Capitolo 7

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Se c'era qualcosa che faceva dimenticare ai maghi anche il pericolo incombente...bhè, questa cosa era il quidditch.
Come il calcio per gli italiani e il football per gli americani, la Finale dei Mondiali di Quidditch era ciò che travalicava l'umano discernimento e anche il comune senso della decenza inglese, visto e considerato cosa erano in grado di fare i maghi durante il periodo delle finali.
Per non parlare poi del giubilo di tutta la Gran Bretagna, che quell'anno avrebbe giocato in casa.
Le Aquile Dorate di Londra contro le Volpi Ruspanti russe.
Un delirio.
Certe cose però non cambiano nella mente degli esseri umani.
Come quella finale, nella mente di Harry Potter, non era diversa da un'altra che era stata molto importante nella sua vita. Molti anni prima, quando era ancora un ragazzino...ricordava la finale in cui i Mangiamorte avevano fatto irruzione al campo. Ricordava bene la prima volta in cui, verde contro la cupa volta del cielo, aveva visto il Marchio Nero sbeffeggiarlo, sulla sua testa.
E ora, a distanza di tanto tempo, il bambino sopravvissuto era di nuovo sugli spalti.
Lo stesso brusio, le stesse grida, gli stessi cori. Colori diversi, forse.
Ma sempre lo stesso ricordo.
Era domenica, il sette giugno.
A differenza di com'era arrivato alla finale quando aveva quattordici anni, stavolta aveva avuto un trattamento d'onore.
Grazie a sua moglie, ovviamente, che purtroppo non aveva più avuto tempo di vedere, dopo la visita del Giocattolaio.
L'allenatore delle Aquile Dorate era il famoso Basil Howells, l'essere più sclerotico che Harry avesse mai avuto la fortuna di conoscere dopo Duncan Gillespie. Un tipetto di quarant'anni che beveva come un consumato viticoltore, che fumava come un turco e che sputava a destra e a manca ogni qual volta la squadra o prendeva dieci punti, o mancava i cerchi. Per il resto era una brava persona. Quando Elettra gliel'aveva presentato tre anni prima, ad inizio del suo contratto, Basil per poco non gli aveva giurato che avrebbe smesso di bere se solo gli avesse autografato una chiappa.
Probabilmente quella era stata la cosa più imbarazzante che gli fosse mai successa, dopo la nottata passata a letto con Malfoy, ovvio e dopo che al sesto anno a Hogwarts una ragazza di Corvonero aveva scritto nei bagni che "Harry Potter aveva il più bel pacco del mondo".
Si, quello era stato un momento veramente pesante.
Comunque Basil Howells oltre a far concorrenza all'intera famiglia Black e Malfoy in quanto a futura cirrosi epatica, era anche una sorta di padrino per tutti i suoi giocatori e si occupava personalmente degli alloggi delle loro famiglie.
Quell'anno Harry infatti non avrebbe alloggiato al campeggio, come tutti i comuni mortali, bensì in tende appostate tatticamente nella zona vip.
Il pensiero di esserci lo faceva svenare, ma anche l'idea di ritrovarsi fra migliaia di maghi ed essere fissato come un alieno sotto gli occhi di Lucas e Faith gli piaceva ancora meno, per questo aveva accettato l'alloggio privilegiato.
Quella mattina all'arrivo aveva pranzato coi membri della squadra, lasciando i bambini a Hermione e Draco, facendo così conoscenza di un altro interessante soggetto.
Se Ludo Bagman era sembrato un gigione a suo tempo, Holz Carty appariva come un soldato delle SS.
Alto e dinoccolato, con uno strano accento ungaro, era simpatico come una mummia. E rigoroso più della Mcgranitt.
I compagni di squadra di sua moglie invece erano sempre gli stessi, simpatici, volitivi e carichi.
Harry li conosceva tutti molto bene e col tempo avevano imparato a trattarlo umanamente, senza illuminarsi al suo passaggio e sbavando per vedere la sua cicatrice.
Nel pomeriggio aveva dovuto lasciare Elettra per farsi vedere al campeggio dove Ron e i suoi fratelli si erano accampati. Fred e George erano arrivati con le rispettive consorti e pargoli al seguito, creando un baccano della malora.
Anche Bill, Fleur e Charlie erano arrivati poco più tardi, già nel pieno spirito battagliero della finale.
Quando passava un russo, e ce n'erano davvero tanti, si sentivano minacce e fischi, ma i più bellicosi erano i piccoli gemelli di Ron. Step e Steve infatti avevano trovato il modo di rubare la bacchetta alla madre e tempo dieci secondi avevano, non si sa come, fatto apparire delle grandi buche nel terreno, facendoci precipitare un nutrito gruppo di russi.
Almeno lì si divertivano.
Edward invece non era mai stato tipo da campeggio.
Arrivò solo dopo cena con Ophelia e i bambini, raggiungendo subito il palco occupato dalle grandi famiglie di maghi dov'erano già appostati Lucius Malfoy e sua moglie Narcissa, qualche Black sopravvissuto, Sirius con Deirdre, Remus e Ninfadora, i King, i Mckay, gli Steeval dove c'era Ginny con suo marito Terry, i Prentice e gli Howthorne.
Anche Blaise e Paris arrivarono nel pomeriggio, ma senza Madison, troppo piccola per quel macello di gente.
E poi...finalmente verso le nove quando era già tutto buio la Finale era cominciata.
L'atmosfera era febbrile, carica di eccitazione. Le luci quasi accecanti di uno stadio di centomila posti che non aveva mai conosciuto sconfitta. E in quello stesso stadio, la task force più grande del Ministero.
Obliviatori, Auror ovunque, Duncan in persona, Direttori degli Uffici al Ministero (gente di tutti i piani, per intenderci!), Alti Segretari, Presidenti di Comitati per la Sperimentazione delle Magie...anche il Ministro Dibble.
Che Harry ancora non sapeva che faccia avesse, nonostante fosse sugli spalti riservati.
L'aveva sentito parlare e dare inizio ai giochi, ma incappucciato nel suo mantello nero non si era sprecato a guardare qualcuno o qualcosa che non fosse Elettra.
Impossibile però non lasciarsi trasportare. Più di centomila maghi e streghe di ogni razza e sangue che prendevano posto in uno degli Stadi Magici più grandi d'Europa.
Tutto era pervaso dalla stessa luce dorata di tanti anni prima, lo stesso immenso tabellone, il campo liscio come velluto.
La Tribuna D'Onore poi era stracolma.
Fra i membri degli Alti Ranghi del Ministero, fra cui anche qualche maledetto Consigliere del Wizengamot che se non stava attento sarebbe accidentalmente finito giù dalle balaustre, e le spocchiose famiglie aristocratiche di maghi, lui non sapeva più dove mettersi per non farsi notare.
Ma essendo a fianco di Draco però, la cosa non era semplice.
Tantomeno era semplice stare con Lucas, appostato sotto di lui, che urlò a squarciagola da quando iniziarono gli spettacoli delle mascotte delle squadre fino alla fine. Quel bambino andava soppresso...ne era sicuro. Come le oche!
Suo figlio però era eccitatissimo non solo per vedere giocare sua madre in finale, cosa che lo riempiva d'orgoglio, ma anche perché era forse il primo evento mondano a cui partecipavano come famiglia Potter.
E non vedeva l'ora di sentire qualche pettegolezzo, visto che tutti fissavano suo padre.
Per il momento erano solo sventolate bandiere, si erano strombazzati slogan ai quattro venti e qualche inglese piuttosto agguerrito aveva già scatenato rissa vicino al secondo ingresso nord con un manipolo di austriaci che, chissà per quale motivo, si erano messi in testa di tener la parte alle Volpi Ruspanti russe.
La partita era incominciata solo da qualche minuto quando Elettra e la sua compagna cacciatrice, unica altra femmina di squadra, Jacinta Besnick infilarono i primi dieci punti nell'anello centrale dei russi.
- VAI MAMMA!- urlarono Faith e Lucas, in piedi fra Harry e la balaustra, nello scoppio generale di urla inglesi, che quasi fecero tremare lo stadio.
Incredibile, pensò il bambino sopravvissuto dolcemente.
Elettra non avrebbe mai smesso di volare...di volare così veloce.
Più la guardava e più capiva che era quella una parte della sua natura.
Volare per lei...era come respirare.
Lui invece non poteva più farlo.
Una volta, qualche anno prima, si era messo di fronte una scopa. Ma al comando "su" non era accaduto nulla.
E in fondo cosa sarebbe dovuto accadere? Era un babbano ormai.
"Sfregiato mi rovini la serata."
Harry scoccò un'occhiata truce a Malfoy, da sotto il cappuccio.
"E allora sta fuori dalla mia testa."
"Sei tu che t'allarghi troppo."
"Si, come te quando fai sesso."
Draco tossì, visto che stava bevendo un goccio d'Acquaviola passatogli da Hermione.
- Al diavolo.- gli sibilò.
- E tu sei un porco.-
- Con quello che fai tu...-
- Questa cosa ha ormai travalicato i limiti della decenza.-
- Sono d'accordo. Oh no...- borbottò poi Malfoy - Arriva la cavalleria Black.-
Glory sorrise, quando vide arrivare Lucius e Narcissa.
- Ciao nonno.- disse, lasciandosi ancora prendere in braccio.
- Ciao tesoro.- Narcissa, sempre giovane e bella, carezzò la testa alla piccola - Salve ragazzi.-
- Come mai da queste parti?- bofonchiò Draco, mentre Lucas e Faith si attaccavano alle gambe di Sirius - Nel reparto mummie vi annoiate?-
- Oh, non si annoieranno più tanto!- celiò Edward, arrivando alle loro spalle con Damon e Cloe - Ho fatto passare del succo di bolle corretto con del brandy alle albicocche. Dagli mezz'ora e questa finale sarà seria.-
- Tu sei da mettere in galera.- gli disse Pansy, sporgendosi oltre le spalle del marito - Blaise era con te?-
- Si, è rimasto bloccato con suo suocero. Il padre di Paris è un amico intimo del Ministro.-
- Puah.- fece Harry, a voce sufficientemente alta che lo sentissero tutti.
- Forse un po' di brandy serve anche a lui.- rise Hermione - E non corretto.-
- E' tutta salute.- acconsentì Sirius, con Lucas in spalla - Dai Harry, un po' di vita...-
- Già papi.- fece anche Lucas, melenso - Siamo qua in compagnia...se ti va bene e Draco gira un attimo la testa forse riusciamo a buttarlo giù dagli spalti.-
Il Malfoy in questione fece una ghignatina sarcastica, accendendosi una sigaretta.
- Ricordati del serpente velenoso nel letto.- sibilò soave.
- E tu ricordati del mio serpente flambé.-
- Almeno loro hanno il morale alto.- disse Sirius, osservando Harry mentre lì attorno avevano già cominciato a dirsene di tutti i colori - Qualcosa non va? Qualcuno ti ha dato fastidio?-
- No, per ora no.- si sforzò di sorridere il bambino sopravvissuto, poi cambiò subito discorso - Nella Tribuna dei capi come va? Stronzate a palate?-
- Si, cazzate in libertà.- annuì Black, prendendosi una gomitata da Remus nel fianco, come ammonimento ad abbassare la voce - Ma il Ministro Dibble mi piace. Dovresti conoscerlo. Non sembra un fesso.-
- Già, non sembra. Qual è?-
- Come faccio a indicartelo, hanno tutti le bombette!-
Nel frattempo Holz Carty aveva dato una punizione ai russi, che attaccarono subito.
Altro che partita. Era diventato un campo di battaglia.
Ma i battitori inglesi erano veramente bravi. E sapevano difendere i loro cacciatori egregiamente.
Passarono altri minuti di gioco infuocato e quando arrivarono Jane e Scott Granger a salutarli, Hermione colse al volo la possibilità di andare a salutare un Pinco Pallo mai visto da nessuno.
Poi arrivarono alcuni Auror a salutare i suoi compagni e solo vedendoli da lontano Harry capì che non era proprio aria.
Sgattaiolò via velocemente, dicendo a Ron che andava a comprarsi qualcosa da mangiare ai carretti, così uscì dagli spalti e nel corridoio interno riuscì ad accendersi la sospirata sigaretta che aveva agognato tutto il giorno.
Beccò un paio di ragazzini a sbaciucchiarsi in un angolo e da lontano anche Cloe, che parlava con Damon e...Harry rise, vedendo Oliver Trust tenere la sua ragazza per la vita, ben stretta.
Non ci vedeva un altro ragazzo di sua conoscenza atteggiarsi in tale modo.
Ma un Trust era come un Malfoy, di natura sicura e dispotica. Era a metà sigaretta, poggiato sulla grata che dava all'esterno dello stadio, quando a rallegrargli la serata sentì una voce che non udiva da...otto anni.
- Salve, Harry Potter.-
Il bambino sopravvissuto si volse con un bel sorriso, di fronte al Preside di Hogwarts.
Albus Silente gli stava davanti e lo abbracciò con calore, ricambiato dall'ex Auror.
- Ah, che bello rivederti.- disse, dandogli delle pacche sulle braccia - Come stai?-
Harry annuì appena, alzando le spalle.
- Sto bene. E lei come sta?-
- Benone. Sono qua con Desmond.-
- Il signor Hayes è qui?- si stupì Potter - Wow. Lavoro per lui da tre anni e ancora non l'ho mai visto.-
- Si, anche lui si mangerebbe le mani se sapesse che sei qui. Teneva tanto a conoscerti ma temo si sia nascosto da una delle sue ex amanti di gioventù.- replicò il vecchio mago - Avanti, dimmi...sei venuto coi bambini?-
- Si e tutti gli altri.-
- Come stanno Lucas e Faith?-
Harry nicchiò un po' - Hanno fatto il loro ingresso in società.-
- Li hanno squadrati, eh?-
- Esatto. Ma se la sono cavata. Anche perché puntavano più me che loro.-
Silente scoppiò a ridere, ridandogli la mano quando un segretario lo chiamò dal corridoio.
- Ora devo andare.- gli disse, senza perdere il sorriso - A presto Harry.-
- Speriamo non passino altri otto anni.-
- Oh, io e il signor Howthorne siamo sicuri di no.-
- Damon?- Potter alzò le sopracciglia - Che succede?-
- Non preoccuparti.- il vecchio preside piegò la bocca misteriosamente - Segreti della mente, Harry.-
- Se lo dite voi.- sogghignò allora - A presto preside.-
- Arrivederci, Harry Potter.-
Già. Segreti della mente.
Harry guardò di nuovo il gruppetto dei ragazzi, poco lontano. Ora a Damon e Cloe si erano aggiunti anche Trix, Degona. J.J. e William. Asher non era tipo da quidditch, ma...mancava qualcuno, in quel gruppo.
Si, mancava proprio qualcuno.
Persa la patinata gioia di prima, si accese un'altra sigaretta, incupendosi.
Mancava Lui.
Serrò le mani sul parapetto, sentendo il gelido metallo sotto l'epidermide.
Chissà se quel maledetto collare al suo collo era freddo come quella balaustra.
Sbuffò una nuvola di fumo, ma sentì di nuovo una presenza accanto.
Si volse di poco alla sua sinistra, con l'espressione truce stampata sul grugno.
I suoi occhi verdi incontrarono un uomo sulla sessantina, con i capelli sale e pepe. Aspetto normale, ma ben piazzato, con due spalle larghe e un costoso abito di alta sartoria. Una bombetta e un bastone in mano.
Non ne riconobbe il volto, così Harry lo ignorò.
Cosa che non fece il nuovo venuto.
- Sembra quasi un Mangiamorte sa?-
La sparata lo fece girare per forza, tanto che lo sguardo fiammeggiante di Potter divenne di granito.
- Lo sa con chi sta parlando?- gli sibilò, usando per la prima volta un'arroganza consona al suo nome.
Quello rise, illuminandosi.
- Harry James Potter. Il bambino sopravvissuto.- esalò, con tono regale - Sa, è molto difficile avvicinarsi a una persona come lei. Specialmente contando il VAFFANCULO che ha scritto in fronte.-
E questo adesso chi era?
Sfortunatamente per lui non era dell'umore per parlare, così gli sorrise con espressione glaciale.
- Visto che sa leggere...- soffiò amabilmente -...perché non segue il consiglio della mia fronte?-
Ma l'altro non si smontò minimamente.
Il suo sorriso da caldo divenne solamente di circostanza.
- Mi avevano detto che l'avrei trovata piuttosto scontroso.-
- Bhè, chi gliel'ha detto mi conosce bene allora.-
- Non è dell'umore per chiacchierare con un mago, vero?-
- Esattamente.-
- Allora la lascio in pace.- acconsentì il tizio, infilandosi la bombetta sul cranio - In fondo ho visto quello che m'interessava.-
- Cosa? La vecchia bandiera del Ministero?- sibilò Harry acidamente.
- No.- replicò l'uomo, fermandosi ma senza girarsi - L'Auror che ci ha salvato tutti. Si goda la finale, signor Potter. E mi perdoni se l'ho importunata.-
Quando se ne andò, Harry ebbe come la sensazione di aver mandato a quel paese la persona sbagliata.
Ma era solo una sensazione in fondo.
Anche se era tagliato fuori al mondo dei maghi, lui era comunque troppo in alto anche solo per essere sfiorato.
Aveva un grande nome. E per creargli grane, dovevano prima smantellare quel nome.
Altre grane invece le stava avendo Draco.
Quel bastardo di Edward, un Dalton per eccellenza, stava parlando con lui un attimo prima e un attimo dopo era sbiancato, per sparire alla velocità della luce e lasciarlo solo con Gwen Pickens, anche conosciuta come la Mantide.
Ancora una volta Hermione non c'era a difenderlo, così aveva dovuto affidarsi solo a Glory.
Se l'era tenuta ben stretta in braccio, per evitare che quella come al solito allungasse i suoi miserevoli tentacoli, ma quando non ce l'aveva più fatta a sentire il suo starnazzare aveva seguito l'esempio di Potter.
Aveva mollato Glory in braccio a Jane e con una scusa si era diretto da Blaise, per fermarsi a metà del tragitto.
Zabini lo stava supplicando di aiutarlo...perché era stato accalappiato da uno del Wizengamot.
Mai e poi mai, Draco dirottò di nuovo il suo cammino verso una delle uscite di sicurezza.
Libero!
Quando la mezzosangue serviva non c'era mai!
All'ennesimo tremore degli spalti capì che c'era stato un altro centro degli anelli.
Vedendo poi i fuochi dorati in cielo capì che le Aquile si erano riportate in vantaggio.
Doveva rientrare, Elettra stava giocando la partita migliore della sua vita e inoltre doveva andare a riprendere sua moglie dalle grinfie di tutti i porci gentiluomini presenti ai loro miserabili posti da quattro soldi, ma qualcosa lo fermò dov'era.
Le sue gambe erano diventate di cemento. E abbassò lo sguardo sul suo braccio sinistro.
Bruciava. La pelle gli bruciava.
La conosceva quella sensazione velenosa e viscida.
Lentamente sollevò la manica della costosa camicia nera sopra la giacca e...inorridì.
All'istante chiuse il collegamento mentale con Harry e si nascose dietro un angolo, una mano sul braccio.
Quando ebbe il coraggio di riguardare, vide che il tatuaggio stava addensandosi.
Diventava più nero. E questo significava una cosa soltanto.
Senza fare più un fiato estrasse la bacchetta e imboccò le uscite secondarie.
Quando fu all'aperto, fuori dallo stadio, si ritrovò attorniato di boschi su tutti i fronti.
Ma sembrava quasi che il dolore al braccio lo richiamasse...verso un luogo preciso.
Si aggirò al buio, i nervi tesi, come i muscoli sotto la pelle.
La vegetazione era quasi spettrale, gufi e civette frullavano con le loro ali fra le fronde e una mezza luna quasi gialla spiccava sopra pini e abeti.
Poi, finalmente, qualcosa giunse al suo naso di drago.
Lavanda.
Possibile?
Uno scricchiolio poco lontano e scattò. Si mosse agilmente fra arbusti e cespugli, la bacchetta spianata ma quando giunse in una radura era tardi. La luna era più splendente lì...e la sua luce inondava tutto.
Anche un uomo dagli arruffati capelli neri e la pelle butterata.
Sopra un cadavere.
- Craig.- disse una voce che a Draco parve androgina, da qualche parte attorno a loro - Andiamocene.-
- Badomen!- gridò Malfoy, provando a schiantarlo ma l'assassino era già sparito.
Smaterializzato. E lì non ci si poteva Smaterializzare.
Non così vicino allo Stadio!
Draco non perse tempo e corse accanto al cadavere. Un giovane mago, sulla ventina.
Studiandone l'abbigliamento ipotizzò che fosse un mezzosangue.
Morto. Era pallido e gelido come un pezzo di ghiaccio.
Attorno a lui non trovò niente. Nessun documento nelle tasche, solo una bacchetta che non aveva fatto in tempo ad estrarre. Poi però vide qualcosa che attirò subito la sua attenzione. Poco lontano dal morto c'era una cicca ancora accesa. Emanava un leggero odore di lavanda. E notò un filo di lucidalabbra color perla su di essa.
Una donna.
Ecco con chi si accompagnava Craig Badomen. Una donna!

T.M.R |DRAMIONE|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora