Cap. 10

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Joe si guardò attorno con un senso crescente di disagio. Forse, dopotutto, non era stata una grande idea venire lì nel cuore della notte. Quel quartiere, che di giorno poteva sembrare anonimo e tranquillo, aveva assunto un’aria sinistra appena il sole era calato. Le strade erano deserte, immobili come in una fotografia sbiadita, e l’assenza di voci o passi rendeva tutto ancora più inquietante.

I lampioni, vecchi e traballanti, emettevano una luce fioca e intermittente, incapace di penetrare davvero l’oscurità. L’abitacolo dell’auto, avvolto in quell’ombra densa, sembrava la cabina di una nave alla deriva. Joe deglutì a vuoto, maledicendosi per non essersi portato dietro nemmeno un coltellino. Se qualcuno fosse sbucato fuori in quel momento, avrebbe potuto solo sperare di cavarsela correndo. E non era certo nella sua forma migliore.
Si costrinse a guardarsi attorno, cercando con gli occhi l’indirizzo segnato sul documento. Non aveva idea di come avrebbe riconosciuto la casa giusta in quel groviglio di costruzioni malandate e tutte troppo simili. Ricontrollò più volte, poi si fece coraggio e decise di tentare.

Si avvicinò a una casetta bassa, dalle pareti scrostate, priva di numero civico o targhe identificative. Sembrava abbandonata, eppure c’era qualcosa, forse un istinto, che gli diceva di provare lì. La osservò dal basso, con un’inquietudine sottile che gli serrava lo stomaco.
Ma sì, al massimo faccio una figura di merda, pensò, cercando di darsi un tono. Se non fosse riuscito a trovare Rose – o Salina, o come diavolo si chiamasse davvero – avrebbe semplicemente atteso il suo ritorno al locale, e le avrebbe restituito il portafoglio lì. Sarebbe stata la scelta più logica.
Ma la logica, in quel momento, era stata messa all’angolo dalla curiosità.

Joe non sapeva se fosse una casa di proprietà o un appartamento ricavato da qualche rudere. Era talmente piccola e dimessa da sembrare più un rifugio di fortuna che un'abitazione vera e propria. Com’era possibile che Rose – così elegante, così enigmatica – vivesse in un posto del genere? Quanto potevano mai pagarla per lavorare in quel locale scalcinato?
Esitò davanti alla porta. La fissò in silenzio per qualche secondo, poi chiuse gli occhi, inspirò profondamente, e bussò. Una volta sola, con decisione.
Silenzio. Un silenzio denso, opprimente.
Joe attese. Un minuto intero. Nessuna risposta.
«Forse non c’è nessuno in casa...» mormorò tra sé, provando a convincersi a lasciar perdere. Ma il dubbio lo trattenne, e decise di bussare di nuovo. Più forte.

Quella volta, qualcosa si mosse. Dall’altra parte della porta arrivò un rumore sordo, come se un oggetto fosse caduto a terra. Joe sgranò gli occhi, il battito accelerato. Rimase immobile, trattenendo il respiro. Poi, una serie di suoni confusi: fruscii, passi ovattati, forse un bisbiglio.
Per un attimo si chiese se non avesse interrotto qualcosa di... personale. L’idea che ci potesse essere qualcun altro con lei lo innervosì all’istante. Era assurdo, lo sapeva, eppure...
Stava per chiamarla per nome, ma non fece in tempo. La porta si aprì, lentamente, lasciando filtrare appena uno spiraglio di luce.
Nel buio, vide spuntare una ciocca dei suoi boccoli scuri, il profilo della sua clavicola illuminato appena dalla luce lunare, e poi, finalmente, i suoi occhi. Quegli occhi verde intenso che lo scrutarono con cautela, come se cercassero di leggere dentro di lui.

Il tempo parve sospendersi. Si guardarono per qualche secondo che sembrarono infiniti, intrappolati in una bolla di silenzio irreale.
«Salina...» sussurrò Joe, quasi senza rendersene conto.
La reazione fu immediata. Gli occhi della ragazza si spalancarono, sorpresi, forse irritati.
E poi, senza dire una parola, lo afferrò per la camicia e lo trascinò dentro con uno strattone deciso.
La porta si richiuse di scatto alle loro spalle. Joe sbatté più volte le palpebre, cercando di abituarsi alla penombra, mentre il cuore gli martellava nel petto.

«Sal—»
«Ma tu... si può sapere a che razza di gioco stai giocando?»
La voce di Rose lo travolse come un’onda improvvisa. Era già su di lui, gli occhi fissi nei suoi, lo sguardo duro come non lo aveva mai visto. Non c’era traccia della donna dolce e misteriosa che conosceva: quella che aveva davanti ora era furiosa, tesa come una corda d’arco.
Joe arrossì, colto completamente alla sprovvista.
«Io... Non sto...non sto giocando a niente.» Alzò le mani in segno di resa, ma lei non si lasciò minimamente ammorbidire.

Quel Sapore Di RosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora