Chi ci dice che ciò che abbiamo letto in un libro di fantasia non sia realmente accaduto? Chi ci può confermare che, voltato l'angolo, non possa accadere l'immaginabile?
Hermo è un giovane che, passeggiando per le strade di Como, viene catapultato i...
Quella sera io venni confinato nella camera che avevo già occupato prima. Mi avevano portato la cena in stanza, dicendomi che era meglio che riordinassi le idee e riposassi un po'. Io però pensai solo che volessero controllarmi e tenermi lontano da Amplias. «Non gli faremo del male!» mi aveva rassicurato Hagrid quando lo avevo visto prendere la gabbietta per portarla alla sua tenda. Gli credetti, perché era Hagrid, un mezzo gigante buono come il pane, e sapevo che nelle sue mani il mio gatto, o chiunque lui fosse in realtà, non avrebbe sofferto alcun male. Dalla finestra della mia camera vidi in penombra il mantello nero di Piton svolazzare al vento mentre lui camminava sulla sabbia, allontanandosi dalla casa, per un attimo si fermò, si voltò a guardare in direzione della finestra e mi lanciò uno sguardo rigido al quale però non detti molto peso. Era Severus Piton, non avrei mai visto la dolcezza nei suoi occhi, a meno che il ricordo di Lily Evans non stesse sorvolando la sua mente. Poi mi sdraiai sul letto per seguire il consiglio dei maghi e riflettere sull'accaduto, ma gli avvenimenti stressanti di quella giornata erano stati tanti e io caddi in un sonno profondo.
«Hermoooooo...» La voce di mio nonno risuonava nella valle mentre qualcosa di invisibile, forse la paura, mi immobilizzava. Ero nascosto dietro un albero, ma riuscii vedere mio nonno Hermo che cadeva dal dirupo, avvolto da un fascio di luce verde, e non riuscivo a muovermi. Poi tutto tacque, gli uccelli tornarono a cantare e il fragore della cascata dietro casa tornò a farsi sentire. D'un tratto mi sentii strattonare, era mio padre e io sentii improvvisamente il mio corpo più sciolto. «Hermo, prendi il gatto... Sbrigatì» urlò e io ubbidii, tremante. Mi sentii risucchiare in un vortice e mi trovai in pochi istanti il un altro luogo, ma non ebbi nemmeno il tempo di guardarmi intorno, vidi solo i miei piedi in un lampo di luce e udii una parola: «Oblivion!»
La luce chiara mi accecò, cercai di proteggermi gli occhi ma era fastidiosa, mi divincolai quando sentii qualcosa stringermi il braccio. «Ragazzo! Ragazzo, stai calmo!» La signora Weasley era in piedi accanto al letto con lo sguardo preoccupato. «Ragazzo... Stavi facendo un brutto sogno.» «Chi? Io?» Mi stropicciai gli occhi, le tende erano aperte e la luce invadeva la stanza. «Credo di sì.» «Non ti preoccupare. Riprenditi, ti ho portato la colazione» mi informò dolcemente, così io ubbidii a quelle parole amorevoli, mi avvicinai al tavolo e sedetti a mangiare mentre lei rifaceva il letto. Era strano, non usava la bacchetta. «Hermo... Abbiamo notato che tu sai tante cose di noi.» Io annuii, avevo la bocca piena. «Bene! Ma ci chiedevamo come facessi tu a sapere tutte queste cose...» Mandai giù le uova, che tra l'altro erano buonissime. «Ho un libro a casa, sono sette a dire il vero. "Harry Potter". È la sua storia no?» La donna sbiancò inspiegabilmente. «E chi lo ha scritto?» chiese lei sconcertata. «J. K. Rowling. È una donna inglese. Fino a pochi giorni fa credevo fosse una scrittrice con una fantastica fantasia, ora però devo credere che sia una strega se tutto questo è vero, o io non sono pazzo.» Continuai a mangiare, attaccando la pancetta nel mio piatto. Niente, nemmeno l'idea di essere ammattito mi avrebbe più sconvolto. «Ah, ok ragazzo. Ci vediamo dopo.» Corse fuori dalla stanza e udii il chiavistello della porta in legno scattare. Avevo notato la sua faccia scioccata dalle mie parole, ma avevo fame e lì per lì non gli diedi troppo peso.
Attesi parecchio tempo prima di rivedere qualcuno quel giorno. Venne solo la signora Weasley per portarmi in bagno e darmi acqua fresca, colmandomi con il suo caldo sorriso di madre amorevole quale era. Solo quando la luce del giorno si affievolì, udii la chiave girare nella toppa e vidi Arthur Weasley fare capolino nella stanza. «Hermo!» disse, quasi sorpreso di vedermi ancora lì. «Signore!» «Noi... Vorremmo averti a cena stasera, con noi, dabbasso.» «Oh, grazie!» dissi. «Ma... Amplias...» «Sta bene!» mi interruppe. «Tranquillo. Se n'è perso cura Hagrid!» Che significava che stava benissimo. Scesi le scale dietro di lui. Trovai la cucina piuttosto affollata. C'era Molly Weasley ai fornelli; il signor Weasley, che era entrato con me; Hagrid stava a distanza, non troppo comodo a causa della sua statura; c'era anche Minerva McGonagall, in un mantello verde, lungo fino ai piedi. Mi accolsero tutti con un sorriso. «Stai bene... Hermo?» mi chiese la McGonagall, gentile. «Certo signora! Grazie.» «Molto bene.» «Siedi pure» proruppe Molly Weasley. «Forza tutti seduti!» «Ma non aspettiamo...» le chiese il marito. «È sempre in ritardo...» Ma le sue parole furono interrotte da un tonfo sordo, o forse era un leggero boato, appena fuori casa. Tutti si voltarono, ma i loro volti non erano preoccupati. «Eccolo finalmente!» «Io ci do un abbraccio e poi vado nella mia tenda Molly. Qui non ci sto!» disse Hagrid. Sembrava che tutti capissero a cosa si riferisse, io non sapevo proprio chi stessero aspettando, fin che la porta si aprì e Harry Potter in persona mise piede in casa Weasley. La mia mascella si spalancò, quasi si lussò. «Harry Potter» sussurrai, scioccato, ma nessuno sembrò udirmi perché Hagrid aveva già allargato le braccia e stava dicendo: «Ciao ragazzo mio! Vieni ad abbracciarmi!» Harry lo accontentò. Non ci avevo messo nemmeno un secondo a riconoscerlo. I suoi capelli scuri e spettinati, gli occhiali e la cicatrice sulla fronte era chiaramente visibile. Dietro di lui era entrata quella che non poteva essere altri che Ginny Weasley. Andò ad abbracciare la madre e il padre, poi entrambi i nuovi arrivati si accorsero di me. Ginevra mi scoccò un sorriso dolce, quasi quanto quello della madre, ma deciso, come la ragazza che sapevo che lei fosse. Lo sguardo di Harry era più impacciato, ma comunque gentile. «Allora... Tutti a tavola!» Molly Weasley batté le mani per richiamare l'ordine, poi diede un colpo con la bacchetta verso uno stipetto che si aprì facendovi danzare fuori sei o sette piatti, che andarono a posarsi davanti alle sedie che stavano per essere occupate. L'atmosfera era allegra, non potevo credere di essere lì a vivere quel momento, e lo fu finché la porta di casa si aprì nuovamente. Severus Piton entrò, spostando il suo lungo mantello nero, in un gesto che mi parve più che altro teatrale. «Mi ha detto Hagrid che sei appena arrivato» disse in direzione di Harry, in tono piatto, scandendo come al suo solito ogni singola parola. Harry Potter si alzò dal tavolo, sembrava teso, l'atmosfera lo era di certo. Il ragazzo si avvicinò a Piton e in uno scatto gli fu addosso, abbracciandolo. «Severus...» e per la prima volta da quando ero stato portato lì, per la prima volta da quando avevo letto e immaginato la storia di Harry Potter, vidi Piton sorridere.
Note autrice: da amante del personaggio di Piton, ho atteso questo abbraccio dal momento stesso in cui Harry si è immerso nelle lacrime di Severus, nel pensatoio di Silente. Un momento che sapevo non sarebbe mai arrivato. Ecco perché ho deciso di farlo tornare, e quando ho scritto queste ultime parole, scusate la mia svenevolezza, ho pianto.
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