Capitolo 16

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Quella indimenticabile notte


Passai tutte le feste di Natale a maledirmi per come era andata quella notte. Dormii per tutto il tragitto fino al college e, una volta arrivati, Ruiz mi svegliò dolcemente, annunciandomi di essere giunta a destinazione. Mi limitai a ringraziarlo e, nell'imbarazzo più totale, mi dileguai all'istante da quell'auto.

Non l'avevo più visto fino alla mia partenza per Bateson, per trascorrere le vacanze di Natale e Capodanno con la mia famiglia. Pensai che, magari, con il passare dei giorni, Ruiz avrebbe dimenticato della mia assurda bravata alcolica o, perlomeno, non sarebbe stata più così imbarazzante da ricordare. Si sa, il tempo aiuta sempre.

La notte del cinque gennaio del nuovo anno, me ne stavo rannicchiata sul divano in salotto, al buio, illuminata solo dalle intermittenti lucine dell'albero di Natale e stringevo tra le mani una tazza di camomilla per combattere l'insonnia. L'indomani sarei dovuta ripartire per tornare al college e non avevo nessuna voglia di farlo. Stare a Bateson, con la mia famiglia mi aveva fatto davvero bene. Avevo bisogno di prendere una pausa dall'uragano Ruiz, che aveva letteralmente sconvolto la mia vita.

Il mio sguardo vagava nel vuoto di fronte a me: le finestre lievemente ancora innevate, l'orologio a pendolo che segnava l'una meno un quarto e la consolle da dj che avevamo regalato a mio padre, che amava suonare nel tempo libero. Ad un tratto, avvertii la vibrazione del cellulare. Lo presi per vedere chi fosse.

"Sei sveglia?".
Il mittente era lui, il professor Ruiz.
"Che cosa significa?" pensai.
Con le mani tremanti digitai: "Sì", e inviai.
Era quasi l'una, era assurdo che mi scrivesse. Pensai che, magari, avesse semplicemente sbagliato.

"Sei a Bateson, vero?", continuò lui.
"Sì, perché?".
Il cuore iniziò a tamburellarmi nel petto, senza sapere neanche perché.
"Sono qui anche io, ti va di scendere, se passo a prenderti?".
"98 di Michigan Street", digitai il mio indirizzo senza pensarci due volte.
"Perfetto, sono lì tra cinque minuti".

Mi alzai in tutta fretta e corsi in bagno, pregando che il trucco che indossavo dal pomeriggio fosse ancora passabile.

Mi alzai in tutta fretta e corsi in bagno, pregando che il trucco che indossavo dal pomeriggio fosse ancora passabile

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Aprii il portone, mentre il cuore mi martellava nel petto, talmente forte da avere il fiato corto. Lo vidi di fronte a me, nella sua auto color carta da zucchero. Presi un respiro profondo e salii a bordo.

«Ciao...» sussurrò, con un sorriso.
«Ciao...» ricambiai, con uno sguardo confuso.
Si sporse verso di me e posò delicatamente le sue labbra sulle mie.
«Così ti dimostro che faccio sul serio» disse, poi mise in moto e partì.

Mentre con una mano teneva il volante, con l'altra trovò e prese la mia. Me la strinse e la accarezzò dolcemente. Restammo entrambi in silenzio, per un po'. Non sapevo dove mi stesse portando e, francamente, non mi interessava, perché ovunque fossimo diretti, io ero già nel posto in cui più di tutti avevo desiderato di essere: con lui.

My First Bitter LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora