Capitolo 8 - Vertigine

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Vertigine.

A volte accade: quando gli occhi di una persona

non si limitano a guardarti, ma ti assorbono, ti introducono in un tunnel

dove puoi soltanto abbracciarti alla vertigine.

Saper Perdere - David Trueva

Poppy avrebbe voluto che Logan rimanesse a dormire da lei eppure gli aveva chiesto di andarsene, bofonchiando qualcosa a proposito di quanto sarebbe stata dura svegliarsi presto l'indomani. In realtà, Poppy era esitante rispetto all'idea di averlo tra le propria mura, tra i suoi oggetti e ricordi. Era come se averlo lì significasse aprirgli ulteriormente la porta sul proprio privatissimo mondo. Inoltre, se le cose fossero andate male, lei avrebbe conservato il pensiero di lui in quel posto che, nonostante tutto, amava. Si sarebbe girata, avrebbe posato lo sguardo su qualcosa di insignificante e tutto le avrebbe portato alla mente lui. Era un rischio troppo grosso da correre. In ogni caso, lui non si lamentò, né le propose un contro-invito, dunque si ritrovò di nuovo sola nel proprio appartamento, investita dalla paura di trovarsi lì da sola e con troppe cose a cui pensare. Di Sebastian non vi era alcuna traccia, di nuovo, così decise di telefonargli.

«Mi dispiace, lo so, non ci sono mai.» Si scusò, ancora prima che Poppy riuscisse nell'intento di salutarlo e sapere come stesse.

«Dove sei?»

«A lavoro.»

«Quella brandina in quella topaia che chiami il tuo ufficio non è nemmeno lontanamente considerabile un letto. Vieni a casa.» Miagolò, in un maldestro tentativo di mostrarsi docile. In realtà, Poppy viveva quell'assenza come una punizione che non meritava. Sebastian sapeva quanto si sentisse in pericolo sua sorella, come poteva avere così poca cura di lei?

«C'è troppo da fare, Poppy e, tanto per chiarire, su quella brandina mi riposo giusto il tempo per ricaricare le energie.»

«Nessuna notizia di Isobel O'Brian?»

«Non posso parlarne.» Poppy annuì silenziosamente. Era possibile che nel caso fosse stata coinvolta qualche organizzazione posta più in alto della polizia, dunque la clausola di riservatezza era obbligatoria anche per suo fratello, quantomeno quando era al telefono. Ciononostante avvertì nel tono secco di Sebastian una sorta di esitazione che la costrinse ad interrogarsi circa la sua sincerità. L'unico vero pilastro della sua vita le stava mentendo. «Stai bene?»

«Mi manchi.» Poppy si raggomitolò su se stessa come un gattino. Senza Sebastian si sentiva più sola di quanto già non fosse realmente. «Domani vado a Los Angeles, ricordi?»

«Cazzo.» Sebastian imprecò a denti stretti e infine emise un lungo sospiro. «No, non lo ricordavo Poppy, mi dispiace. Non posso proprio tornare, stasera.»

«Non è importante. Prendo l'aereo con Logan, alla fine.»

«Lo hai chiamato?» Disse, dopo una lunga pausa carica di livore.

«Stavo per finire a letto con un mio collega. L'ho chiamato per sapere se mi fosse concesso.»

«Un atteggiamento un tantino passivo-aggressivo.»

«È colpa di mamma. Ho imparato tutto da lei.»

Sebastian rise del tono fintamente piccato della sorella. Si salutarono senza indugiare in smancerie e Poppy si sorprese a sorridere al display del telefono. Non esisteva nessuno al mondo che la calmasse e la rasserenasse come Sebastian.

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