Ashley aprì gli occhi di colpo.
Non capiva dove si trovava, aveva lo sguardo appannato e non riusciva a distinguere chiaramente la realtà. Le orecchie le ronzavano, amplificando esageratamente i rumori attorno a lei.
C'era un suono ritmico di qualcosa di possente che andava a sbattere contro qualcos'altro, forse un muro.O una roccia.
Improvvisamente riaffiorarono i ricordi dell'accaduto. Mare. Scoglio. Tuffo. Onde. Buio.
Sbattè gli occhi un paio di volte per riuscire a mettere a fuoco il suo campo visivo e, quando finalmente ci riuscì, vide dove si trovava.
Era distesa su un fianco, con le gambe parzialmente immerse nell'acqua e il resto del corpo appoggiato sulla roccia di uno scoglio.
Le vennero i brividi guardando il colore della sua pelle, lasciata in bella vista dai pantaloni troppo corti per le sue gambe. Era pallida come un cadavere, e in molti punti si intravedevano macchie violacee. Doveva essere in ipotermia, perchè non sentiva nemmeno il contatto dei suoi piedi con l'acqua. A dire il vero non sentiva nemmeno i piedi, ma dettagli.Poggiò le mani sulla pietra e fece forza per riuscire a portarsi in posizione seduta. Fu uno sforzo enorme, ma alla fine riuscì ad appoggiarsi con la schiena ad un altro scoglio e trascinare le gambe fuori dall'acqua. Anche solo quel semplice movimento l'aveva sfinita.
Ricordandosi della collisione con lo scoglio si portò una mano alla tempia, tastando la ferita. Non doveva essere molto profonda, ma bruciava da morire.
Guardò il mare ormai calmo e provò un brivido di paura al ricordo della sera precedente.
Non aveva idea di come avesse fatto a salvarsi, non c'era nessuno nei paraggi che avesse potuto tirarla fuori dall'acqua.
Se qualcuno l'aveva salvata, se n'era andato da un pezzo.
Ma che senso avrebbe avuto lasciarla lì così? Chiunque avrebbe come minimo chiamato un'ambulanza.
La cosa più probabile, pensò, era che fosse stata la corrente a riportarla a riva. Sì, doveva per forza essere così, non c'erano altre spiegazioni possibili.Si domandò quanto tempo fosse stata sott'acqua... minuti? A lei erano parse ore solo quei pochi istanti di lucidità prima dell'impatto con lo scoglio.
Ore
Cavolo, che ore erano?
Il cielo era chiaro, ma il sole non si vedeva.Con uno sforzo enorme riuscì ad alzarsi in tempo per vedere, oltre quel dannato scoglio, una luce irrompere improvvisamente attraverso il folto strato di nuvole.
E il cielo si colorò di arancio e viola.L'alba
La realtà le piombò addosso con la forza di una colata di cemento.
Aveva passato la notte là fuori e suo padre doveva star impazzendo. Lo conosceva abbastanza da sapere che, se fosse morta, non si sarebbe mai perdonato di non averla salvata. Non anche lei.Ashley fu investita improvvisamente da un prepotente senso di colpa. Come aveva potuto far questo a suo padre?
Sono una stupida, pensò.
Gli occhi le si inumidirono e sentì una lacrima rigarle il viso. Non ce la faceva a non piangere, era troppa la rabbia che provava per se stessa. Con un ultimo gesto disperato prese l'inalatore che aveva ancora in tasca e lo scagliò nel mare più lontano possibile, poi voltò i tacchi e cominciò a correre verso casa.
Si rese conto che lanciare l'inalatore era una stupidaggine, ma non era stata certo la prima o la peggiore delle ultime ventiquattro ore.
Più che correre stava barcollando scompostamente. Le ferite ai piedi le facevano male ed era scossa da brividi lungo tutto il corpo, era bagnata fradicia.
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SIGHT
Teen FictionCiao, il mio nome è Ashley Gray... Credetemi se vi dico che la mia storia non è convenzionale. Potrei dare la colpa di tutto questo a qualsiasi cosa: a quella stupida scogliera, al fato, al destino... ma probabilmente alla fine il merito è solo mio...