Capitolo 4

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La profezia di Amira



«Che ne dici di questo?» chiesi ad Amira, mostrandole l'abito che indossavo.
Un tubino nero, di maglina leggera, un po’ scollato e con un leggero spacco sul retro mi fasciava il corpo perfettamente. L'avevo acquistato a Bateson, prima di partire, ma non avevo ancora trovato nessuna occasione adatta per indossarlo.
«Se il ristorante è elegante, come dice la tua compagna di stanza, è perfetto» rispose lei.

L’invito per la cena era stato esteso anche ad Amira e Brad, un amico di Dawson. L'idea di fare una cena a coppie con il mio quasi ex, il mio migliore amico e Kate mi aveva fatto accapponare la pelle, e così avevo chiesto aiuto a colei che sapeva sempre salvarmi dalle situazioni più improbabili: Amira.

Insieme avevamo pensato che, se fossimo stati almeno in sei, sarebbe stato più facile farla sembrare una cena tra amici, piuttosto che quello che si apprestava ad essere nella realtà: una trappola per Nathan.

«Questo vestito mi fa sentire un po’ troppo sexy... non so se sia il caso di indossarlo...» dissi, raccogliendo con le mani i miei capelli.

«Immagina se incontrassi il professor Ruiz vestita così, gli prenderebbe un colpo...» rise Amira, mentre continuavo ad osservare, indecisa, la mia immagine riflessa nello specchio.
«Non nominarlo, non faccio altro che contare i giorni che mancano alla prossima lezione» risposi.
Quell'idea, però, seppur solo immaginaria, mi convinse a tenere su quel vestito.

Pettinai i miei lunghi capelli castano scuro e decisi di lasciarli sciolti e morbidi: erano della giusta lunghezza per coprire, di tanto in tanto, quello scollo, forse un po’ troppo profondo per una semplice serata tra amici.

Il cellulare di Amira emise un suono: «È un messaggio di Dawson, sono qui fuori. Andiamo» disse, prendendo la borsa.

Quando poco più tardi arrivammo all'indirizzo inviatoci da Kate, in macchina calò il silenzio. La struttura che apparve davanti a noi era da togliere il fiato. Nessuno dei presenti in quella macchina era mai stato prima in un posto così elegante.
Un uomo prese le chiavi e portò l'auto di Nathan al parcheggio, mentre noi varcammo la soglia del Paradise.

Kate, da brava padrona di casa, ci accolse sulla porta.
«Buonasera ragazzi» ci salutò.
Nei suoi occhi si poteva leggere che non era nella pelle per quello che stava per accadere: di lì a poco, avrebbe finalmente conosciuto Nathan.
«Kate, ho portato alcuni amici» recitai, come se non fosse stata lei a scegliere gli invitati. «Dawson lo conosci già, lui è il suo amico Brad, lei è la mia ex compagna di stanza Amira, e lui è Nathan, frequenta il nostro college.»
«Tu sei il capitano della squadra di football, ti ho visto all'inaugurazione...» disse, stringendogli calorosamente la mano ed ignorando, senza neanche rendersene conto, gli altri invitati.
«Lei è Kate, la mia nuova compagna di stanza, e stasera siamo suoi ospiti» conclusi.

Kate ci fece strada e prendemmo posto ad un tavolo al centro della sala con delle comode sedie di legno e pelle color avorio.
Il lusso di quel ristorante emergeva in ogni suo piccolo dettaglio: i lampadari moderni tempestati di minuscole lucine giallo oro, che sembravano quasi fuochi d'artificio appena esplosi, i calici dalla forma particolare, quasi a ricordare una clessidra, e i piatti ricercati che vedevo adagiare abilmente dai camerieri sui tavoli degli altri ospiti.

Amira osservò tutto, come in estasi. In quel momento pensai che, per lei che frequentava un corso di cucina di alto livello, dovesse essere davvero meraviglioso cenare lì, ma quello che nessuno di noi, quella sera, poteva immaginare era che quel ristorante sarebbe diventato, anni dopo, il suo primo luogo di lavoro, come chef.

Kate prese prevedibilmente posto vicino a Nathan e iniziò a darsi da fare: «Allora, Nathan, come ci si sente ad essere il capitano della squadra di football?» gli chiese con voce suadente, sfiorandogli il braccio.

My First Bitter LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora