Li boni festi - prima parte

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CAPITOLO 2

LI BONI FESTI


Partivi di duv'era e vinni a posta, veniri a chista casa cunsulata,

veniri a chista casa, bella, cunsulata;

puru sei mastri e setti 'mperaturi, tutta la puntijaru di diamanti.

Vu' siti ammenz'a nui, perla d'amuri, ca tutti quanti si ponn'ammucciari

La nivi vi dunau la sua jianchezza , la rosa russa sì lu so' culuri.

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Partii da dov'ero, e venni a posta in questa casa consolata,

venni in questa casa, bella, consolata;

pure sei maestri e sette imperatori la puntinarono tutta di diamanti.

Voi siete in mezzo a noi, perla d'amore, che tutti quanti si possono nascondere.

La neve vi donò la sua bianchezza, la rosa rossa, sì, il suo colore.

Antonino Romeo era arrivato alla Martiniana ormai da una manciata di giorni, ma nessuno di noi domestici poteva vantare di aver veramente fatto la sua conoscenza. La mattina commissionava il suo solito caffè, leggeva il giornale che Francesco, il maggiordomo, stirava per lui ogni mattina e, dopo aver fatto una carezza a Oreste, usciva dalla villa e montava sopra la sua automobile. Non era quasi mai nei paraggi e, in tutta onestà, per me era meglio così.

Erano Sebastiano e Giuseppa a servirlo quando rientrava in tarda serata. Se si ritirava nella sua stanza, era la ragazza a portagli quanto da lui richiesto, considerato che Sebastiano non riusciva a salir bene le scale; nel caso in cui, invece, avesse preferito cenare col padre in sala da pranzo, non c'erano ostacoli che impedissero al cameriere di svolgere le sue normali mansioni. E forse un po' gli dispiaceva.

Da quando l'aveva visto, Giuseppa si era perdutamente invaghita del piccolo Romeo. Quando tornava nella dependance, dopo avergli consegnato il vassoio, aveva sempre un'aria gaia e su di giri. Ne decantava le lodi anche poco prima di mettersi a letto, costringendomi ad ascoltare lusinghe e complimenti che, parecchi anni addietro, sarebbero potute uscire proprio dalla mia bocca. "Mi ha sorriso in una maniera che le gambe hanno iniziato a tremare" oppure "ha preso in mano il vassoio senza aspettare che lo appoggiassi. Le nostre mani si sono sfiorate!". Roba da far venire il voltastomaco.

Ero quasi contenta quando Sebastiano, chiaramente in preda a una gelosia feroce, cominciava a elencare, invece, i vizi e i difetti del signorino. "Si crede il padrone del mondo, paru paru peri peri. Non sa che sono i vagabondi a gironzolare dalla mattina alla sera?". Aveva apprezzato, però, che avesse rifiutato di assumere un valletto o, peggio ancora, di affidare questo compito allo stesso Sebastiano. Ormai era desueto possederne uno e non c'erano ragioni per cui Antonino avesse bisogno di un aiuto nel vestirsi o nel farsi la barba. Sotto questo punto di vista, era stato saggio.

Non essendoci dunque un gran bisogno della servitù, se non alle prime ore del mattino e sul calar del sole, avevamo molto tempo libero. Ci svegliavamo presto sì, pulivamo la casa da cima a fondo, ma, senza i padroni tra i piedi, potevamo permetterci di fare più pause e di prenderci i nostri tempi. Quella mattina Antonino era sparito, come suo solito, e il padre aveva comunicato che avrebbe mangiato a Bagnara con il Cavaliere De Leo.

Era appena passata l'ora di pranzo ed eravamo tutti riuniti attorno al tavolo della cucina, mentre terminavamo il nostro pasto. Graziella sfregava la buccia di un bergamotto tra le mani per profumarle. Giuseppa la guardava stranita, non l'aveva mai visto fare.

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