Capitolo 11.

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Sono le 6 del mattino. Oggi è il grande giorno. Oggi finalmente entreremo nella Zecca, e l'agitazione inizia a farsi sentire, anche abbastanza. Alle 7 mi sarei dovuta incontrare con il Professore e Berlino, per le ultime racconandazioni, e alle 8 ci saremmo mossi da Toledo, in modo da essere lì alle 9, quando il direttore della banca, e tantissimi lavoratori sarebbero già stati là. Gli ostaggi erano una parte importantissima del piano, erano necessari per trattare con la polizia.
Ovviamente quella notte non chiusi occhio, e appena arrivò l'orario scesi giù, dove trovai già i due.
"Vabene, ora ci siamo tutti. Allora oggi è il grande giorno. Vi chiamerò ogni 6 ore, per sapere tutte le novità. Se non doveste avere mie notizie per 24 ore, attuate il piano Valencia, e scappate con più soldi possibili. Poi vi ho messo in due al comando per una ragione: Cairo deve essere al comanda degli ostaggi, e tu Berlino, a quello tecnico. Tutto chiaro?" disse il Professore a me e a Berlino, per poi abbracciarci a tutti e due, era decisamente il più spaventato tra i tre.
"Andrá tutto bene, miraccomando. Appena arrivano gli altri vi do gli ultimi avvertimenti, e poi verso le 8 partiamo, in modo da trovare per strada la polizia e i camion per il rifornimento della carta per le banconote, e entrare senza essere sospetti." ci staccammo dall'abbraccio, e io e Berlino annuimmo.
Piano piano iniziarono ad arrivare gli altri, già con la tuta rossa da Dalì, con la loro maschera, e con le armi. Facemmo colazione velocemente, e subito dopo il Professore dette le ultime raccomandazioni a tutta la squadra.
"Prima di andare volevo dirvi un'ultima cosa: le cose più importanti lì dentro, saranno non uccidere nessun ostaggio e nessun poliziotto, guadagnare tempo, e soprattutto, non farvi vedere mai in faccia da nessun agente. Una volta scoperta la vostra identità, cercheranno in tutti i modi di convincervi ad abbandonare tutto, a consegnarvi in cambio di una pena scontata, o in cambio della libertà. Giocheranno con i vostri punti deboli, ma questo, sarà possibile solo se scoprono chi siete. Quindi prestate attenzione, ne dipende la vostra libertà."
Dopo questo discorso il Professore strinse la mano a ognuno, e iniziammo a salire nell'enorme camion, che sarebbe stato guidato da Berlino e Helsinki, io invece sarei rimasta dietro con gli altri.
Dopo una mezz'ora sostammo al centro di un bivio, e lì il piano avrebbe avuto veramente inizio: avremmo bloccato la strada alla polizia e a quelli che trasportavano la carta con filgrana.
Tutto andò come previsto, i poliziotti obbedirono, più per paura che per altro.
Nairobi e Tokyo invece, salirono su una macchina fornita dal Professore, sarebbero entrate come turiste nella Zecca.
"Apri questo cazzo di camion o ti faccio saltare la testa ora!" dissi io puntando il mio M16 contro il conducente del veicolo con il quale saremmo entrati nella Zecca.
Cambiammo il carico: abbiamo aggiunto ai 20 rotoli di carta, munizioni, mitragliatrici, attrezzi per scavare il tunnel dal quale saremmo scappati, esplosivi, e tante cose di questo genere, e infine ci siamo infilati a gruppi di 3 dentro alcuni di quelli.
Rio, l'hacker del gruppo, era solo in un barile, a disattivare tutti gli allarmi e le telecamere, in modo che quando la polizia avrebbe provato ad accederci, per ricavare le nostre identità non ci sarebbe riuscita.
"Ora mi siedo accanto a te, fingendomi un poliziotto e puntandoti una pistola sui coglioni. Se non rispetti il piano ti uccido qui sul posto." disse Berlino al poliziotto terrorizzato. Helsinki passò alla guida del nostro furgone, dove oltre noi c'erano anche due poliziotti e il vero conducente del camion, che ormai avevamo preso in ostaggio.

Tutto andò secondo i piani, cazzo, eravamo dentro.
"Ce l'abbiamo fatta. Siamo nella Zecca di Stato. Se qualcuno fa cazzate o mette in pericolo il piano, vi faccio saltare la testa, ve lo giuro." dissi io, non sarei mai tornata in prigione per le bravate di qualcuno.
"Tokyo. Nairobi. Ci siete?" chiesi io subito dall'auricolare, e subito ebbi una risposta.
"Si. Stiamo entrando." disse Nairobi. Il Professore mi disse subito di contare fino a 15, e poi di dare il segnale a tutti di sparare, attraverso l'auricolare che ci era stato dato.
"Ora!" dissi io urlando, e di li si scatenò il panico. Proiettili ovunque, rumori assordanti, le grida di tutti i lavoratori. Quanto mi era mancato tutto questo.
"Nessuno si muova!" gridò Denver seguito da Mosca e subito dopo da Palermo.
Io e Macarena, andammo negli uffici vestiti da Dalì.
"Tutti fuori! Il primo che parla lo sparo! Muovetevi!" gridò la bionda, aveva imparato tantissimo da me.
Nairobi e Tokyo si erano invece occupate delle guardie all'ingresso.
"Fermo! Non ti muovere o sparo!" disse la seconda puntando la pistola a una delle due guardie, mentre Saray aveva fatto perdere conoscenza ad un'altra, sarebbe stato più facile operare.
Piano piano tutti entrammo nelle varie stanze, ci assicurammo di aver radunato tutti nella sala principale, e subito dopo Berlino schiacciò un pulsante per blindare l'entrata alla Zecca.
Rio nel frattempo aveva attivato tutte le telecamere del Professore, e aveva trovato un modo per parlare con il nostro aiuto dall'esterno, senza poter essere rintracciabili dalla polizia.
Coprimmo gli occhi dei presenti con delle mascherine, e subito dopo iniziai a parlare.
"Buongiorno a tutti, anzi non penso che per voi sia un buongiorno. Io sono Cairo, e insieme al signor Berlino sono al comando dell'attacco. Consegnate tutti i telefoni alle due mie compagne. Barcellona, Tokyo, sequestrate tutti i telefoni e spegneteli. Il direttore è pregato di fare un passo avanti."
Nessuno fece ciò che avevo detto, quindi iniziai ad alterarmi.
"Forse non ci siamo capiti. Il direttore faccia un passo avanti, se no appena lo trovo, gli sparo un colpo." dissi alzando la voce, e subito un uomo si fece avanti.
"S-sono io." disse un uomo con le braccia in alto e con la voce tremante.
"Benissimo. Tu vieni con me adesso." dissi io portandolo in una stanza dove sarebbe stato solo, era uno dei tasselli fondamentali per la riuscita della rapina.
Mentre Maca e Saray confiscavano i telefoni, Helsinki e Palermo distribuivano le divise, io mi occupavo del Governatore, e Rio cercava di mettersi in contatto con il Professore, Denver e Mosca scesero nei sotteranei ad aprire il caveau dove avremmo scavato il tunnel con il quale saremmo arrivati al bunker del Professore il giorno della nostra fuga, e per prendere i soldi che ci sarebbero serviti nei minuti successivi.
Poi passammo alla seconda parte del piano: uscire, lasciare fuori i soldi e sparare all'impazzata.
Saremmo usciti io, Tokyo, Rio, Palermo e Helsinki, cinque persone erano sufficienti.
Iniziammo a sparare come ci aveva detto il Professore, ma i poliziotti fecero lo stesso. Cominciarono a sparare, e una pallottola colpì Rio. Tokyo, accecata dalla rabbia, non iniziò più a guardare dove sparava, e in questo modo ferì 3 agenti. Cazzo. La prima regola del piano.
"Tokyo cazzo sei impazzita? La prima regola del piano! Porca Puttana!" gridò Palermo. Cazzo, cominciava male.

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Ciao a tutti, eccomi tornata. Da ora i capitoli saranno un po' più movimentati. Grazie per le 650 letture💞

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