PROLOGUE

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Il suono della pioggia batteva con forza sul terreno. Mentre la ragazza fuggiva, le sembrava quasi che l'acqua le stesse penetrando nelle ossa.

Secondo l'orologio stradale erano appena le due di notte, la città ancora dormiva mentre cercava di salvarsi la vita. Era tutto così buio, e lei così infreddolita e stanca. Aveva corso così tanto che si era dimenticata persino come si facesse a respirare, stretta in un cappotto nero nemmeno troppo confortevole.

Anche i tacchi l'avevano abbandonata, rompendosi inesorabilmente sull'asfalto mentre correva, ed era stata costretta a muoversi a piedi nudi lungo l'autostrada. Non poteva fare altrimenti, d'altronde: se si fosse fermata anche solo per un breve attimo, l'avrebbero raggiunta, l'avrebbero presa di nuovo.

Sentiva ancora i loro occhi lascivi scorrere lungo il suo corpo, mentre si contorceva in agonia dovendo persino far finta che le piacesse. Odiava quella sensazione, odiava essere schiava degli uomini e delle loro perversioni, ma tutto sommato era questo che l'aveva sempre aiutata ad ottenere quello che voleva.

Erano esseri volubili e avidi, si piegavano alla vista di un paio di gambe aperte e la ragazza lo sapeva bene, perché era lo stesso motivo che l'aveva obbligata a scappare.

Avrebbe raggiunto la stazione più vicina e se ne sarebbe andata per sempre da quel buco di fogna, avrebbe iniziato una nuova vita, avrebbe avuto un nuovo nome, era tutto pronto e toccava solo correre sempre più veloce, sempre più veloce, prima che la raggiungessero.

«Taxi!» Chiamò con forza, agitando in alto il braccio in mezzo alla via. Sentiva il cuore che le stava esplodendo nel petto, e le gambe che ormai non riuscivano più reggere il peso del suo corpo. Ma era vicina alla meta, lo sapeva che era vicina. Non poteva fermarsi adesso o l'avrebbero trovata, l'avrebbero riportata a casa, l'avrebbero uccisa di nuovo, stavolta davvero.

«Taxiii!» Urlò ancora più forte, alzandosi anche in punta di piedi quando finalmente intravide la luce gialla del veicolo avvicinarsi nella sua direzione.
Si fermò proprio davanti a lei, e si affrettò a salire nel sedile posteriore chiudendosi con forza la portiera alle spalle.

L'uomo alla guida era un vecchio sulla cinquantina, che le rivolse uno sguardo torvo dallo specchietto retrovisore.
«Dove la porto, signorina?» Lo chiese con il tono impastato di chi fuma troppe sigarette. La ragazza lo sapeva bene, suo padre parlava allo stesso modo. Stringendosi il cappotto al petto, si fece piccola piccola contro il sedile.
«Stazione centrale di San Jose Diridon, ferrovia Coast Line. La prego, faccia presto, non ho molto tempo.» Pregò tremante, e l'autista fortunatamente non fece domande.

Si avviarono in silenzio lungo l'autostrada, con la pioggia che ancora batteva ininterrottamente sul veicolo.
Era così forte da farle mancare il fiato. Le ricordava l'orrendo suono delle pistole, o di tutte quelle botte che avevano percosso il suo corpo durante gli anni. Cercò in ogni modo di non farsi venire un attacco di panico, coprendosi le orecchie e respirando così affannosamente da consumare tutta l'aria che aveva nei polmoni.

L'autista la guardò di nuovo, rendendosi conto del suo stato d'animo.
«Si sente bene? Vuole che la porti in ospedale?» Chiese preoccupato.
«No!» Gridò la ragazza, forse un po' troppo forte, «No, ho solo...non sono una grande fan dei temporali, ecco tutto...mi porti soltanto alla stazione, faccia presto.» Pregò a denti stretti, scuotendo la testa.

«È proprio sicura? Se vuole non ci metto niente a fare inversione e portarla all'ospedale più vicino. Non ha una bella cera.» Insistette l'uomo, tossicchiando. Lei sorvolò su quel commento.
«Alla stazione. Per favore. Non si preoccupi per me.» Disse ancora la ragazza, deglutendo. L'uomo non disse altro, ma non le tolse gli occhi di dosso per tutto il viaggio, come se avesse paura che potesse svenire o vomitare nella sua auto da un momento all'altro.

Quando finalmente l'auto si fermò sulla via per la stazione, qualcosa nel suo cuore sembrò finalmente farsi più leggero. Non l'avrebbero mai raggiunta, era salva ormai.
Stava per uscire dal taxi quando la voce roca dell'uomo la bloccò di nuovo.
«Signorina, sono 30$.» Le disse, girandosi verso di lei per stendere il braccio.
La ragazza per un attimo impallidì. Non aveva tutti quei soldi a disposizione, le bastavano solo quelli per il viaggio.

«Per favore, può chiudere un occhio? Non ho molto con me...» Mormorò disorientata. Sperava che l'uomo avrebbe capito ma la sua mano rimase stesa verso di lei.
«Signorina, l'ho portata fino alla stazione, non può non pagare.» L'espressione del vecchio si indurì, come se all'improvviso si fosse trovato davanti una ladra da quattro soldi e non una ragazza in difficoltà.

Lei deglutì ancora, tremando.
Rivolse uno sguardo prima all'alta struttura della stazione ad un passo da lei, e poi di nuovo al braccio pallido dell'uomo teso nella sua direzione.
Rimase in silenzio per qualche secondo, contando mentalmente ogni rintocco dell'orologio, poi agì in fretta:
Con una mano, accarezzò il polso grassoccio del vecchio, che sgranò gli occhi all'improvviso.

«Se vuole, posso pagarla in un altro modo...» Propose lei con voce suadente, nascondendo un conato di disgusto dietro la sua migliore espressione sensuale.
Non servì neanche dirlo, l'uomo cambiò totalmente tono, afferrandole la mano per poi seguirla fino a sfiorarle la coscia nuda.
«Direi che può andar bene.» Le rispose lascivo, e la ragazza si limitò a sorridere senza dire nulla, mentre lo guardava venire affianco a lei sui sedili posteriore.

Lanciò un'altra occhiata fuori dall'auto e si costrinse a sopportare per altri cinque minuti. Altri cinque minuti d'orrore e poi sarebbe stata libera.
Altri cinque minuti, e non si sarebbe più sentita sporca in quel modo. Si disse che sarebbe andato tutto bene, e che stava finalmente per liberarsi di quella vita.
Ricacciò indietro le lacrime e trattenne il respiro, e abbassò la testa mentre quell'uomo che avrebbe potuto essere suo padre si slacciava i pantaloni.

Quel Sapore Di RosaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora