. «Vi cambiando un attimo discorso, tu ricordavi che io sarei partita oggi?» "Si amo, ti ho chiamata per questo» mi disse la mia amica. «Ponta a tornare dalla tua cara amata Londra?» urlò entusiasta.

Londra. Una città che amavo tanto ma che conoscevo poco. Ero originaria di questa bellissima città: mio padre era nato qui, e io pure. I primi anni della mia vita li avevo vissuti lì, insieme a papà e alla nonna Judith. Ricordo vagamente alcune cose: il grande camino nel salotto di casa, il profumo di biscotti che riempiva la cucina ogni volta che la nonna li sfornava, il pavimento ruvido della stanza dei miei. Pochi e sfocati ricordi, ma sempre meglio di niente mi ripetevo. Mi ero trasferita a Milano quando avevo solo 2 anni: papà aveva accettato di venire a vivere in Italia dopo che la nonna morì. Era gravemente malata, e lì a Londra non aveva nessuno, oltre a papà, che potesse occuparsi di lei. "Se fosse stato per me, l'avremmo portata a vivere con noi a Milano anni fa" ripeteva spesso mia madre, con un tono acido e sprezzante al quale non ho mai saputo dare una spiegazione. Non so per quale motivo, ma non aveva mai particolarmente amato Londra infatti, nei pochi ricordi che ho della mia permanenza nella casa londinese lei non è mai presente. Io, al contrario suo, avevo vissuto pochi anni in quella grande città, ma tutt'ora ne sono completamente innamorata. Sarà per l'atmosfera, sarà per le persone, ma Londra, in tutte le sue sfumature, mi fa impazzire.
Ogni anno, all'anniversario della morte della nonna, papà decide di portarmi lì, per poter tener vivo il suo ricordo. E io, nonostante lo spiacevole motivo, adoro tornare nella mia città natale. E questo, Vivien lo sapeva bene. Se c'è una cosa che chiunque, anche le persone che mi conoscono meno sanno, è che io desidero più di qualunque cosa poter tornare a vivere a Londra ma, "fino a quando non andrai a vivere da sola questa opzione è sicuramente scartata", mi ripeteva sempre papà. Aveva sofferto molto a lasciare la sua amata città ma, per esigenze lavorative e anche un po' familiari (colpa di mia madre, ne sono sicura), aveva dovuto trasferirsi con tutta la famiglia a Milano, e ora come ora si trova bene, anche se Londra gli manca ancora.

Passai la giornata un po' sulle nuvole: dopo aver parlato con Vivien della mia piccola gita a Londra, avevo iniziato a preparare le valige, nonostante le continue esortazioni di mio padre a restare a letto. «Staremo solo qualche giorno a Londra, mica ti devi portare tutto l'armadio» mi disse mio padre «E poi in caso hai nella vecchia casa della nonna i vestiti dell'anno scorso. Ti andranno sicuramente bene» disse convinto. «Tu ci credi seriamente? Come minimo sarò ingrassata cinque chili rispetto all'anno scorso» gli dissi, piegando un paio di jeans da mettere in valigia. «Ora che ci penso dovrei iniziare ad allenarmi» pensai ad alta voce «Devo trovare il mondo di smaltire questa pancetta...» «Non ti azzardare a dire così eh» mi zittì mio padre «Che stai benissimo così. Sei perfetta». Io arrossii leggermente a quelle parole: non ero abituata ai complimenti. Non avevo nessuno che me li facesse, se non mio padre e Vivien e, ogni volta che me li facevano, non capivo se fossero seri o stessero ironizzando. «E ora su, finisci le valige e cambiati, si va all'aeroporto» disse mio padre, guardando l'orologio. "Come vola il tempo" pensai.
Terminai rapidamente le valige e mi vestii: optai per un outfit semplice, visto che mi attendevano 2 ore e mezza di volo. Presi le mie valige e le caricai in auto. Nel giro di un quarto d'ora eravamo arrivati a destinazione. Facemmo il check-in e aspettammo l'imbarco. Il tempo mi sembrava non passare mai.
«Il volo per Londra parte tra pochi minuti. Preghiamo i passeggeri di raggiungere il gate per imbarcarsi» disse la voce dell'altoparlante. Una ventina di persone si alzarono con me e papà e si diressero verso il gate segnato. Salimmo sull'aereo e ci accomodammo ai nostri posti. Io e papà eravamo seduti in una delle prime file, vicino al finestrino. Alle 21.30 precise l'aereo partì. Mi misi gli auricolari e chiusi gli occhi. «Cara Londra sto tornando» dissi tra me e me.

Essential Souls - 𝑳𝒐𝒖𝒊𝒔 𝑷𝒂𝒓𝒕𝒓𝒊𝒅𝒈𝒆 [SOSPESA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora