Capitolo 12.
Appena arrivata a casa, cerco di togliere l’odore di pesce crudo di dosso, con una doccia rilassante. La casa è mezza vuota. Solo Grace ricopre quel suo angolino del divano, davanti ad un film d’azione. Lei e il romanticismo sono proprio a millenni di distanza. Questa è l’unica cosa certa che so. Fin quando però, dopo esser uscita dal bagno, la intravedo avanzare verso la mia stanza. Entra quasi furtiva e poi dopo essersi accorta del mio sguardo tira un sospiro e si getta a peso morto sul letto.
«Non ti tratterò mai come una minorata che ha perso la memoria… anzi… ti dirò…» fa una lunga pausa mentre sgranocchia le unghie «da una parte credo di abbia fatto bene, perché adesso hai la mente libera… sei libera di scegliere, scegliere qualunque cosa.» Dice lei allusiva.
Le sorrido e mi avvicino senza più timore, ormai, sedendomi al suo fianco. Mi sorride di rimando e non parla.
«Forse sì, forse no…» sussurro. «Non capisco cosa ti leghi così tanto a Brady , sai?» Li vedo sempre complici, quando sono insieme. Parlottano, scherzano, si divertono, come se fossero fratello e sorella. A volte presa dall’invidia cerco di immischiarmi, poi ricordo la mia posizione momentanea e mi tiro indietro.
«Quando tu hai conosciuto lui, io ero una marmocchia che girava per casa rompendo il cazzo altrui… probabilmente avrò fatto le cose più strambe ed insensate a quell’età, ma quando vidi quel ragazzo, mi fece simpatia subito. » Spiega cauta e maliziosa. «E poi diciamocela sorella… ma tu lo hai visto? Certo… che domande, lo vedi ogni fottuto giorno!» Esclama schioccando le dita e strizzando gli occhi. «Ma… pur senza ricordare, come fai a non saltargli addosso? Il suo profumo, il suo atteggiamento, il suo volto, il suo fisico… diamine è… perfetto!» Continua con una voce angelica ed incantata.
Lei ne parla sempre così bene. Eppure io so, nel mio profondo, che, un tempo, oltre ad esser completamente ammaliata da lui, ero perennemente incazzata con lui.
Incazzata, sì. Nel vero senso della parola. Me lo ricordo, come se fosse ieri.
Le sue battutacce, i suoi tentativi di rendermi ridicola… bè, forse, non sarà il massimo ricordare solo le cattive azioni, ma è già un passo avanti.
«Ti dirò la verità…» esordisco tranquilla massaggiandomi il capo umidiccio, «non ricordavo proprio di lui dopo l’incidente… ma quando lo vidi, fu come un colpo al cuore. Immensamente bello, con quel sorriso, con quegli occhioni azzurri…» mi accorgo di sembrar troppo cantilenante e sognante, così ritorno seria, «sapevo di potermi fidare dentro di me, qualcosa mi spingeva a buttarmi, a non crearmi problemi…»
«Come probabilmente ti gettasti fra le sue braccia, in poco tempo, ai tempi del liceo» suppone lei inclinando le sopracciglia.
Scrollo le spalle, mentre mi cade l’occhio sulla sveglia poggiata sul comodino.
Dannazione! E’ tardissimo! Sobbalzo e corro in bagno a vestirmi.
Grace sgrana gli occhi e mi osserva sconcertata ed impaurita, «okay che hai perso la memoria, ma non è che soffri pure di spasmi adesso… no vero?»
Sporgo il capo dalla porta del bagno e sorrido, «Brady ha detto che vuole portarmi in un posto stasera» accenno un risolino.
Anche lei si alza veloce e corre verso di me. «E cosa vuoi indossare?»
«Non so, davvero… non ne ho proprio idea!» Dico mentre infilo il reggiseno dando le spalle a mia sorella.
Lei mormora a bassa voce e voltandomi osservo il suo sguardo pensante. «No vestito, no tacchi.» Decreta. «Non ha specificato dove, quindi indossa un jeans più carino, un maglioncino ed un montgomery.» Incrocia le braccia al petto soddisfatta e poggia il sedere al lavandino ancora fissandomi.
Detto ciò torno in camera e porto fuori dall’armadio ciò che ha detto: jeans semplice, ma piuttosto carino, maglioncino nero, montgomery beige e stivaletti dello stesso colore di quest’ultimo. Li indosso, mi osservo allo specchio e nello stesso momento mi mostro a mia sorella.
«Va bene!» Mi da l’ok schiacciandomi un occhio ed esce dalla stanza. Proprio in quell’istante, però, suonano al citofono. Sicuramente è lui!
Grace corre come una forsennata giù per le scale ed ho quasi paura che arrivi a terra.
La seguo lenta portando la borsa al braccio e mentre apre la porta mi ritrovo di fronte la perfetta sagoma di Brandon sul ciglio della porta.
Mi sembra di ritornar ragazzina, per pochissimi istanti.
«Mio cogn…» Grace si blocca, «Brady!» Lo abbraccia e gli mormora a denti stretti qualcosa all’orecchio. Lui sorride e mi fissa di sottecchi.
Cerco di apparire il più normale possibile avanzando verso la porta.
«Ehilà» dico senza pensarci.
Grace mi rivolge un’occhiata interrogativa ed accigliata. Mi mima qualcosa del tipo “che cazzo dici”, ma cerco di evitarla, concentrandomi più sull’uomo che ho di fronte.
Solito profumo, solito giubbotto scuro di pelle, jeans blu scuro e Timberland.
Nulla da ridire a riguardo. Senza parole.
«Grace… che dici, me la cedi?» Domanda sarcastico inarcando un sopracciglio.
Io fisso gli sguardi complici di entrambi, senza parlare.
«Andate, ma non fate tardi… ma tardissimo.»
Detto ciò mi spinge fuori con un sorrisetto malefico e chiude la porta alle mie spalle.
«E’ uno spasso» ridacchio, «quando c’è lei a casa, sento meno solitudine» sussurro sistemando il berretto nero in testa.
Lui mi osserva in ogni movimento. Nasconde le mani dentro le tasche dei jeans, sorride e non la smette di fissarmi. Dovrebbe saperlo che m’imbarazzano certi sguardi.
«Allora?» Chiedo spezzando quel silenzio.
A quel punto sbatte le palpebre e sfrega entrambi i palmi delle mani.
«Qualche giorno fa…» avanza verso la strada facendomi cenno di seguirlo, «avevi detto di voler entrare in casa mia» continua a camminare porgendomi la sua mano.
Lo guardo dritto negli occhi e alla fine mi lascio andare stringendogli la mano.
E’ calda, a differenza della mia gelata.
«Mi stai portando a casa tua quindi» mormoro entusiasta anche se non lo lascio a vedere.
Annuisce con un suono gutturale e silenzioso sale gli scalini. Fin quando ci troviamo di fronte al porticato. Sfila una chiave dalla tasca e la inserisce nella serratura. Dopo averla girata più volte si blocca. Prende un lungo respiro, sembra agitato.
«Se per te è difficile…» non mi lascia finire che entra.
Per un attimo mi sembra di riaffiorare tantissimi ricordi. Come se vivessi dei flashback.
Vedo Tom sul divano, di fronte alla televisione, sorride e saluta con un cenno di mano.
«Ehi Stewart»
Rimango immobilizzata. Socchiudo le palpebre e respiro profondamente. Quell’odore di bucato, di pulito lo sento ancora. Quelle urla sembra riviverle ancora.
Quando riapro gli occhi è di fronte a me. Ha lo sguardo perso sul mio. Sembra teso.
Sposto gli occhi da una parte all’altra della casa. Tutto sembra così familiare.
Noto la scala e senza pensarci due volte avanzo velocemente. Poggio un piede sul primo gradino e poi continuo, fin quando mi ritrovo al piano di sopra.
Non posso sbagliarmi, la stanza di Brady è quella in fondo, quella di Kris è a destra accanto al bagno, quella di Tom a sinistra.
Così sicura e convinta di me stessa, con passo deciso, mi incammino verso la fine del corridoio. Poso una mano sul pomello e lo giro lentamente.
Come non detto. Non ho sbagliato proprio. Quella stanza racchiude troppi momenti ed osservarla così sistemata, senza oggetti fra i piedi, senza calzini sparsi a terra, senza vestiti sul letto o sulla sedia accanto…sembra così strano, ma bello.
Non avevo mai visto la camera di Brady così in ordine.
«Suppongo ricordi» la voce di Brady risuona al mio orecchio.
Sogghigno e mi volto a guardarlo. E’ poggiato sullo stipite della porta con le braccia incrociate al petto. Ed è lì che mi sembra di riviverlo sette anni prima.
«Brady è tutto così…» non riesco a trovare le parole. Mi sento viva, adesso. Una parte di me è rinata.
Lui con passi lenti si avvicina e sfiora un mobile, probabilmente impolverato.
Poi si fissa l’indice e ci soffia di sopra.
«Mi manca tantissimo questa casa» sussurra lui con tono malinconico. «Ma più di tutto mi manca ciò che ero io qui dentro» sospira.
«I tempi cambiano, le persone anche» scrollo le spalle, «non finirò mai di ringraziarti, lo giuro.» Mi avvicino sorridendogli dolcemente. Lui non può neanche immaginare quanto gli sono grata per tutto ciò che sta facendo. Se non fosse per lui, probabilmente, adesso sarei rinchiusa in quella stanza, sdraiata sul mio letto, sperando ancora di ritornare la Emily allegra, spensierata, con i soliti conflitti interiori.
E invece lui è qui. Lo è fin dall’inizio e mi sta guardando. Non la smette mai di fissarmi. I suoi occhi mi trasmettono tutto, anche in pochi istanti. Sembra che riesca a capirlo con così poco. Il suo sorriso mi da sicurezza, mi da la certezza che domani, l’indomani e i giorni a venire, lui ci sarà.
Le sue calde mani si insinuano fra i miei capelli, mentre stringe il mio capo.
Le sue labbra si posano sulla mia fronte e mi lasciano un bacio. Rimane così per qualche istante senza distanziarsi. Poi la sua fronte sfiora la mia, i suoi occhi si spostano sulle mie labbra, ma non si muove di mezzo centimetro.
Ho già vissuto questa emozione altre volte, questo momento non è del tutto nuovo.
Io e lui, distanti ma vicini. Io e lui, fronte contro fronte, occhi bramanti, respiri affannosi, battiti irregolari. Io e lui, tutto e niente. Io, lui, il passato ed il presente.
Diventava sempre così la vera Emily? Si trasformava in un agnello indifeso?
«Vorrei baciarti» sussurro. Avverto quel desiderio di assaporare quelle labbra. Ho il bisogno di sapere se riesco anche per pochi secondi a ricordare ciò che provavo per lui.
«Anche io, ma se mai succederà… dovrai esser consapevole di tante cose» mormora accarezzandomi il capo. «Io so cosa provo per te.» Conclude dopo lungo sospiro.
«Cosa provi per me?» Chiedo scrutando i suoi occhi.
Scuote il capo. «Non ora» decreta con tono severo.
«Non so cosa avrebbe fatto la Emily che provava qualcosa per te…» bisbiglio osservando il contorno delle sue labbra più rosse del solito, «ma se voglio fare una cosa, la faccio» detto ciò capovolgo la situazione. Avvicino il suo volto al mio mettendomi sulle punte. Gli stampo un bacio sulle labbra e quando la sua bocca si schiude, la mia pancia diviene un parco divertimenti. Le mie budella si rivoltano e non riesco più a sentirmi le gambe, che tremano impedendomi di reggermi in piedi. Mi aggrappo alle sue spalle e lui mi cinge con entrambe le braccia la vita. Poi lo sento allontanarsi lentamente, così placo la mia euforia allentando la presa. Lo stesso fa lui.
Si distacca e mi fissa. Poi passa entrambi delle mani sul suo volto, strizza gli occhi e sospira.
Sembra sfinito, ma allo stesso tempo appagato. Non riesco a decifrare il suo sguardo, perso nel vuoto.
«Perché?» Chiede qualche minuto dopo.
Balbetto ed incrociando le braccia al petto indietreggio di qualche passo.
Non voleva? Ho sbagliato? Perché ci è stato allora?
«Perché mi fai uscire fuori di testa… così?» Sembra disperato. Ha uno sguardo malinconico. Gli occhi suoi cercano i miei.
Avanza veloce verso di me e mi accarezza il capo, «io rischio di impazzire così, lo capisci? Non puoi farmi sentire in paradiso un minuto prima, ed il minuto dopo… all’inferno» balbetta bagnandosi le labbra con la lingua.
«Non devi» mormoro.
Scuote il capo e si distanzia nuovamente.
«Sono attratta da te, passano i giorni e ti penso sempre di più… mi sento un adolescente che aspetta il messaggino della buonanotte, il buongiorno… mi sento anche ridicola, perché probabilmente qualche mese prima le cose tra di noi erano diverse» dico tutto d’un fiato, «ho provato a farne a meno, ma qualcosa mi spinge a starti vicino.»
«Hai detto bene… qualcosa» borbotta, «non sai neanche tu cosa vuoi Emily, sei confusa, hai mille pensieri… » aggiunge.
«Lo so, ma…» sussurro abbassando lo sguardo, «scusa» concludo.
Non parla, lo sento sospirare. «Ti accompagno a casa… ho da fare» dice con tono agghiacciante.
Incrocio il suo sguardo e senza rispondere mi dirigo verso l’uscita. Scendo lentamente le scale davanti a lui ed arrivata di fronte alla porta, mi volto a guardare quella casa probabilmente per l’ultima volta. Esco dietro di lui lasciandomela alle spalle.
«Puoi andare, casa mia è … qui» la indico scrollando le spalle.
Lui, nel frattempo, sfila una sigaretta dal pacchetto e la porta alle labbra.
L’accende e fa un tiro veloce. «Ti prometto una cosa» sussurra con voce rauca.
«Dimmi» rispondo.
Fa uscire il fumo dalla bocca e si morde il labbro inferiore, «non ti bacerò più, quando accadrà di nuovo… sarà perché tu sarai consapevole di quello che provi, di quello che eri, di quello che eravamo insieme.» Quelle parole mi feriscono, ma nascondo la tristezza e l’imbarazzo dietro uno sguardo serio. «Non perché non voglia dartelo, perché sei la donna che amo pazzamente ed incodizionatamente e non ho più paura a dirlo… lo urlerei persino al mondo intero, ma anche se il mondo mi sentisse, io voglio che lo sappia tu, che tu lo capisca e soprattutto voglio che tu provi le stesse emozioni che io provo con te.» Abbassa lo sguardo e getta a terra la sigaretta ancora mezza intera, «se a quel punto tu non proverai niente, sarò ad andarmene, in silenzio, come ho sempre fatto.» Detto ciò apre la portiera della sua Porsche ed entra senza lasciarmi parlare. Probabilmente non vuole sentire le mie parole.
Indietreggio per farlo partire e dopo aver messo in moto, scompare.
Rientro in casa con passo felpato. Grace è seduta a tavola, ha di fronte una barretta di cioccolato e la sta sgranocchiando neanche fosse una bambina del terzo mondo.
Mi spoglio e mi siedo esattamente di fronte a lei.
«E’ tutto okay?» Chiedo quasi spaventata. Ha uno sguardo minaccioso, come se volesse uccidere qualcuno. Quella barretta sembra più una sua nemica.
«Un cazzo è okay.» Sbotta.
Come non detto.
Rimango in silenzio e so già che sarà lei a parlare.
«Aspetto un suo messaggio da tre fottute ore. Tre.» Ringhia. «E poi…? E poi mi ritrovo una foto sua con quella troia, su Facebook. E’ un pezzo di merda, lo odio, deve morire.» Quasi urla. Da un morso al cioccolato e lo ingoia quasi per intero.
Bè, posso capirla. Sono stata anche io un’adolescente. Ho passato momenti del genere anche io. Ricordo episodi del genere soprattutto a Los Angeles.
Vorrei poterla rassicurare e dirle che le cose si aggiustano nel bene o nel male, ma capisco anche, che, l’unica cosa che vorrebbe sentire adesso è“uccidiamoli”. Le consiglierei di parlarne con un’amica, ma conoscendola avrà litigato con tutte. Insomma, non è amica di tutti e non riesce a fidarsi mai di nessuno. Se ha un problema preferisce tenerlo dentro, anziché confidarlo a qualcuno. Probabilmente non considera nessuno davvero importante da comportarsi come farebbe una vera amica.
Blocco un attimo i pensieri su mia sorella e mi fermo a pensare a me.
So tutte queste cose?
Sorrido soddisfatta e mi accorgo di sentirmi più sollevata.
La sento più vicina a me ed involontariamente sono a conoscenza di cose, che, fino a qualche giorno fa, per me, erano ignote.
«Se c’è qualcosa che ti fa sorridere… ti prego fai sorridere anche me!» Esclama con tono cantilenante.
Torno ad osservarla continuando a sorridere, «stavo pensando che… la memoria sta tornando piano piano» dico entusiasta.
«Dio fa che non si ricordi di quel troglodita spastico di Noah. Amen.» Alza gli occhi al cielo, socchiudendoli e congiunge le mani in preghiera.
«Perché ti sta così antipatico?» Domando.
Mi rivolge un’occhiataccia, «è un coglione, nel vero senso della parola. Anzi… spero che tu ti ricorderai di lui e che dirai “ma quanto cazzo sono stupida? Non posso amare un tale individuo”» accenna un risolino e poi torna seria. «Ma parliamo di altro… Brady? Come mai sei tornata così presto?» Aggrotta la fronte e mi fissa interrogativa.
«Ehm» balbetto, «mi ha portata nella casa accanto, quella sua… ed io… l’ho baciato» dico tutto d’un colpo, mentre lei sgrana gli occhi e si mette in piedi. «Lo so, ho fatto uno sbaglio micidiale, ma mi...» non mi lascia finire che si getta fra le mie braccia lasciandomi bacetti per tutto il viso. Sembra istericamente felice.
Scoppio a ridere e chiedo una spiegazione per tutto questo entusiasmo. Poi ricordo il feeling che ha con Brady e rimango zitta.
«Sbaglio? Quale sbaglio? Sei stata geniale.» Mi schiaccia un occhio. «Fra mezz’ora dovrebbero rientrare mamma e papà, se si accorgono che ho finito due barrette di cioccolato mi urlano contro, quindi mi chiudo in stanza..» dice avanzando verso le scale, «buonanotte sorellona!»
Detto ciò rimango sola in cucina, ripulisco le briciole che ha lasciato e spengo le luci recandomi nella mia stanza. Indosso il pigiamone di pile blu elettrico e mi intrufolo sotto il piumone, lasciando accesa solo la bajour.
Proprio quando stavo per addormentarmi, tormentata da mille pensieri, sento l’iPhone, sistemato sul comodino vibrare. Mi muovo lenta, e con occhi assonnati lo prendo fra le mani.
E’ un messaggio di Brady. Spalanco gli occhi e accenno un sorriso breve.
Buonanotte!
Ti amo
Mi sento il cuore esplodere dentro il petto. Batte all’impazzata e non riesco a controllare la mia pressione, che, è subito aumentata. Le guance mi stanno bollendo ed improvvisamente un calore mi sale su per il corpo.
Tolgo le lenzuola di dosso e rimango immobile sul letto. Fisso il soffitto illuminato dalla fioca luce che proviene dal lampione di fuori.
Lui impazzisce?
Io probabilmente lo sono già e non riesco a darmi pace.
Mi sento un’anima dannata che cerca di espiare la sua colpa.
Mi sento incompleta e non capisco cosa provo.
Sarà questa la punizione per averlo allontanato dalla mia vita sette anni fa?
Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Avete visto? Sono stata più veloce, dai. Ci sono riuscita. Spero, come sempre, vi sia piaciuto. Non ho altro da aggiungere.
Vi ricordo che se non dovessi pubblicare entro una settimana, sarà per vari impegni, quindi... non vi allarmate che prima o poi aggiornerò.
Ovviamente spero di leggervi presto :) Bacioni.
STAI LEGGENDO
Il passato non è mai passato.
RomanceSequel di 'Ostacoli del cuore': Sono trascorsi sei anni da quando la bella e ormai giovane donna Emily Stewart ha abbandonato il liceo. Adesso la sua vita è cambiata. Ha un lavoro, un uomo meraviglioso e nuovi progetti da realizzare. Non poteva mai...