Capitolo 6

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La notte di Halloween


«A quanto pare, siamo in due...».

Rimasi immobile per qualche momento prima di voltarmi.
Ricordo di aver pensato: “Può essere che io lo stia di nuovo sognando?”.
Tra tutte le persone con cui mi sarei potuta ritrovare in quella situazione allucinante, il destino scelse proprio lui.

«Miss Valentine? È lei?» incalzò la sua voce nasale.
Non avevo scelta. Mi voltai lentamente.
Nella penombra, vidi i suoi denti bianchi e capii che stava sorridendo.
«Sì... la porta è chiusa» fu l'unica cosa che riuscii a dire.

«Oh, questo lo vedo. Sapevo che l'orario di chiusura fosse mezzanotte...»
«In effetti, l'avviso dice così. Ma lei che ci fa qui, professor Ruiz?» domandai.
«Mi fermo spesso nel salottino in fondo a leggere libri...»
«Salottino?»
«Sì, oltre le librerie c'è una zona relax. Deve scoprire ancora tanto di questo college, Miss Valentine».

Mi guardai intorno senza sapere bene cosa dire o cosa fare. Ero del tutto spiazzata.
«Penso che qualcuno ci abbia chiusi dentro» continuò lui. «Conosco bene Peter, il custode. Lui mette sempre un avviso quando variano gli orari.»

«E adesso che cosa facciamo?» chiesi, confusa.
Non sapevo se mi venisse più da ridere o da piangere ad essere bloccata lì, con l'uomo che ormai abitava ogni notte i miei sogni.

«Aspettiamo che arrivi qualcuno... è l'unica cosa che possiamo fare. Qui non c'è campo per telefonare» disse, con quel suo fare sempre tranquillo e sicuro di sé. «E lei? Che cosa ci fa qui? Non dovrebbe essere a festeggiare Halloween da qualche parte?» mi chiese, appoggiandosi al tavolo dalla lampada accesa.

«Odio questa festa, come tutte le altre stupide feste del college...» risposi d'istinto, forse con troppa sincerità.
Lui sorrise. Aveva un'espressione che sembrava potesse dire: “lo sapevo”.

«Allora...» ruppe il silenzio, alzandosi e dirigendosi verso l’interruttore generale. «Me lo fa fare un giro nella sua Booksville?» chiese poi, accendendo le luci della biblioteca e strizzandomi l’occhio.

Non potei fare a meno di sorridere.
Sembrava davvero che il mio sogno di passeggiare con lui per la mia Booksville fosse diventato realtà.

Sembrava davvero che il mio sogno di passeggiare con lui per la mia Booksville fosse diventato realtà

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«Persino nella mia città sarebbe lei a dovermi fare da Cicerone...» risposi, assecondando la sua ironia.
«Venga, le mostro un posto più comodo per leggere» disse, incamminandosi tra gli stretti corridoi pieni di libri.

Raggiungemmo il piccolo salotto di cui mi aveva parlato. C'erano due divani scuri di tessuto, un tavolino di legno un po' malandato e dei distributori automatici di stuzzichini e bevande.
«Wow... abbiamo anche i rifornimenti» commentai.

«Gradisce un tè o un caffè?» mi chiese.
Volevo tanto dirgli di sì e bere qualcosa in sua compagnia... ma l'imbarazzo mi impediva di accettare. E lui me lo lesse negli occhi.
«Su, non faccia complimenti. Lei mi sembra un tipo da caffè, ma forse a quest'ora...».
Risi. Era proprio così. “Come fa a saperlo?”, mi chiesi, ma rimase una domanda senza risposta.
«...a quest'ora preferirei un tè.»
«Lo immaginavo» sorrise.

My First Bitter LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora