Capitolo 1

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T. M. R.

Thomas Maximilian Riddle

"Se le emozioni avessero forma, questa sarebbe sicuramente quella delle nuvole."
David Kitching.

Il lato curioso di favole e leggende è che queste non abbandonano mai le menti di chi le ascolta.
Forse possono assopirsi in angoli dimenticati, forse possono essere storpiate, ma se c'è qualcosa a questo mondo che non cambia, bhè queste sono le favole.
Da bambini le favole sono i conduttori dei sogni.
Conducono nel mondo onirico per mano e vigilano al nostro passaggio.
Da adulti, le favole assumono una connotazione diversa. Se da fanciulli si era prestato attenzione solo all'eroe o all'eroina della fiaba, da adulti s'inizierà a studiare...chi la narra.
E nel mondo dei maghi c'era un grande narratore di favole.
Che tutti conoscevano, ma di cui si parlava poco.
Già. Il Menestrello conosceva tutti, era ovunque.
Eppure se qualcuno lo incontrava, non veniva mai salutato.
Per ovvie ragioni che anche ai cittadini di Londra saltavano agli occhi.
Per i babbani, infatti, il Menestrello era solo il barbone di Fleet Street. Ma si sa, i babbani non vedono al di là del loro naso, per questo quando lo incontravano in giro per le vie secondarie, seduto a canticchiare sotto la colonna del drago che era il segno di riconoscimento del Temple Bar, oppure negli angoli dei tanti pub di Fleet Street lo ignoravano sempre. Il Menestrello veniva ignorato e basta dagli adulti babbani.
Era troppo lacero, troppo sporco e troppo strano.
Aveva lunghi capelli grigio topo, ondulati, guanti senza dita in ogni stagione, retine per i capelli fatte di tessuti stopposi, barba e baffi scompigliati, occhi chiari e un sorriso ambiguo sempre sulle labbra.
I suoi vestiti e il suo andarsene in giro sempre a qualsiasi ora del giorno e della notte narrando favole inverosimili, avevano convinto i babbani a stargli alla larga. Al massimo a lanciargli qualche sterlina, di cui il Menestrello non sapeva che farsene, essendo un mago.
Eppure, se gli adulti ormai ignoravano le sue favole, molti bambini da tempo avevano preso l'abitudine di fermarsi con lui. Ad ascoltare le sue leggende.
La sua voce era burro, era zuccherina, era tonante come il tuono e avvolgente come una coperta calda nei giorni d'inverno. E a Londra, quel giorno d'inizio giugno, un gruppo di ragazzini stava proprio in Fleet Street, verso mezzogiorno e mezza. Spesso il Menestrello si aggirava da quelle parti, forse per la presenza della Baynard's, una scuola privata nata da circa una decina d'anni proprio in mezzo a un grazioso e ben curato viale alberato.
Nelle vie laterali però, Londra si dimostrava in tutto il suo spirito cosmopolita.
E in uno di questi viottoli, il Menestrello pizzicava le corde di una vecchia e scassata chitarra panciuta, seduto a gambe incrociate contro un muro, su un pagliericcio fatto di strati di cartone.
Attorno a lui, un nugolo di ragazzini dall'aria sbandata. Dai sette anni ai quindici.
Alcuni stavano appoggiati a una rete metallica, altri seduti di fronte a lui.
Tutti erano scarmigliati quasi quanto il Menestrello. Ma decisamente più puliti di lui.
Ragazzini dall'aria vissuta, di quei bimbi che non hanno avuto molto tempo per l'infanzia.
Vestiti larghi, pantaloni consunti dei fratelli maggiori forse.
Tutti tranne uno.
Uno di loro stava seduto su una cassa di birra girata al contrario.
Maglia a stampa da skater bianca, nera e blu. Jeans larghi, ma di ottima fattura babbana.
Scarpe da ginnastica linde, posizione d'attesa.
In testa una cuffia di cotone nera, sempre da skater, visto che a fianco portava un skate-board dall'aria insolitamente bistrattata. I capelli color dell'ebano, come l'inchiostro. Abbastanza in disordine anche da sotto la cuffia.
Occhi azzurri, quasi glaciali su un faccino da ragazzino di dieci anni che sembrava non temere nulla.
Lui, fra tutti, guardava il Menestrello, ma non lo ascoltava.
Lui quella storia l'aveva sentita mille volte.
E la conosceva a memoria.
Ne conosceva l'inizio, le battaglie, anche la fine.
Ma non i perché.
Ed era solo per conoscere i perché che lui ogni giorno andava ad ascoltare il Menestrello.
Solo per quel motivo. Perché lui non era un babbano come i mocciosi lì attorno.
O un Magonò.
No, lui era figlio di maghi.
E nel mondo dei maghi, tutti conoscevano la storia di Harry Potter.
Ma il Menestrello continuava la sua favola preferita.
Si, il Menestrello adorava raccontare ai bambini la favola di Harry Potter.
Sembrava quasi che lo conoscesse.
Ridicolo, pensò il ragazzino, poggiandosi col gomito sulla gamba accavallata.
Uno come il Menestrello non poteva conoscerlo!
Ora erano arrivati alla parte che più il barbone adorava. E solitamente che anche i ragazzini apprezzavano, sbattendo le ciglia, quasi immaginandosi ogni attimo.
- ...lui continuò a dormire, senza sapere che era speciale, senza sapere che era famoso, senza sapere che da lì a poche ore sarebbe stato svegliato dall'urlo della signora Dursley, una babbana ovvio, ragazzi miei, che apriva la porta di casa per mettere fuori le bottiglie del latte, né che le settimane successive le avrebbe trascorse a farsi riempire di spintoni e pizzicotti dal cugino Dudley...- il Menestrello rise, scuotendo il capo e col faccione rosso teso di delizia - Lui non poteva sapere che, in quello stesso istante, da un capo all'altro del paese, c'era gente che si riuniva in segreto e levava i calici per brindare "a Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto."-
Sempre la solita storia, pensò il ragazzino, sbuffando e dando un colpetto leggero con la punta della scarpa da ginnastica al suo skate-board.
Tutti i Potter erano morti ma non il bambino sopravvissuto.
Sempre le solite battaglie, sempre i soliti morti, il maledetto Lord Voldemort che cerca sempre di ucciderlo, Mangiamorte ovunque, Auror sempre alle costole...e poi? E poi cosa fa lo stramaledetto Harry Potter?
Butta via i suoi poteri!
Grande. Una logica impressionante!
-...e la guerra finì con l'ultima battaglia al Ponte di Londra. Voi-Sapete-Chi morì e anche Mezzafaccia, vi ricordate di Mezzafaccia vero?- chiese allegro il Menestrello.
- Certo!- rise un bimbetto di sette anni - Era il mago che voleva che tutti i Mangiamorte fossero uccisi!-
- Voleva anche che i mezzi demoni morissero.- scandì un altro ragazzino, però sui quindici anni, attaccato alla rete con le braccia conserte e l'aria dura e rigida - Vero vecchio? Mezzafaccia non voleva che anche i vampiri e i mezzi demoni morissero tutti? Per lui non avevano il sangue sporco?-
- Sono tutte sciocchezze Hadley.- il Menestrello agitò la mano, fissando attento il moccioso - Non vorrai dirmi che ci credi?-
- A quest'ora sarei a Hogwarts se non fosse vero, non credi, vecchio?- replicò quello acidamente, prima di dare le spalle e andarsene di corsa.
- E' tutta roba sepolta.- disse tranquillo il vecchio Menestrello, quando i ragazzini tornarono a prestargli attenzione - Anzi, sono un mucchio di fesserie. Fatela finita di occuparvi di politica, siete ancora in fasce a momenti.-
Scattò subito una violenta replica sdegnata da parte di tutti.
- Cosa? Come ti permetti di darmi del bambino in fasce?-
- Io ho otto anni!-
- Non so se mi spiego! Undici!-
- Già, sono grande ormai!-
Sedare quella baruffa fu quanto mai difficile, ma il mago barbone aveva imparato da tempo a trattare coi bambini.
E con gli uomini in generale. Adulò tutti uno per volta e alla fine li cacciò via, promettendo che avrebbe finito la storia quando sarebbe tornati dopo pranzo.
Spariti di volata, perché temevano non avrebbe mantenuto la promessa, i mocciosetti neanche si guardarono indietro per vedere che uno era rimasto seduto comodo sulla sua cassa di birra.
Il Menestrello, che in tanti anni di vita non aveva mai conosciuto un bambino simile, gli sorrise divertito.
- Sempre qui, pestifero bambino.-
- Tutti i giorni ti faccio la stessa domanda.- rispose il ragazzino con lo skate-board, frugando sotto la maglia - E tu non mi rispondi mai.-
- Te l'ho già detto.- sbuffò il Menestrello, allungando voluttuosamente le mani quasi nere verso il suo ospite - Questi sono affari privati della vita di Harry Potter. Non ho alcuna intenzione di andare in giro a spiattellare gli affari suoi, sul perché e sul percome ha deciso di abbandonare la magia.-
- Si, ma qualcosa sarà successo, no?- e sollevò in aria un sacchetto di carta - O me lo dici o oggi niente ciambelle.-
Il Menestrello assottigliò gli occhi chiari.
- Piccolo demonio. Tu non hai proprio paura di niente vero? Dovresti essere a scuola e invece ogni giorno scappi e corri qua a sentire cose che di sicuro ti avranno raccontato anche i tuoi. Sei un mago, mi hai detto.-
- Si. Anche i miei lo sono.- e sbuffando il ragazzino gli lanciò il sacchetto di dolci - Allora? Che hanno fatto a Harry Potter perché mollasse la magia?-
- Perché t'interessa tanto?- gli chiese il vecchio, addentando una ciambella ricoperta di crema alla ciliegia.
- Perché non sopporto di come ne parlate tutti.- sbottò, sospirando seccato.
- Come scusa?- masticò l'altro.
- Non sopporto che tutti ne parlino come se fosse leggenda. E che cavolo, è ancora vivo! Mica è morto!-
Il Menestrello ridacchiò di nuovo, raccogliendo tutte le briciole della ciambellina e mangiandole una a una - Io proprio non ti capisco ragazzo mio. Prima sembra che odi la leggenda di Harry Potter, poi non sopporti che se ne parli come se fosse ormai un ricordo. I tuoi che dicono di lui?-
- I miei su Harry Potter non parlano!- replicò il ragazzino, levandosi la cuffia e liberando una massa inconsulta di capelli neri che andavano ognuno per i fatti loro - Oh si, dei vecchi tempi si discute sempre, specialmente con gli amici del papà ma quando c'è da spiegarmi perché non fa magie come la mamma...- il ragazzino fece una smorfia - cioè...perché Harry Potter non fa più magie...apriti cielo. Nessuno apre più bocca! Che gli avranno mai fatto i maghi per farlo arrabbiare così?-
Il Menestrello addentò una seconda ciambella, stavolta al cioccolato.
E dalla sua espressione pacifica il ragazzino capì ancora una volta che anche quel giorno non se ne sarebbe fatto nulla.
- Che parlo a fare con te!- sbottò arrabbiato, accartocciando il sacchetto delle ciambelle.
Quando arrivò ai piedi del Menestrello, la carta aveva preso fuoco.
Quello saltò su imprecando e cominciò a calpestarlo.
- Piccolo Phyro della malora!- sbraitò, ma la sua tiritera andò a vuoto.
La sua abituale piccola peste era già sparita sullo skate-board magico, che invece di andare a rotelle avrebbe dovuto volare. Vedendolo girare oltre l'angolo veloce come il vento, il Menestrello addentò l'ultima ciambella, eppure le sue labbra non si erano piegate compiaciute per il dolce.
La peste ancora credeva che lui non avesse capito chi era in realtà.
Incredibile.
Da parte sua, il ragazzino guardò l'ora e se ne uscì con una parolaccia che in teoria non avrebbe mai dovuto sentire.
Un quarto all'una! Doveva tornare a scuola o stavolta un castigo di un pomeriggio non sarebbe bastato alla Baynard.
Eccola! Girato l'angolo della viuzza laterale, si ritrovò in mezzo al riverbero della luce giocato dalle fronde degli alberi del viale. Fleet Street sempre più chiassosa e colorata.
Ma da quella parte sembrava solo un angolo di paradiso.
In punta di piedi quasi, il ragazzino si mise lo skate sotto braccio e si diresse alla cinta muraria ricoperta d'edera dell'Istituto Baynard.
Una scuola elementare di appena un decennio a dire il vero...ma che si era fatta un certo nome.
A frequentarla erano solo e unicamente figli di maghi, benché in aula non si fosse mai parlato di magia.
Con sguardo vigile, guardò nel cortile. Si, dovevano appena aver finito il pranzo perché erano tutti liberi di giocare.
I bidelli però erano in giro.
Allora si mise due dita in bocca ed emise un fischio leggero, appena udibile. Ma chi aveva orecchie per intendere lo fece.
Così lui si diresse al fianco della scuola e nel muro ricoperto d'edera, trovò il suo bel passaggio, scoperto alcuni anni prima.
Prima di entrare spiò ancora verso i bidelli che però erano trattenuti da una sorta di caccia.
Stavano inseguendo due gemelli di otto anni coi capelli rosso fiamma che scorrazzavano per tutto il cortile in mezzo ad altri bambini con la pompa dell'acqua in mano, rubata al giardiniere.
Acchiappati, si presero una sonora sgridata che sentì anche lui dal muro ma sembrarono non farci caso.
Lasciati liberi, corsero ridacchiando verso di lui.
- E allora?- gli chiese Stephen Weasley, otto anni.
- Già, cosa ti ha detto il Menestrello?- seguì Steve Weasley, quasi indistinguibile dal fratello.
- Ti ha detto qualcosa sullo zio Harry?- continuò Stephen.
- E si è mangiato tutte le ciambelle? Me ne hai portata una?- concluse Steve.
Lui, di rimando, alzò lo sguardo sopra di loro.
- Mia sorella dov'è?-
- Non so.- Steve si girò verso Stephen - Hai visto Faith, Step?-
- No, non credo. Tu Steve?-
Era da manicomio starli a sentire, questo lui l'aveva imparato da anni.
Da quando Jeremy Weasley aveva preso il volo per Hogwarts tenere a freno i gemelli era diventato impossibile. Solo sua sorella Faith sembrava avere la capacità di distinguerli e metterli zitti per un minuto.
- Grazie del diversivo.- rispose comunque, infilandosi la cuffia nella tasca della maglia - Chris dov'è?-
- Oh, eccolo.- Steve e Stephen inclinarono praticamente in perfetta sincronia il capo verso destra, indicando poco gentilmente col dito un bambino quasi biondo, di sette anni, che li stava raggiungendo...tirandosi dietro un altro bambino con la testa infilata in un secchiello di plastica.
Christopher George Dalton li salutò, tenendo il secchiello e quindi anche la testa dell'altro bambino che sembrava piagnucolare con sostanziale delicatezza.
- Che è successo a Marc?- chiese Steve stranito.
- Non sarà stato di nuovo quell'idiota di Robbie Talbot!- aggiunse Stephen.
Chris Dalton li guardò come se non fosse chiaro.
- Robbie gli ha infilato il secchiello in testa mentre non guardavo.- spiegò - Mi spiace ragazzi. Mi sono girato un attimo. Non riesco a tirarlo fuori.-
- Marc.- rise allora Stephen - Ehi fratellino...tutto ok?-
- No! Tiratemi fuori!- fu l'ardita supplica dell'ultimogenito di Ron Weasley, di sette anni.
- Robbie è proprio un idiota.- scandì Steve - Uccidiamolo!- propose agli amichetti, illuminandosi.
Chris Dalton lo guardò storto, mentre il gemello sembrò pensarci su.
- L'ho già spedito dentro al laghetto, Steve, tranquillo.-
- E non ti hanno messo in punizione?- allibì il ragazzino con lo skate.
- No, ho fatto sembrare che fosse stata Linnie a farlo cadere. Le maestre non si sono arrabbiate.-
- L'ho detto io che le sorelle servono!- sindacò l'altro, mettendo giù lo skate e afferrando Marc Weasley per il secchiello - Chris, Steve, Step...tenetelo per le spalle. Ok. Marc noi ci siamo....al tre. Uno, due...tre!-
Dal secchiello di plastica verde pallido ne uscì la fiammante chioma rossa del piccolo Marc Weasley, insieme però a un paio di occhiali neri tutti rotti e al faccino triste del bistrattatissimo bimbetto.
La scala sociale dei fratelli era andata di male in peggio, purtroppo.
Jeremy era stato un vero leader.
Steve e Step due demoni ancora lo erano.
E Marc...un povero represso che Chris Dalton e i gemelli dovevano continuamente proteggere dalle prime angherie da scuola elementare.
Sistemato il povero Marc con gli occhiali tutti sbilenchi, i gemelli filarono via e così fece anche Chris, non prima di essersi informato su com'era andata col Menestrello.
- Non ti ha detto niente, vero Lucas?- sospirò, vedendo la faccia seccata dell'altro - Forse non lo sa neanche lui.-
- Non ci credo! Una volta s'è fatto scappare che a mio padre i maghi hanno portato via qualcosa e io voglio sapere cos'è!-
- Se la Baynard ti becca ti farà venire anche durante le vacanze!- replicò il piccolo Dalton, infilandosi una gomma da masticare rosa confetto in bocca - Dai, abbiamo ancora un paio di settimane e poi siamo in vacanza.-
- Jeremy finisce oggi invece.- sospirò Lucas Potter, sempre di cattivo umore - Come vorrei essere andato a Hogwarts!- poi cambiò discorso, quando lo sguardo gli cadde sul giardino, accanto alle altalene in cui si erano seduti.
- Chris...hai visto Faith o Glorya?-
- Faith no. Ma Glory è al solito posto.- rise il piccolo Dalton - Adesso vado a cercare mia sorella.-
- E io la mia. Ci vediamo all'uscita.-
Lucas James Potter si alzò dall'altalena, guardando nuovamente l'orologio.
L'una. Mezz'ora e il serpente sarebbe venuto a prenderlo...visto che suo padre come al solito aveva da fare coi mostri in miniatura.
Senza fiatare poi raggiunse il giardinetto che gli studenti non dovevano toccare neanche in sogno, ma lui se ne infischiò.
Rimase a guardare i fiori con aria attenta, quasi da esame. Poi prese il più semplice di tutti. Bianco, a gambo lungo.
Una come lei avrebbe saputo che farsene di certo, pensò andando via.
Infatti, in un'altra parte della Baynard's Primary School e più precisamente nella biblioteca interna al secondo piano, c'era qualcuno che della compagnia dei suoi coetanei non sapeva proprio cosa farsene.
Seduta accanto la vetrata della ultramoderna biblioteca dipinta di bianco e toni pastello, nella sezione avanzata, una ragazzina stava retta in poltrona, proprio come una regina. Nata per farsi adorare, come voleva il suo sangue.
Il capo era basso, chino su un libro molto più grande di lei.
I capelli biondi, quasi bianchi, raccolti parzialmente in cima alla testa e molte ciocche seriche come seta le scendevano ondulate lungo le spalle esili. Snella, gracile in apparenza, vestita in eleganti e costosi abiti da bambini.
Un'epidermide pallida e dita sottili erano altri connotati da aggiungere alla grazia di quella bimba di dieci anni che rivelavano subito chi lei fosse anche agli sconosciuti.
Quando Lucas Potter poi le posò il fiore sotto al naso, la piccola Glorya Artemisia Malfoy alzò il volto, rivelando l'occhio destro dorato, come quello della madre. E quello sinistro era rimasto argenteo, come quelli del padre.
Uno sguardo magnetico, appena racchiuso da lunghe e folte ciglia da bambola.
- Grazie.- sussurrò, mentre Lucas si sedeva sul tavolo.
Glory aveva sempre avuto la mania d'infilare fiori fra le pagine dei libri e questo Lucas non se lo sarebbe mai scordato.
Ma l'ultima erede della famiglia Malfoy non amava solo cogliere i fiori o spolpare ogni libro che le capitasse sotto mano, avida di conoscenza.
Indubbiamente l'immensa serra in cui passava sempre la maggior parte del suo tempo ne era una prova.
- Allora?- chiese a Lucas, senza mostrarsi interessata, ma neanche annoiata.
- Il vecchiaccio non parla.- si lagnò Potter, dondolando le gambe giù dal tavolo - Dici che Jeremy ha già imparato a fare una pozione che possa far si che il Menestrello mi dica la verità?-
- Ne dubito.- Glory chiuse il libro tranquillamente, senza modulare la voce. Scese dalla poltrona, avviluppata in un paio di stivaletti da bambina veramente adorabili, costosi come una Porche - E poi non vedo perché qualcuno non possa scegliere di non usare la magia.-
Lucas la guardò schifato.
- Che cosa barbara. Vivere tutta la vita come uno schifoso babbano!-
- Harry di magie non ne fa, mi pare. A parte quella strana cosa che fanno i bracciali ogni tanto. Sai...le pernacchie...-
- E questo dovrebbe farmi stare meglio?- sbottò, seguendola in mezzo agli scaffali, sovrastandola di qualche centimetro buono - Andiamo, è una palla! Tutti non fanno che dirmi che Harry Potter è un eroe, una leggenda, la speranza dei maghi...peccato che quando non c'è la mamma in casa e scoppia un problema ad usare la bacchetta è quel serpente di tuo padre!-
La ragazzina, tranquilla, non ascoltò quelle follie quotidiane.
- Secondo te cosa possono avergli preso?- la incalzò, mentre uscivano dalla biblioteca.
- Magari qualcosa a cui teneva tanto da rinunciare alla sua magia.- fu la lucida risposta.
- Si, ho capito, ma cosa?-
- A me lo chiedi?- replicò la biondina, fermandosi in mezzo a un corridoio e guardandosi attorno - Lucas hai visto Faith?-
- No, anche io la cercavo.- il piccolo Potter cambiò argomento - Non è che quella stupida di Tiffany e le sue amiche le stanno dando ancora fastidio?-
- Che vuoi fare, bruciarle i capelli di nuovo?- ironizzò Glory - Non sei furbo, fattelo dire. Quali altri Phyro sono nati negli ultimi decenni?-
- Non ho paura della Baynard.- replicò Lucas orgoglioso - Ma se prendo Tiffany Pickens a dar fastidio a Faith giuro che non le brucio solo i capelli stavolta.-
- Ottima soluzione.- disse la piccola Malfoy, incamminandosi.
- Dove vai?-
- Al bagno. Vuoi seguirmi anche lì?-
Lucas per tutta risposta arrossì vagamente, piazzandosi a braccia incrociate attaccato al bagno delle ragazze senza sentirsi minimamente un maniaco, grazie a Merlino, ma Glory ebbe una spiacevole sorpresa. Di nuovo.
Era appena entrata quando sentì dei gemiti e dei singhiozzi, oltre uno dei bagni. Abbassandosi non vide le scarpe della piagnona in questione, ma poteva ben immaginare chi fosse.
Ormai quei pianti li conosceva a memoria.
Glory Malfoy non sarebbe mai stata neanche in futuro donna da mostrare istinti o passioni violente.
Provava quelle passioni come tutti gli altri esseri umani ma forse aveva preso dalla sua nonna paterna più calcolo e scaltrezza che da chiunque altro parente.
Quando uscì non ne fece parola con Lucas e lo dirottò di nuovo in giardino fino ad aspettare l'una e mezza.
Eppure ora a Glory bruciare la gonna e i capelli a Tiffany Pickens e le sue amiche non sembrava più tanto sbagliato. Anzi. Era anche troppo poco.

T.M.R |DRAMIONE|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora