4- La tenda di Hagrid

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Il pranzo fu ottimo, la signora Weasley sapeva incantare il cibo e far sì che diventasse un piatto prelibato. Nonostante il caldo gustai un ottimo stufato con le patate, condito dalle chiacchiere allegre e disinvolte di Minerva McGonagall. Ammetto che dovetti stropicciarmi gli occhi un paio di volte, non mi sembrava vero, ma ero al cottage da quasi ventiquattro ore e tutti mi trattavano ormai come uno di casa. La signora Weasley era come la immaginavo: rotondetta, con un grembiule perennemente legato in vita e un sorriso raggiante, incorniciato da capelli di un rosso un po' spento, forse dall'età. Era comunque una donna straordinaria, la madre che avrei voluto avere, che chiacchierava con la professoressa che avrei voluto vedere trasformarsi in un gatto a una delle sue straordinarie lezioni. Avrei dovuto cominciare a credere non fosse un sogno perché tutto stava accadendo in modo ordinato, niente affatto sconclusionato e frazionato.
«Piton non mangia con noi?» chiesi e credo di aver lasciato trasparire il mio disappunto insieme a quelle poche parole, perché la McGonagall mi scoccò un sorriso comprensivo, come a volermi donare un po' della sua pazienza.
«Non te la prendere ragazzo, Severus è fatto così. È ancora sconvolto per l'accaduto ed è preoccupato. Ha solo un modo diverso dal nostro per esprimerlo.»
«È ancora sconvolto per la morte di Silente, posso capire» aggiunsi.
«Albus, sì, ma non solo.» E le sue ultime parole si posarono su volto allegro di Molly, che si sforzò di mantenere le guance tirate in un sorriso, ma davanti ai suoi occhi stava passando un velo grigio che faceva apparire quel gesto come una smorfia di dolore.
«Mi dispiace signora Weasley» le dissi, lei si ridestò come da un sogno e tornò a illuminarmi del calore del suo sguardo.
«Non è niente ragazzo» mi consolò.
Solo in quel momento mi fermai a riflettere su tutta la faccenda, su quello che era accaduto a quel gruppo, l'ordine della fenice, negli anni. Fred Weasley era morto nella grande battaglia contro Voldemort, così come tanti altri. Eppure la sua famiglia combatteva ancora. Ma cosa stavano cercando ancora?
«La verità è che siamo tutti sconvolti. Tu conosci molte cose che non dovresti sapere e ignoriamo il perché» riprese Minerva.
Nemmeno io ne avevo idea. Avrei potuto dir loro che avevo letto le loro avventure nei libri, ma avrei peggiorato la situazione. Se volevo essere definitivamente trattato come un fenomeno da manicomio, quello sarebbe stato il gesto definitivo. Decisi di lasciare loro il compito di venirne a capo, soffocando la mia curiosità e cercando di unire i pezzi del puzzle uno alla volta.

Dopo pranzo lasciai le due donne alle loro conversazioni, io tornai fuori a passeggiare, cercando un modo per ingannare il tempo nell'attesa che il signor Weasley tornasse dal Ministero con buone notizie.
Girai attorno alla casa. Notai il tetto fatto di conchiglie, bizzarro ma appropriato. Mi diressi verso la capanna di Hagrid e, non lontano da questa, vidi un mantello nero chinarsi per entrare. Quando mi guardai intorno, scorsi chiaramente un omone infilarsi nella boscaglia, lontano dalla sua tenda.
Cosa ci faceva Piton nella tenda di Hagrid? Mi era sembrato che entrasse furtivo, per cui decisi di seguirlo.
Scostai la tenta, affascinato ancora una volta dalla stanza che vi si apriva all'interno. Al primo colpo d'occhio non vidi il mago. Girai per la stanza, era vuota. Mi accorsi che dall'atrio si scorgeva una parte chiusa, nascosta alla vista, pensai potesse essere un'altra stanza e che forse Piton vi si era nascosto.
Presi coraggio e mi diressi verso le tende chiare che mi separavano da quell'uomo, ma fui educato.
«C'è nessuno?» chiesi entrando.
Le tende si aprirono su una camera da letto. Severus Piton si era voltato di scatto, la bacchetta puntata contro di me. Era in piedi davanti a una grossa libreria, alla sua sinistra c'era un letto, lo ricordo perché nonostante tutto pensai che immaginavo dormisse a testa in giù, appeso al ramo di un albero. Quando mi vide rilassò le spalle, ma non ripose la bacchetta.
«Le persone non si annunciano, prima di entrare, in Italia?» Colpito e affondato, aveva ragione, non mi ero presentato all'ingresso della tenda. La verità era che mi aspettavo di sorprenderlo nel tentativo di fare qualcosa di losco, anche se non riuscivo a immaginare cosa.
«Mi scusi, non pensavo...» Ma le parole mi morirono in bocca, non sapevo cosa stessi o non stessi pensando. Non sapevo che ruolo avesse Piton in tutta quella faccenda, come non sapevo che ruolo avessi io. L'uomo si sciolse, forse aveva deciso che il mio sguardo era sincero o spaventato.
«Se cerchi Hagrid, è uscito» disse secco.
«No, io ingannavo il tempo.» Mi misurò. «Però me ne vado» conclusi.
«Sarò sincero con te ragazzo, non so cosa centri in tutta questa storia ma, stai tranquillo, troverò la risposta.»
«E allora io sarò davvero curioso di sapere quale è questa risposta. Sarei anche grato a lei o a chiunque altro, se si sbrigasse e mi permettesse di tornare a casa.» Gli tenni testa perché ero stufo, non meritavo quel trattamento e lui lo intuì. Credo anche che apprezzò il fatto che gli stessi parlando in modo diretto, perché mi diede le spalle, come fa un animale che si fida dell'uomo.
«Ci sono cose che non so» tentai, in tono garbato e attirai la sua attenzione. Smise di cercare chissà quale libro dallo scaffale e si voltò con le sopracciglia inarcate.
«Non so cosa le sia accaduto. Come sia guarito e rimasto in vita nella foresta proibita» continuai.
Il suo viso si rilassò.
«Cosa succede quando ti morde un serpente velenoso ragazzo?» mi interrogò come se fossi uno dei suoi studenti e ne fui in parte eccitato, in parte terrorizzato. Era quello che si provava e stare al cospetto di Severus Piton o nella sua aula? Cercai di far fruttare al meglio quella lezione privata che era un misto tra Pozioni e Difesa contro le arti oscure.
Comunque fosse, non conoscevo la risposta.
«So solo che Arthur Weasley è stato morso allo stesso modo ed è finito al San Mungo per settimane e non so se il Dittamo possa funzionare contro il veleno di Nagini, ma forse...» azzardai. «I rimedi Babbani?»
«I rimedi Babbani, li chiamano punti di sutura, vengono sciolti dal veleno di Nagini» spiegò freddo.
Un sorriso sarcastico solcò il viso stanco del professor Piton, che si volse nuovamente verso la libreria.
«Mi ha trovato Fierobecco» cominciò, sempre cercando qualcosa tra le pagine di un libro. «Me lo aspettavo un attacco del genere dal Signore Oscuro, ero preparato. Immaginavo che avrebbe fatto fare il lavoro sporco a lei, ciò che non mi aspettavo era che sarei rimasto in vita quel tanto da poter prendere l'antidoto dalla tasca del mio mantello. Fece effetto quel tanto da permettermi di arginare le ferite.» Aveva trovato quello che cercava e mi porse un volume aperto, le pagine erano vagamente ingiallite e il testo citava la seconda legge di Golpalott. Tenendo il segno con il dito, lessi il titolo del libro: Pozioni avanzate. Sorrisi.
«Non sono certo uno sprovveduto!» si difese l'uomo che aveva frainteso il mio sorriso.
«Lo so!» lo rassicurai.
«Ero svenuto appoggiato a un albero del bosco. Stavo sognando di essere morto, che la guerra magica fosse finita e io avrei potuto incontrare Albus e...» Si bloccò guardando il vuoto.
«Cosa le avrebbe detto? Cosa voleva dire a Lily Evans?» Era il suo cognome da ragazza, pensai che potesse fargli piacere perché, in fondo, lui l'aveva conosciuta come Lily Evans. La giovane figlia di Babbani che non sapeva di essere una strega, ma che faceva della magia straordinaria. La ragazza che era andata a Hogwarts con lui e che però era stata smistata Grifondoro, mentre lui era entrato a far parte della casa Serpeverde. L'amica di sempre, l'amore di sempre. Immaginavo che per lui sarebbe stata Lily Evans, sempre.
Il suo volto non confermò né smentì le mie convinzioni.
«Le avrei detto che mi dispiace, o forse niente, non le avrei saputo dire niente. Ero vivo e con tutta probabilità suo figlio era morto.» Tornò a fissare le pagine del libro nelle mie mani. «Vorrei solo che pensasse che non sono un codardo.»
«Credo che Lily lo sappia signore» lo rincuorai, o almeno cercai di farlo.
Smisi di guardarlo, per rispetto e per lasciare ai suoi occhi lucidi l'intimità di cui avevano bisogno, così notai delle scritte fatte a mano, con l'inchiostro, accanto al testo.
«Il principe mezzo sangue non ha mani smesso di prendere appunti sui libri, vero?» Stupito ancora una volta di constatare che sapevo molte cose su di lui, alzò lo sguardo su di me. Pensavo di aver aperto una breccia nella sua corazza, invece i suoi occhi si erano posati sulle annotazione e il suo viso era diventato serio, duro come sempre. Mi ero riferito solo alle indicazioni scritte a mano accanto alle spiegazioni. Le riguardai e notai un nome che attirò la mia attenzione: Hermes.
L'uomo si fece avanti, minaccioso. Mi strappò il libro di mano, forse aveva dimenticato di aver preso quell'appunto, ma la trovai comunque una reazione eccessiva e fuori luogo.
«Tu sai troppe cose, Hermo, o come ti chiami... ragazzo! Parla! Da dove vieni?» si difese da un attacco che io non avevo sferrato. Ero confuso, più confuso di prima.
«Lei... lo sa da dove vengo» balbettai e lui fu sul punto di chiedermi altro, alzando un dito verso di me, quando Hagrid entrò nella tenda.
«Che bravo il mio Beccuccio» disse e sembrava stesse parlando da solo. «Se ne sta tutto tranquillo nel bosco, senza dar fastidio a nessuno. Benedetto Fierobecco. Vero Severus? Se non ti trovava lui tu...» Ma tacque di botto quando mi vide e notò il dito di Piton puntato su di me. «Ci dai lezioni Severus?» chiese l'omone, forse dopo aver visto un libro tra le mani dell'ex professore.
«Non ce n'è bisogno Hagrid, questo ragazzo sa fin troppe cose» scandì.
«Il professor Piton mi stava raccontando come è sopravvissuto nella foresta proibita ricoperto di ferite che non volevano rimarginarsi» aggiunsi fingendomi disinvolto.
«Il caro professor Piton ne sa una più di Merlino!» Il gigante rise. «Quando Beccuccio lo ha trovato e poi io l'ho raggiunto nella foresta, se ne stava appoggiato al tronco di un albero, era a un passo dalla morte. L'ho portato nella mia capanna, era debole ma non perdeva più sangue. Sono corso dalla McGonagall e lo abbiamo rimesso in sesto in gran segreto.» Dall'enfasi con cui lo raccontava, si capiva che ne era orgoglioso.
«Come mai non sai queste cose ragazzo?» mi provocò Piton, indifferente al racconto di Hagrid, forse perché glielo aveva sentito narrare milioni di volte.
«Non so tutto!» mi difesi.
«E dimmi, cosa hai pensato quando mi hai visto sul lago, ieri?»
«Ho pensato agli Horcrux.» Lo dissi tutto d'un fiato, temevo la sua reazione e a ben ragione. Il suo volto si accartocciò in una smorfia rabbiosa. Credo si stesse trattenendo solo per la presenza di Hagrid, io sapevo che avrei dovuto scatenare una qualsiasi reazione per avere maggiori informazioni.
«Come osi, piccolo Babbano. Io usare Horcrux per restare in vita?»
«Lei li conosce e ne conosce il potere!»
«È buffo che proprio tu parli di Horcrux ragazzo! È curioso. Devi comunque sapere che la mia conoscenza nella materia oscura non mi dà il diritto di adoperare le arti magiche oscure.» Cercava di ricomporsi, ma il suo astio nei miei confronti trascurava in ogni sua parola. Avevo azzardato troppo e stuzzicato la persona che più poteva aiutarmi. «Lascio ai codardi e alle loro famiglie il compito di temere la morte al punto da voler vivere dentro corpi altrui, o addirittura in oggetti o animali. Io lo trovo disgustoso.» Il suo disprezzo andava oltre alla repulsione per l'argomento, sembrava un attacco diretto alla mia persona e non capivo cosa intendesse dire. Forse pensava che mi interessasse la materia, ma non mi consideravo nemmeno un mago, come avrei potuto fare esperimenti in tal senso?
Non ebbi il tempo ti ribattere, e forse non lo avrei mai fatto, perché lui uscì scostando il mantello in un gesto teatrale.
«È ancora sconvolto il povero Severus. È stato accusato della morte di Silente, sai, ha dovuto ucciderlo lui in un certo senso. Sono cose che ti rimangono attaccate addosso quelle, credimi. Ma non farebbe mai nulla di male, nemmeno a te. Stai tranquillo. Quando lo tocchi in certi punti, diventa una bestia Severus» cercò di giustificarlo Hagrid.
«Ti hanno detto che Arthur sta per tornare? Sono passato da Molly mentre rientravo e quel benedetto orologio indicava che era in viaggio verso casa.» Mi diede le spalle per chinarsi sulla stufa spenta e armeggiare con la legna. Nonostante fosse estate, la sera in riva al mare rischiava di far fresco.
«Grazie Hagrid! Allora torno in casa ad aspettarlo.» Alzò una manona e io uscii all'aria aperta. Il profumo di salsedine mi invase, la pace del luogo mi fece calmare i nervi. Ancora una volta, parlare con Severus Piton si era dimostrato un fiasco e aveva contribuito a riempire la mia testa di altre domande. Tuttavia la mia mente corse alla possibilità di tornare in Italia a prendere Amplias, così trottai verso Shell cottage.

Il ritorno di Severus PitonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora